Quell'appartamento a Bologna

esperienza reale a cui sono stati cambiati i nomi dei protagonisti

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  1. john osbourne
         
     
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    PROLOGO

    Sono trascorsi ormai quasi quindici anni dalla data in cui sono avvenuti gli eventi che sto per narrarvi. Ero poco più che ventenne e le mie giornate trascorrevano tra il ristorante dove lavoravo e la sala prove dove, assieme ad altri due amici, coltivavamo il sogno di diventare famosi a suon di riffs distorti dal sapore “sabbathiano”. Ed è proprio con gli amici in questione che mi vidi protagonista di eventi che, ad oggi, ancora non so spiegare ma che puntualmente, con cadenza che varia dal mese ai sei mesi, questi riaffiorano sotto forma di incubi. Comunque, era il lontano 2001, per la precisione in ottobre quando, il chitarrista della mia band (io ero il bassista) mi disse di avere un lavoro interessante da fare a Vicenza: allestimento e smontaggio di uno stand per la fiera dell’elettronica che ci avrebbe tenuto fuori casa per 11 giorni circa, di cui 2 per il montaggio e 2 per lo smontaggio, mentre gli altri sette in cui ci sarebbe stata la fiera, saremmo stati liberi e avremmo soggiornato a Bologna, città dove il mio chitarrista, Riccardo, alloggiava, in qualità di studente universitario. Appresa la notizia diedi subito disponibilità per quell'impiego, allettato più dalla prospettiva di soggiornare per un po’ a Bologna, che dal lavoro in se. Dato che ne stavamo parlando in sala prove chiedemmo ad Alessandro se volesse raggiungerci e stare con noi nei giorni in cui non avremmo lavorato, visto che i coinquilini di Riccardo non erano in casa e quindi avremmo avuto quest’ultima tutta per noi. Insomma la decisione era stata presa e da lì ad un mese saremmo partiti.

    GIORNO 1

    Il viaggio di andata, che feci con Riccardo in treno mentre Alessandro ci avrebbe raggiunti da solo 3 giorni dopo, trascorse serenamente come i due giorni di lavoro alla fiera (a parte le levatacce e i chilometri di viaggio da Bologna a Vicenza, da fare rigorosamente di mattina prestissimo e la sera tardi), e fu così che il primo giorno libero Alessandro ci raggiunse. Lo andammo a prendere alla stazione, tornammo a casa per pranzo e uscimmo nel pomeriggio per andare a fare un giro per centri sociali a sbevazzare un paio di birre a prezzi ragionevoli, e per le vie del centro alla ricerca di qualcosa di buono da fumare, cosa che si rivelò semplice, in quanto Bologna, all’epoca era molto più liberale di adesso. Felici per l’acquisto ce ne tornammo a casa, preparammo la cena e ci dedicammo ancora all’altra nostra attività preferita(una era il suonare): fumare. Ovviamente stereo a palla con colonna sonora rigorosamente doom-metal, birrette varie e mezze maniche all’amatriciana, tanto per affermare la nostra romanità anche giocando in trasferta. Finita la cena, Riccardo ci propose di andarcene per locali e sia io che Alessandro, abituati al mortorio della nostra città, ne fummo subito entusiasti. Fu così che ci preparammo ed uscimmo di casa. Appena scesi sotto il portone, Riccardo si ricordò di aver lasciato il fumo in casa e quindi decise di tornare a prenderlo. Mentre io e Alessandro ci burlavamo della sua mancanza di memoria, riapparve Riccardo con un’aria un po’ perplessa, alchè sia io che Alessandro gli chiedemmo cosa ci fosse che non andava e lui rispose “non so, non ne sono sicuro... comunque mentre percorrevo il corridoio per scendere, attraverso la porta a vetri del bagno mi è sembrato di scorgere con la coda dell'occhio una sagoma, di spalle, che si sistemava dei lunghi capelli”. Risate e scherno da parte mia e di Alessandro che eravamo ormai avvezzi alle simpatiche trovate di Riccardo, buontempone di una certa fama. Insomma, l’idea di tornare in casa a controllare non ci sfiorò minimamente anzi, stavamo già perdendo troppo tempo che avremmo potuto investire a fare qualcosa di meglio per i locali del centro. Cosa ve lo dico a fare: altre birre, altre canne, e un secchio di risate come succedeva tutti i giorni, complici i tuoi vent’anni, e tra una cazzata e l’altra si fece ora di tornare. A casa tutto tranquillo, ovviamente: della sagoma in bagno non c’era ombra e io e Ale rincarammo la dose di prese in giro verso Riccardo che, imperturbabile come al solito, non ci dava mai molta soddisfazione. Appurato che tutto era in ordine ci mettemmo a dormire e ci risvegliammo l’indomani ad un orario fin troppo decente, se confrontato con quello in cui eravamo tornati.

