La non-porta

Chris Priestley

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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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    Harriet arretrò adagio verso la porta quando sua madre cominciò a parlare. Anche se erano appena le due del pomeriggio, la stanza era buia. Le pesanti tende di velluto schermavano la luce del giorno. A illuminare la stanza c’era solo una lampada al centro di un tavolo ovale, attorno al quale sedevano otto donne, i cui volti traboccanti d’attesa erano rischiarati da un bagliore verdastro.
    «C’è nessuno?», chiese la madre di Harriet con quella strana voce dell’oltretomba che riservava a simili occasioni, una voce che le sue clienti sembravano trovare ammaliante, ma che per Harriet era sempre stata un po’ ridicola.
    «C’è qualcuno nel mondo degli spiriti che vuole farsi avanti e mettersi in contatto con i propri cari?».
    In realtà Maud non era affatto la madre di Harriet e quella non era la sola menzogna che raccontavano; no, non lo era affatto. Tanto per cominciare il vero cognome di Maud non era Lyons ma Briggs. Avevano adottato quel cognome su suggerimento di Harriet, che in realtà si chiamava Foster, perché suonava più sofisticato.
    Dicevano di essere madre e figlia per mettere a proprio agio la gente. Si assomigliavano quanto bastava perché la cosa funzionasse; in ogni caso, da artiste della truffa quali erano, sapevano che in generale la gente prendeva per buona qualsiasi cosa, purché fosse credibile.
    Harriet e Maud si erano conosciute in una casa di correzione a Kilburn Road. Escogitarono l’idea della truffa quando sentirono un’altra detenuta raccontare di una seduta spiritica a cui aveva assistito in casa della sua padrona, all’epoca in cui faceva la domestica. La domestica aveva derubato gli ospiti, era stata colta in flagrante ed era stata sbattuta fuori, finendo così nella casa di correzione, ma Harriet aveva subito capito che si potevano fare un mucchio di soldi muovendosi nel modo giusto.
    Perfezionarono lo stratagemma assumendo il controllo delle sedute. Pubblicarono un annuncio su una delle migliori riviste femminili e si presentarono come la medium esperta e la figlia affettuosa.
    Lo spiritismo furoreggiava e si accorsero che non occorreva darsi tanta pena per convincere le clienti credulone.
    Maud aveva il compito di comunicare con gli spiriti dei defunti e mentre le signore (e talvolta anche i signori) erano intente ad ascoltare i suoi gemiti e mormorii, Harriet razziava soprabiti e borse, trafugando oggetti piccoli ma preziosi della cui scomparsa non ci si sarebbe resi conto troppo presto.
    Se una settimana dopo si fosse scoperto che erano spariti degli orecchini o una tabacchiera d’argento, non si sarebbe sospettato un coinvolgimento della madre e della figlia devote che avevano fatto da tramite per contattare i cari estinti.
    E se pure se ne fosse sospettato, a quell’ora avrebbero già preso il largo da un pezzo.
    Avevano già deciso di lasciare Londra per andare a esplorare nuovi pascoli. Maud aveva delle conoscenze a Manchester.
    A nord c’erano molti soldi. Tra una settimana o due avrebbero cambiato nome e comprato i biglietti alla stazione di Euston.
    Harriet finì in corridoio, uscendo dalla porta e camminando all’indietro, come aveva fatto in molte case negli ultimi mesi. Una volta fuori dal tetro salotto, batté le palpebre per abituare di nuovo gli occhi alla luce. I raggi del sole pomeridiano entravano dalla vetrata colorata sopra la porta d’ingresso creando delle gemme di luce sulle pareti.
    Dall’altra stanza giungeva la voce di Maud, tremula e lamentosa.
    Harriet sorrise tra sé, percorse il corridoio e salì le scale. Su loro suggerimento, alla servitù era stata concessa una giornata libera, ma come sempre Harriet badò a non entrare nella stanza sopra quella in cui si svolgeva la seduta per evitare che un’asse scricchiolante allertasse qualche membro del gruppo.
    Aprì una porta e sbirciò dentro, pronta a ricorrere alla scusa di essersi persa nel caso vi avesse trovato qualcuno.
    Ma non c’era nessuno nella camera, che evidentemente apparteneva ai bambini… bambine, a giudicare dai pizzi e dall’enorme casa di bambole. Non era di alcun interesse per Harriet, che chiuse alla svelta la porta e proseguì.
