L'esplorazione - 3

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    Il frastuono fu tremendo. Per qualche momento, nella testa di Trent fu come se un palazzo fosse imploso su se stesso, in un gran fragore di ferro e cemento. Il dolore travolse le spalle e si diffuse verso il torace. Lampi accecanti gli baluginarono negli occhi.
    Dopo qualche secondo si riprese. Cody era sparito. Annientato, trasformato in polvere dalla pistola a impulsi magnetici. Un’aurea azzurrina ondeggiava nel punto in cui si trovava il suo amico. Svanì nel giro di qualche istante. Un cratere di mezzo metro si era creato nella sabbia.
    Trent si risollevò, ma le sue mani mancarono la presa sul terreno e finì ancora di ginocchia nella sabbia. Tentò di afferrare la sua pistola infilata nella fondina, ma la voce lo fermò. «Lasciala subito a terra. Lasciala e rialzati».
    Trent guardò di nuovo l’essere. Per certi aspetti, assomigliava a un essere umano… ma non lo era del tutto. Alto, dinoccolato, con arti lunghi e sottili. Gli occhi erano distanziati più del dovuto, grossi e rotondi. Sulle tempie spuntavano due rigonfiamenti aguzzi, come corna sul punto di spuntare. Il volto era talmente cereo che Trent ebbe l’impressione fosse stato lavorato con della cipria.
    Trent si risollevò, continuando a studiare l’essere alieno.
    «Piano. Hai altre armi con te?» La creatura parlava inglese, ma aveva una voce strana. Un barrito profondo, dalla frequenza bassa.
    «No. Solo quella» fece Trent indicando la pistola ai suoi piedi.
    «Bene. Seguimi».
    Solo allora Trent si rese conto che, dietro quell’essere, si trovava un’altra decina di quelle creature. Sembianze vagamente umane, ma con qualcosa di diverso – qualcosa di sbagliato – che li rendeva così strani, così spaventosi. Brandivano armi di metallo dall’impugnatura in pietra. Trent scambiò uno sguardo con Maria. La compagna lo guardava dalla maschera con due occhi gonfi e tremuli. Dietro di lei, un altro di quegli esseri la stava liberando dai fili che la legavano.
    Cominciò a camminare dietro la creatura che aveva parlato. Il fragore dell’esplosione rimbombava ancora nella testa, i contorni del mondo sembravano sbiaditi e falsi. Il deserto si distendeva all’infinito, in un susseguirsi di dune tutte uguali. La luce della luna aveva un che di posticcio e illusorio e conferiva all’ambiente un’aria onirica.
    Trent seguì quello che doveva essere il capo nella sua abitazione. Si trovava all’esatto centro del villaggio. Era appena più grande delle altre, con lo stesso tetto in paglia e le travi in legno sottile che sorreggevano la struttura. La casa sembrava essere nuova, e Trent non ne era stupito: sarebbe bastato un acquazzone per spazzare via quel villaggio. Probabilmente la tribù migrava e ricostruiva spesso.
    L’abitazione era semplice: niente cucina né bagni, ma un’unica stanza occupata da un letto in paglia, su cui erano impresse due sagome. Sulle pareti, una serie di chiodi da cui pendevano delle armi rudimentali. L’essere si accomodò a terra e Trent lo imitò. Le due guardie che lo avevano scortato fin lì rimasero alle sue spalle.
    «Voglio cominciare con quello che ho già detto alla tua compagna» disse la creatura. «Non vi uccideremo, se seguirete i nostri ordini. L’altro compagno è morto perché stava tentando di afferrare la pistola. Va bene?»
    Trent annuì. Aveva la gola secca, il battito del cuore rimbombava fino ai polsi.
    «Ti starai chiedendo cosa siamo noi».
    Trent non rispose. Lo guardava dal basso, osservando quel collo lungo e gracile. La pelle aveva un colore strano. Slavata e lattiginosa, con venature bluastre.
    «Avrete studiato, sul vostro nuovo pianeta. Capirai di cosa sto parlando». La voce della creatura si era incrinata ed era diventata un ruggito rancoroso, ma sul suo viso nulla era cambiato. «I nostri antenati sono gli uomini che non hanno potuto lasciare la terra quando… be’, quando voi l’avete abbandonata».
    Trent ebbe un sussulto. Umani. Allora non erano mai scomparsi.
    «Terrestri. Ecco cosa siamo. Ci siamo evoluti, semplicemente. Ci siamo adattati al nuovo ambiente».