    GIORNO 2 - mattina

    Alessandro fu l’ultimo ad alzarsi e, al suo risveglio ci chiese se avessimo avuto come la sensazione di una luce traballante accesa nel corridoio. Ora, prima di continuare nella narrazione, mi perdo un istante nella descrizione dell'appartamento: era situata al secondo, forse terzo piano di un edificio neanche troppo vecchio. Entrando ci si trovava di fronte ad uno spazio ricavato in corridoio, con due poltrone ed una scrivania con un Pc; andando a destra si arrivava nella camera di Riccardo, mentre proseguendo a sinistra per il corridoio si trovavano, sulla destra, il bagno e il salotto con angolo cucina separato da una parete, mentre alla fine del corridoio (proprio all’opposto della nostra camera) c’era una stanza chiusa a chiave, dove solitamente alloggiavano altri due coinquilini, forse una coppia. Tornando ad Alessandro e alla sua sensazione di aver visto questa luce traballante, al bagno trovò, sopra un mobile porta-scarpe posto all’ingresso, una candela glade profumata, di quelle colate dentro un bicchiere di vetro, completamente consumata. Torno in camera con questa candela e chiese a Riccardo se sapesse di chi fosse quest’ultima e questi, sempre con aria perplessa, rispose che era quella che solitamente tenevano in cucina e accendevano per togliere un po’ l’odore di fumo. Non capiva come potesse essere finita in bagno e chi l’avesse accesa, e quindi io e Alessandro lo prendemmo nuovamente in giro per il suo essere sempre in vena di scherzi. Ma stavolta era diverso: conoscevo Riccardo e ormai riuscivo a intuire quando raccontava una cazzata, caso che non sembrava proprio essere quello e, inconsciamente, qualche campanello d’allarme in me stava giù suonando ma, la ragione, si sa, è solita prendere il sopravvento e quindi liquidammo l’accaduto dando la colpa al nostro essere distratti, dicendo che magari la candela era già li da qualche giorno, usata da qualche coinquilino. Insomma, tagliammo corto e non pensammo più alla candela preferendo dedicarci al pranzo,all’ascolto della musica e ad inventarci aneddoti stupidi sulle nostre band preferite.

    GIORNO 2 - sera

    Trascorremmo anche il pomeriggio in casa uscendo soltanto per andare a fare la spesa in un supermercato lì vicino dove comprammo un po’ di birra da scolarci a cena. Al ritorno, sotto il portone incontrammo un sacerdote che, incrociandoci, ci sorrise dicendoci “buona sera!”. Noi ci guardammo un po’ stupiti: c’era altra gente che passava sotto quel portico, persone che abitavano lì e che magari lo conoscevano; perché avrebbe dovuto salutare proprio questi tre capelloni vestiti di nero che ascoltavano musica “del diavolo”? Va beh, magari era solo gentile, ma la cosa ci aveva in qualche modo colpiti. Comunque tornammo in casa, ci organizzammo in quattro e quattro otto la cena e consumato il nostro pasto “frugale” uscimmo presto di casa, vogliosi di vivere la città perché, si sa, la notte è giovane quando sei giovane. Salimmo sull’autobus che ci avrebbe portato in centro e, sedendoci, ci trovammo io e Riccardo di fianco, e Alessandro di fronte a noi; quest’ultimo ho notato che faceva delle facce un po’ strane, guardando oltre le nostre spalle e, quando gli chiedemmo se ci fosse qualcosa che non andasse, ci fece segno col capo che ci avrebbe spiegato dopo. Non gli demmo peso e continuammo la corsa fino alla nostra fermata dove, appena scesi, un signore dall’aria un po’ persa ci chiese dove fosse piazza maggiore. Riccardo gli rispose dandogli indicazioni ma, non appena il tipo si allontanò, Alessandro, con aria stizzita ci chiese “non vi siete accorti di niente?”, noi, con candore, rispondemmo di no e Alessandro ci disse che il tipo in questione, durante il viaggio, non smise un attimo di fissarci, recitando sommessamente il rosario. Ecco cosa stava fissando Alessandro quando era di fronte a noi... comunque ci toccammo in segno di scaramanzia e senza più pensare all’accaduto, ci gettammo nella movida bolognese, girando per locali alternativi e parlando del più e del meno con la gente che incontrammo. Si fece di nuovo ora di tornare a casa e quindi dichiarammo sciolta la seduta in favore di un sonno ristoratore.