    In realtà nessuna stanza si dimostrò interessante. Chiaramente la signora Barnard non si fidava della servitù e aveva messo sotto chiave ogni cosa che avesse un valore. Benché Harriet fosse riuscita a sgraffignare alcuni oggetti degni di nota e del denaro dalle borse e dai soprabiti delle donne che partecipavano alla seduta, non aveva certo racimolato un bottino memorabile.
    Tornata al pianterreno, alla sua sinistra vide due porte che prima non aveva notato e si chiese se valesse la pena di entrare a dare un’occhiata. Girò la maniglia della porta di sinistra. Nel medesimo istante, una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
    «Se fossi in te non entrerei». Harriet si voltò e vide una ragazzina poco più giovane di lei. Indossava abiti costosi, anche se fuori moda.
    «Ciao», disse Harriet, sfoggiando il suo sorriso più accattivante.
    «Come ti chiami?» «Olivia».
    «Olivia?», disse Harriet. «Che bel nome. Be’, Olivia, mi dispiace, temo di essermi persa».
    «Persa?», disse la ragazzina, sbuffando appena. A Harriet non piacque molto il suo tono.
    «Sì», disse Harriet. «Ma la porta era chiusa a chiave. Mi sono accorta solo ora che ho sbagliato strada».
    «La porta non è chiusa a chiave», disse Olivia, avvicinandosi con un fare che a Harriet sembrò indicibilmente minaccioso.
    «È bloccata. La chiamiamo la “non-porta”».
    «La non-porta?», disse Harriet. Olivia annuì, esibendo un sorriso.«La chiamiamo così», disse, «perché è una porta ma non è una porta. Capisci?»
    «Be’, se la porta è bloccata, Olivia, perché mi dici di non entrare?», chiese Harriet, cercando di trattenere la stizza.
    «Non potrei passare attraverso una porta bloccata, no?».
    Olivia continuava a sorridere ma non rispose. Harriet si accigliò.
    «Ad ogni modo», disse Harriet, voltandosi, «devo andare». Si diresse in salotto, dove la seduta spiritica era ancora in corso. Aprendo la porta si girò, ma la ragazzina era scomparsa.

    Harriet si riunì alla seduta in silenzio come se n’era andata.
    Quando, dopo qualche secondo, i suoi occhi si riabituarono al buio, vide Maud che fissava il vuoto, come in trance. Harriet dovette ammettere che Maud era davvero perfetta nella parte.
    Gettò un’occhiata intorno al tavolo, e vide il solito miscuglio di donne curiose e disperate: vedove vestite a lutto con i gioielli di ambra nera, mogli annoiate in cerca di emozioni.
    Soffocò uno sbadiglio. A un tratto Maud cominciò a urlare.
    «Ti prego!», urlò. «Maud! Per l’amor di Dio! Aiutami! Aiutami!».
    La sua voce era così stravolta che lasciò l’intera stanza a bocca aperta e Harriet fu colta alla sprovvista come tutti gli altri, soprattutto nel sentire Maud che pronunciava il proprio nome. Per un attimo restò impalata.
    «Aiutami!», urlava Maud. «Per l’amor di Dio! Aiutami! Maud! Maud!».
    Harriet si precipitò verso Maud, la afferrò e cercò di calmarla.
    Se non avesse saputo che Maud era una ciarlatana, avrebbe detto che era posseduta; il suo corpo sembrava in preda agli spasmi, come se fosse stata colpita da un fulmine.
    «Buon Dio!», disse una voce esagitata alla sua sinistra.
    «La signora Lyons sta bene?»
    «Sì», rispose Harriet bruscamente, e infatti Maud stava tornando in sé. Ammiccò a Harriet.
    «Qualcuno conosce una certa Maud?», disse la signora Barnard, rivolgendo uno sguardo intorno al tavolo.
    «Che succede?», disse Maud, stupita nel sentire il suo nome.
    «Va tutto bene, mamma», disse Harriet, guardandola con disapprovazione. «Hai appena pronunciato il nome “Maud”».
    Maud la fissò, confusa. «Penso che mia madre si sia strapazzata troppo», disse Harriet. «Forse dovremmo finirla qui».
    Dal consesso femminile si levò un mormorio di disappunto, ma la signora Barnard disse che la signora Lyons non doveva affaticarsi e che forse era il caso che facesse una passeggiata in giardino.