    Trent osservò il naso della creatura. Un naso allungato e sottile, le narici appena due fori accennati. Magari quel tratto era funzionale per filtrare l’aria inquinata dalle radiazioni. «E adesso volete vendicarvi» mormorò Trent.
    L’espressione su quel volto alieno mutò. Le labbra si distorsero in una smorfia che forse era di stupore, forse di scherno. «Vendicarci? E come?» Ridacchiò. Un suono gracchiante e rotto. «Come potremmo? Quest’arma… noi non abbiamo nulla di minimamente paragonabile a quest’arma. Abbiamo spade, asce, pietre. Ecco a cosa si riduce la nostra tecnologia. Ecco cosa ci avete lasciato, quando siete andati via».
    «E allora cosa volete da noi?» La voce di Trent, ridotta a un filo, si era riaccesa. La sua mente aveva ricominciato a sperare.
    La creatura fece come se Trent non avesse parlato. «Potremmo vendicarci su te e sulla tua compagna, certo. Ma voi non avete colpe. E non potremmo nulla contro gli altri umani, se veniste in gruppi più grandi».
    Calò il silenzio. Alla destra di Trent, c’era un buco quadrato nel muro che fungeva da finestra. Soffiava un venticello fresco, e Trent poteva vedere l’ondeggiare dei ciuffi di paglia sui tetti delle altre abitazioni.
    «No, non è la vendetta che vogliamo» continuò l’essere. «Vogliamo che nessuno di voi metta più piede su questo pianeta. Non ne avete il diritto. L’avete abbandonato tempo fa. E avete abbandonato anche noi. Adesso non potete ritornare e mandarci via. Il pianeta appartiene a noi, ormai».
    «E noi cosa dobbiamo fare?»
    «Già, il vostro ruolo». La creatura si interruppe e guardò Trent fisso negli occhi. Occhi grandi e scuri, dalle pupille tonde che parevano in grado di scrutare ogni angolo della stanza senza nessun movimento. «Sappiamo che avremmo poche speranze di vittoria se voi decideste di tornare sulla Terra per combatterci. Tu e la tua compagna dovete impedire che la vostra specie ritorni su questo pianeta».
    «Se lo faremo…»
    «Non vi uccideremo. Come promesso».
    Trent rifletté. C’era ben poco da decidere. Se lui e Maria avessero rifiutato la proposta di quegli umani, sarebbero morti senza comunicare nulla a Kepler. Nel giro di qualche mese, una seconda navicella avrebbe attraccato sul suolo di Terra, e agli astronauti sarebbe toccata la loro stessa sorte. Un circolo vizioso di morte inutile.
    Accettando la loro proposta, invece…
    «Allora?»
    «Va bene. Accetto. Cosa devo fare?»
    La creatura abbozzò un sorriso. Aveva labbra elastiche e rosee, che alla luce delle lanterne tendevano all’azzurrino. «Bene. Ascoltami bene».
    Gli illustrò il piano, e Trent lo trovò convincente. Forse gli umani rimasti su Terra scarseggiavano in quanto a mezzi tecnologici, ma le avversità ambientali avevano allenato la loro capacità di aggirare i problemi.
    «Quindi lo farai?» chiese la creatura alla fine.
    «Sì».
    «Bene. Domani all’alba marceremo verso la vostra astronave. Farete quello che ti ho detto. Poi…» L’essere aspirò una lunga boccata d’aria. «Devi convincere la tua compagna, adesso. Lei si era rifiutata di collaborare. Ha fatto da esca per catturarvi, ma solo perché la stavamo minacciando».
    Trent annuì. Le due guardie alle sue spalle gli fecero cenno di abbandonare l’abitazione. Lui uscì nella notte senza salutare. Il cielo era di un’oscurità viscosa e compatta. La luna, per contrasto, splendeva come un faro nel mezzo dell’oceano.
    Maria era nei pressi di un’altra di quelle abitazioni. Qualcuno l’aveva liberata dai fili che la imprigionavano, ma una creatura della tribù la sorvegliava a qualche metro di distanza. Trent le corse incontro e l’abbracciò. Maria pianse e singhiozzò sulla sua spalla, stringendo e lacerando con le unghie la sua tuta.
    Trent le spiegò la situazione. Le disse che non li avrebbero uccisi, se solo avessero rispettato gli ordini di quelle creature. Maria parve rincuorata, anche se un che di tremulo e liquido continuava ad albergare nel fondo dei suoi occhi.
    Poi le guardie li divisero e li condussero in due abitazioni diverse. C’era un letto apposito per lui, e Trent si addormentò nel giro di qualche minuto.

    Edited by Annatar - 8/8/2018, 19:36
     
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