    GIORNO 3

    Al risveglio, andai in bagno ad urinare e trovai, sullo stesso mobile dove la mattina prima c’erano i resti della candela, i miei asciugamani ammassati.Erano gli stessi asciugamani che, dopo la doccia che avevo fatto il pomeriggio prima, avevo messo ad asciugare in finestra e poi riposto sopra la mia valigia. Un po’ scazzato rimproverai i miei amici per aver usato i miei asciugamani ed averli lasciati lì. La risposta di Ale e Riccardo fu “non li abbiamo toccati noi, sarai tu che sei rincoglionito e li hai lasciati li!”. Certo, un classico, hai bevuto, hai fumato, sei rincoglionito insomma, le solite storie, tranne che ero sicuro, estremamente sicuro, di dove avevo poggiato i miei asciugamani. Preferii non approfondire la questione e tornai in camera dove Alessandro si stava preparando per fare la doccia e, una volta presi i vestiti, lasciò la sua valigia sopra il letto e andò in bagno,mentre i e Riccardo ci accomodammo in salotto a fumare e ascoltare musica. Nel mentre Alessandro, finito di fare la doccia, ci raggiunse in cucina e si aggiunse al nostro cannabis social club. Finito di fumare decidemmo di fare due passi fino al supermercato e quindi tornammo in camera per metterci le scarpe dove scoprimmo che la valigia di Alessandro, precedentemente lasciata sul letto, era stata scagliata contro la parete opposta, con tutti i vestiti sparsi. Alessandro, mentre risistemava le sue cose, si incazzò non poco per l’accaduto, ritenendolo uno scherzo di cattivo gusto da parte nostra ma, con un po’ di fatica, riuscimmo a fargli capire che lui era stato l’ultimo ad uscire dalla camera e che noi eravamo rimasti in cucina tutto il tempo. Se fino ad allora gli eventi strani di per se erano tutti spiegabili in un modo o nell’altro, e gli incontri a sfondo religioso potevano essere etichettati come coincidenze, stavolta non fu possibile trovare una spiegazione e tutti e tre cominciammo ad essere un po’ nervosi. Tirammo giù la serranda della camera ed uscimmo tutti e tre a fare due passi e schiarirci le idee. Tornammo a casa dopo un’oretta e rientrando in camera rimanemmo di stucco notando che la serranda era di nuovo sollevata. Mi avvicinai alla finestra, come se li ci fosse la spiegazione all’evento e in parte, fu così: appoggiato sopra il davanzale, trovai un pacco di fiammiferi verde con sopra un segno zodiacale; non ricordo se il segno fosse la vergine, ricordo soltanto che sul pacchetto era riportata la descrizione delle persone del segno in questione e, la frase che mi aveva colpito era “ha un carattere molto rigoroso ed ama l’ordine e la pulizia”. Io mi rigiravo questo pacchetto tra le mani e stavo già pensando di tenerlo con me ma i miei due compari mi dissuasero dal farlo e mi convinsero a buttarlo. Cominciammo ad essere spaventati, non soltanto nervosi, perché le valigie non si scagliano da sole contro il muro e neanche le serrande si alzano da sole; in più c’era quel pacchetto di fiammiferi con quella descrizione…quel giorno decidemmo di restare in casa per cercare di capirci qualcosa e per vedere se sarebbe successo altro. In verità qualcos’altro successe: ogni volta che andammo dal salotto alla camera, magari per prendere qualcosa, trovammo la serranda che si era mossa: una volta era sollevata, poi abbassata, poi di nuovo sollevata. I nervi cominciarono a cedere così cercammo di rilassarci fumandoci qualche canna. Trascorremmo la serata così, senza altri strani accadimenti, oltre la serranda che sembrava avere una propria volontà. Quella notte andammo a letto presto e ci svegliammo presto, con la speranza che quel giorno non sarebbe successo niente.

    GIORNO 4 - mattina

    Purtroppo non fu proprio così: prendemmo il caffè e ci piazzammo nel balcone del salotto a fumare e così mi cadde l’occhio sul davanzale della finestra del bagno, dove spiccavano in bella vista le scarpe di Alessandro, così gli dissi qualcosa in proposito di queste(non era niente di importante, forse gli chiesi il prezzo) indicandogliele; in quel momento divenne molto nervoso, perché le scarpe le aveva lasciate in camera e non capiva come mai fossero lì in finestra mentre a me vennero in mente le parole del pacchetto di fiammiferi:“ha un carattere molto rigoroso ed ama l’ordine e la pulizia”. Andammo assieme a recuperare le scarpe e Alessandro le appoggiò vicino al mobile in bagno, dopodiché andammo in camera un istante, non ricordo a prendere cosa. Riccardo ci guardava dall’ingresso del salotto e, mentre passammo di nuovo davanti al bagno per raggiungerlo, il mobile porta-scarpe si aprì di colpo. Non so con quale coraggio Alessandro prese le scarpe e, infilandole nel mobile esclamo ad alta voce “VA BEH, C’E' IL PORTA-SCARPE, PERCHE’ NON USARLO?” per poi andarcene in salotto di corsa senza guardarci dietro. Io cominciavo ad essere veramente irrequieto e al contempo subivo una stana fascinazione da quello che stava accadendo: volevo sapere che cosa sarebbe successo ancora; ricordo inoltre che la cosa più strana era l’atmosfera di normalità in cui succedevano queste cose perché ci si aspetterebbe in questi casi di avvertire qualcosa di sinistro, o magari sentire freddo come si vede nei film e invece, niente di niente.