    Harriet era della stessa opinione e portò fuori Maud mentre le invitate raccoglievano le proprie cose e cominciavano ad andarsene, con la signora Barnard che le ringraziava una per una. Harriet prese Maud per il braccio e la condusse in un angolo appartato del giardino.
    «A che diavolo di gioco stavi giocando?», le sibilò. «Hai usato il tuo nome, il tuo vero nome! Volevi che finissimo di nuovo al fresco, stupida sgualdrina?»
    «Non parlarmi in questo modo», disse Maud, che si sentiva ancora rintronata. «Oppure…».
    «Oppure cosa?», sussurrò Harriet. «Pensi che abbia paura di te? Non farmi ridere. Cosa ti è passato per la testa?».
    Maud si liberò dalla presa di Harriet e fece un respiro profondo.
    «Non lo so», disse Maud, con aria assonnata. «Non ricordo.
    Era come se la voce provenisse da qualche altro posto. Piuttosto, non crederai che io sappia veramente, insomma…?». Harriet rise. «Cosa? Parlare con quegli stupidi morti? Hai ricominciato a bere?».
    Maud non rispose. Aveva una strana espressione sconcertata sul volto, e Harriet cominciò a domandarsi se non avesse avuto una specie di crisi.
    «Stai bene, Maud?», chiese, più infastidita che preoccupata.
    «Non lo so», disse Maud, rivolgendosi a Harriet. «Non lo so».
    Harriet vide arrivare la signora Barnard e diede un colpetto a Maud.
    «Signora Lyons, devo ringraziarla ancora», disse la signora Barnard, avvicinandosi alle due. «Le signore si sono trovate d’accordo sul fatto che questa seduta è stata di gran lunga la più illuminante tra quelle a cui abbiamo partecipato.
    In particolare alla fine, quando ha ospitato quella povera creatura. Ha idea di cosa possa essere successo? Siamo rimaste perplesse».Harriet inarcò un sopracciglio. «No», disse Maud a disagio. «Temo di no».
    «Magari era uno spirito errante che cercava aiuto», suggerì Harriet.
    «Oh, cara», disse la signora Barnard, torturandosi le mani. «Crede davvero? Poveretto». Scosse mestamente il capo, gli occhi chiusi come se pregasse. Harriet strabuzzò gli occhi in direzione di Maud che, però, sembrava fissare il vuoto. Un attimo dopo barcollò, finendo tra le braccia di
    Harriet.
    «Buon Dio», disse la signora Barnard. «Penso che la signora Lyons si senta svenire. Vuole tornare dentro?»
    «No, no», disse Maud. «Sono certa che mi riprenderò subito».
    «Insisto», disse la signora Barnard. «Forse un bicchiere di sherry…».
    «Sì», disse Maud, ravvivandosi all'idea di un goccetto. «È un po’ presto, ma magari per una volta… per ragioni terapeutiche».«Che problemi hai?», sibilò Harriet mentre seguivano la signora Barnard dentro casa. «Avresti dovuto trattenerla fuori».
    «Non mi sento molto bene», disse Maud con tono miserando.
    «Sul serio».
    «Non stai bene con la testa, se vuoi sapere come la penso», disse Harriet, sfoggiando un sorriso amabile non appena si accorse che la signora Barnard stava guardando nella loro direzione.
    La signora Barnard le fece entrare dalla porta principale.
    «Si accomodi, signora Lyons», disse. «Si sieda pure, vado a prendere lo sherry. Manderei a chiamare un medico ma la servitù rientrerà solo tra un’ora».
    «Non è necessario», disse Maud, facendo per aprire la maniglia della porta più vicina.
    «Quella no, mamma», disse Harriet. «La porta è bloccata».
    «Bloccata?», disse Maud.«Sì», rispose Harriet. «La chiamano la non-porta, credo».
    La signora Barnard la fissava interdetta. «Come lo sa?».
    Harriet si sentì a disagio: aveva commesso un passo falso, lasciando intendere che aveva dato un’occhiata per casa mentre si svolgeva la seduta spiritica. Mai mentire più di quanto non sia strettamente necessario, si disse. La verità risulta sempre più convincente.
    «Me l’ha detto sua figlia», spiegò Harriet, che aveva ripreso il controllo.
    «Mia figlia?», chiese la signora Barnard allibita.
    «Olivia», disse Harriet con un sorriso.
    «Olivia?», ripeté la signora Barnard. «Ha incontrato Olivia?»
    «Be’, ero uscita per prendere aria», continuò Harriet spigliata.
    «Avevo bisogno di un bicchiere d’acqua e stavo cercando di aprire la porta quando…». «Olivia», ripeté la signora Barnard. «Quando è comparsa Olivia e mi ha detto che la porta non conduceva da nessuna parte e che la chiamate la non-porta».
    «Non importa?», fece Maud, sempre più disorientata.
    «La non-porta, signora Lyons», disse la signora Barnard.
    «E gliel'ha detto Olivia? Com'è furba. Prego, venite da questa parte».
    La signora Barnard le portò nella stanza dove si era svolta la seduta spiritica. Le tende erano state scostate e la luce del giorno aveva spazzato via l’atmosfera che Maud e Harriet avevano creato con tanta cura a beneficio delle signore.
    La stanza era tornata a essere un normale e soffocante salotto.
    La signora Barnard aprì una portafinestra per far entrare un po’ d’aria, poi andò verso il mobile bar e versò tre bicchieri di sherry.
    «Venite con me, signore», disse, porgendo a ciascuna un bicchiere. Mentre faceva strada, Maud fissò Harriet con aria interrogativa, ma Harriet si limitò ad aggrottare le sopracciglia ed entrambe seguirono la signora Barnard in corridoio.
    «Vedete che queste due porte sono disposte a una distanza regolare?», disse. Maud e Harriet annuirono. «Be’, pare che molti anni fa venne abbattuta una parete per fare un’unica stanza delle due camerette attigue. Mi hanno detto che questa porta è stata lasciata qui per non rovinare la simmetria del corridoio». Indicò la porta di sinistra, poi girò la maniglia della porta alla sua destra. Entrò, e Maud e Harriet la seguirono.
    «Come potete notare», continuò, «da questa parte della parete la porta, la non-porta, non si vede».
    Maud fece un lieve cenno del capo a Harriet indicando la vicina vetrinetta piena di ninnoli d’argento facilmente occultabili. Harriet le restituì il cenno. «Venite, c’è un’altra cosa che vorrei mostrarvi», disse la signora Barnard. «Sempre che si sia ripresa, signora Lyons».
    «Io?», disse Maud. «Oh, sto benissimo, cara. È gentile da parte sua preoccuparsi. Ma ora dovremmo proprio andare, vero Harriet?».
    «Oh, non avete un po’ di tempo per vedere la casa di bambole?», domandò.
    «La casa di bambole?», disse Harriet.
    «Non credo che…», cominciò Maud, ma la signora Barnard le stava già accompagnando fuori dalla stanza e faceva strada verso le scale. Dopo un attimo di pausa, la seguirono.
    La signora Barnard le portò di sopra e aprì la porta che prima aveva aperto Harriet.
    «Sono sicura che Olivia non se ne avrà a male», disse.
    «Oh, guarda, Harriet», disse Maud,fingendo interesse.
    «Guarda, la casa di bambole. Non mi pare di averne mai visto una così bella».
    «Già», disse la signora Barnard. «È una miniatura di quella in cui ci troviamo. In effetti, era già qui quando nostro padre comprò la casa. L’abbiamo ereditata dagli inquilini precedenti».
    «È bellissima», disse Harriet, sinceramente ammirata.
    «Mi sarebbe piaciuto averne una così quand'ero piccola».
    La signora Barnard sospirò. «Se devo essere sincera, questa casa non mi è mai piaciuta», disse con l’aria triste. «Dividevo la stanza con mia sorella; in realtà, la casa era sua.
    Ci giocava per ore e ore. Ma aveva qualcosa che mi dava i brividi. A dire il vero, me li dà ancora».
    «I brividi, signora?», fece Harriet. «Perché?»
    «Be’», disse la signora Barnard con un sospiro. «Mia sorella era piuttosto ossessionata dalla casa di bambole, temo. Ci si sedeva di fronte come se pregasse, mormorando e borbottando. Se solo mi azzardavo a toccare una delle bambole andava su tutte le furie. Per lei erano vere».
    «Ma non succede lo stesso a tutti i bambini, signora Barnard?», disse Harriet.
    «Sì», rispose la signora Barnard con un sorriso triste. «Ma mia sorella era diversa dagli altri bambini. Aveva perso… il senso della realtà. Suppongo avesse perso la testa. Un giorno la trovai raggomitolata in un angolo che rideva come una folle, aveva gli occhi spiritati e indicava la casa di bambole. Non tornò mai in sé. Era sempre eccitata, in un perenne stato febbrile, e non c’era dose di laudano che potesse calmarla». La signora Barnard aveva gli occhi lucidi quando si voltò verso Harriet. «Alla fine le cedette il cuore. Aveva appena dodici anni». Harriet si sorprese quando sentì che provava una fitta di compassione per la signora Barnard. «Deve essere stata dura per lei», disse.
    «Già», disse la signora Barnard. «È stata dura. Ma è successo tanto tempo fa. La vita continua».
    La signora Barnard tornò a fissare la casa di bambole.
    «Come potete vedere», disse, indicandola, «nella casa di bambole la stanza del pianterreno è rimasta com’era prima che fosse abbattuta la parete. Nella casa di bambole, la non-porta dà su uno stanzino. Vedete?».
    Harriet e Maud si soffermarono a osservare la casa di bambole. Era una copia davvero ben fatta di quella in cui si trovavano, salvo che il tetto e la facciata erano stati rimossi.
    C’era la stanza dove si era tenuta la seduta spiritica, c’era il corridoio, c’era la camera in cui si trovavano adesso e, incredibile ma vero, conteneva una miniatura della casa di bambole. E c’era la stanza che non esisteva più: quella a cui conduceva la non-porta. Harriet notò che c’erano diverse bambole sedute in poltrona.
    «Usi questa», disse la signora Barnard, porgendo a Harriet una lente d’ingrandimento. «I dettagli sono straordinari».
    Harriet scrutò le bambole. Avevano qualcosa di inquietante.
    Non solo i dettagli erano eccellenti, ma sulle teste di porcellana di alcune bambole erano stati dipinti i tratti con grande perizia, mentre altre erano state lasciate stranamente bianche.
    «Be’», disse Maud, ormai preoccupata per il tempo che avevano trascorso in quella casa. «Penso che dovremmo ringraziare la signora Barnard per averci fatto fare questo giro… Ma ora dobbiamo proprio andare».
    «Certo», disse la signora Barnard.«Non avevo intenzione di trattenervi». «Qualcuno ci gioca ancora?», chiese
    Harriet, mentre tornavano di sotto. «Con la casa di bambole?»
    «Oh, Olivia ci giocava di continuo», rispose. Si fermò e si voltò verso Harriet. «Che resti tra noi, ma penso ci giochi ancora». Allungò la mano e sfiorò dolcemente il braccio di Harriet.
    La signora Barnard le accompagnò alla porta d’ingresso e poi in giardino. Prima che arrivassero al cancello, la signora le pregò di aspettare mentre rientrava un momento in casa.
    «Quando torna», sussurrò Harriet, «tienila occupata, e io vado dentro a rubare una cosa. Mi piace un pezzo d’argenteria che ho visto nella vetrinetta al pianterreno».
    «Aggiudicato», disse Maud, dandosi dei colpetti sul naso e facendole l’occhiolino.
    Harriet scosse il capo. «Sei ubriaca, vecchia imbecille?» sibilò. «Devi stare all’erta.
    Guarda come ti riduce un goccetto di sherry».
    «Se facessimo una gara a chi regge meglio l’alcol dovrei raccoglierti col cucchiaino», sibilò Maud. «Mostra un briciolo di rispetto».
    La signora Barnard ricomparve, Harriet e Maud subito si separarono e sfoggiarono due sorrisi amabili da esibire mentre si avvicinava. La donna si fermò con loro al cancello, all’ombra di un enorme agrifoglio potato, ed estrasse una banconota dalla tasca del vestito.
    «Non è necessario», disse Maud, togliendogliela dalle mani.
    «Per coprire le spese, signora Lyons», disse la signora Barnard.
    «Grazie», disse Harriet. «È molto gentile. Oh!». Harriet si afferrò lo stomaco ed emise un gemito.
    «Signorina Lyons?», disse la signora Barnard.
    «Temo che lo sherry mi abbia scombussolato lo stomaco», disse. «Di solito non bevo. Posso usare il bagno?»
    «Certo», disse la signora Barnard. «Le mostro…».
    «No!», disse Harriet, risoluta. «Grazie. Conosco la strada».
    Harriet se ne andò di corsa, tenendosi lo stomaco. Maud sorrise ammirata.
    «Povera ragazza», disse la signora Barnard.
    «Già», rispose Maud. «È proprio una creaturina delicata».
    «Presumo che abbia a che fare con l’emozione per avere incontrato Olivia. Non avevo capito che anche sua figlia avesse il dono, signora Lyons», disse la signora Barnard.
    «Harriet?», disse Maud, diffidente. «Dono? Non la seguo, signora Barnard», disse Maud, preoccupata che a dispetto dell’apparente ingenuità la donna cominciasse a sospettare qualcosa.
    «Ma Harriet ha visto Olivia in corridoio». «Sua figlia?», disse Maud perplessa. «Non vedo come…».
    «Purtroppo non ho figli», disse la signora Barnard. «Olivia era mia sorella».
    Maud corrugò la fronte.
    «Non la seguo, signora Barnard». «Olivia è morta quando eravamo bambine», spiegò la signora Barnard,
    «Come le dicevo prima quando eravamo al piano di sopra. Harriet ha avuto la fortuna di vederla e parlare con il suo spirito».
    Del tutto sbigottita, Maud spostò lo sguardo dalla signora Barnard alla casa e di nuovo alla signora Barnard.
    Harriet fu sorpresa di trovare la cosiddetta “non-porta” leggermente socchiusa. Quella storia era assurda! Ma perché mentire su una cosa simile? Forse avrebbe dovuto dare una rapida occhiata.
    Non appena Harriet aprì la porta ed entrò, fu accecata da una luce abbagliante che irrompeva da un lato della stanza, come in una serra. Si voltò per andarsene. Ma quando afferrò la maniglia, quella non si mosse. La porta era chiusa a chiave.
    Perlustrò la stanza con lo sguardo, alla ricerca di una porta comunicante o di un’altra via d’uscita. In quell'istante vide una bambola stagliarsi dalla luce sfolgorante e incombere verso di lei. Dietro la bambola, scorse altre ragazze che sedevano sulle poltrone disseminate per la stanza: gli occhi sgranati come fossero in trance, i volti pitturati in modo pacchiano con le guance rosee e le sopracciglia inarcate, accasciate in pose rigide e sgraziate.
    All'inizio aveva creduto di non poter distinguere i lineamenti della ragazza che si avvicinava perché la luce la colpiva alla nuca, ma ora, con una terribile sensazione di vertigine, come se stesse precipitando da un’alta scogliera, si rese conto che la ragazza era priva di tratti.
    Harriet picchiò alla porta per chiamare aiuto.
    «Ti prego!», urlò. «Maud! Per l’amor di Dio! Aiutami! Aiutami!».
    Ma quel colpo impercettibile sulla porta della casa di bambole non fu udito da nessuno. Da nessuno, a parte Olivia.

    Tratto da "Le Terrificanti storie di Zio Montague di Chris Priestley


    Edited by DamaXion - 11/5/2017, 21:54
     
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    Ottimo racconto, QUASI da manuale, direi.
    Riesce ad essere coinciso e diretto, chiarissimo - surreale, con buoni colpi di scena e personaggi tutto sommato piacevoli. Durante la lettura ero come stregato - non ho pensato a niente, a nessuna osservazione da fare. Il finale è piuttosto veloce, forse un po' troppo rapido, dove tuttavia si concentra tutta l'angoscia.
    Il motivo per il quale lo commento è perché, una volta ultimata la lettura, ero tipo: "mm. Ok, carino." Poi però ho notato che: "«Ti prego!», urlò. «Maud! Per l’amor di Dio! Aiutami! Aiutami!»."
    Era la stessa striscia di dialogo che aveva ripetuto molte righe prima Maud durante la falsa seduta spiritica. Ed io ero in mezzo alla stanza, proprio dopo... quanto, dieci secondi dalla fine della lettura? - e ho sorriso come un'ebete dopo quest'ultima illuminazione. È stato semplicemente bello.

    Da qui ho capito che c'è stato un bel lavoro dietro, e mi fa credere che se decidessi a soffermarmi di più, magari potrei speculare di più sul racconto, anche se magari non c'è altro da dire, ma quando uno scritto ti viene voglia di RILEGGERLO, allora per me passa automaticamente a pieni voti.
     
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