    GIORNO 4 - pomeriggio

    Dopo pranzo uscimmo presto, e andammo fare un giro per negozi di musica, al fine di rilassarci; ricordo ancora il negozio di strumenti con le Gibson sg signature dei nostri eroi quali Angus Young o Tony Iommy. Ci attardammo fino alle 17 cercando un po di fumo e poi, trovatolo, tornammo a casa. Prima di salire Alessandro si offrì di andare a comprare qualche birra e qualcosa per la cena mentre io e Riccardo andammo dritti a casa. Ricordate il computer e le due poltrone poste nel corridoio davanti la porta di ingresso? Le trovammo impilate l’una sull’altra e, non con poco nervosismo le rimettemmo a posto ma, nel lasso di tempo in cui raggiungemmo i salotto, voltandoci le trovammo nuovamente impilate l’una sull’altra. Le rimettemmo di nuovo a posto e aspettammo il ritorno di alesando per raccontargli l’accaduto e la cosa lo rese ancora più nervoso: cominciavamo a temere che qualcosa potesse farci male dato che, con la facilità con cui trovavamo spostati gli oggetti, altrettanto facilmente sarebbe potuto caderci qualcosa in testa o esserci scaraventato contro. Decidemmo di metterci a preparare la cena, di modo da non pensarci e finalmente fu l’ora di mettersi a tavola ma, proprio quando stavamo per ingoiare il primo boccone un rumore intermittente, come di qualcosa che sbatte, ci fece sobbalzare; fu Riccardo ad affacciarsi in corridoio e, con aria atterrita, alternare lo sguardo verso di noi e verso il corridoio, esclamando sommessamente “non è possibile…non è possibile…”, così decisi di affacciarmi anche io, seguito da Alessandro, e quello che vedemmo ci lasciò abbastanza basiti: non c’era un filo di vento eppure le tre sfere che formavano il lampadario sbattevano violentemente tra loro. Restammo li a guardarle finche non smisero da sole e poi, ci affrettammo ad uscire di casa: Avevamo paura, non sapevamo cosa fare, ma non potevamo tornare a casa altrimenti avremmo fatto una pessima figura col nostro datore di lavoro, che ci aspettava per la fine della fiera.

    GIORNO 4 - sera
    Così cercammo di distrarci andando a bere un po’ di birre per i locali del centro. Oltre le birre, Riccardo pensò bene di aggiungerci un po di vodka, e fu così che si ridusse ad un’ameba e dovemmo trascinarlo a casa mentre lui si aggrappava a noi. Ricordo anche che mi arrabbiai parecchio, dato che gli avevo passato una canna appena accesa e lui invece non sapeva più che fine aveva fatto. Arrivammo in casa con molta fatica e con uno sforzo estremo mettemmo al letto il cadavere, mentre io e Alessandro ci buttano un po sul divano in salotto a riflettere, fino a che non fu ora di andare a letto.

    GIORNO 5 - mattina

    L’indomani ci svegliammo presto, mentre Riccardo continuava a vegetare sul letto, e andammo a prepararci il caffè in cucina ed è proprio sul tavolo che guardando nel posacenere, trovai la canna che Riccardo aveva perso la sera prima…La guardai incredulo e alla fine optai per accendermela mentre assieme al Alessandro ci chiedevamo come fosse possibile tutto questo: la canna era quella, sia perché riconoscevo la mia manifattura, ed inoltre riconoscevo il filtro, fatto con l’ultimo pezzo di un cartoncino rosso che avevo con me. Finito di fumare andammo in camera a controllare Riccardo, che ancora dormiva beato. Quando tornammo in salotto notammo qualcosa di strano ma non riuscimmo a mettere a fuoco la cosa finché non ci accorgemmo che sul tavolo c’era un vaso di fiori che, solitamente, era riposto sopra una credenza. Ci guardammo in faccia l’un l’altro e, nel tempo che volgemmo di nuovo lo sguardo al tavolo il vaso era sparito; lo trovai poco dopo sul frigorifero in cucina e da ì lo misi finalmente al suo posto. Nel mentre si svegliò Riccardo, tutto felice, esclamando “che bella giornata, mi sento veramente in forma…ora vado un attimo in bagno e poi ci prepariamo il pranzo, eh?”, e si diresse al bagno. Sentimmo chiudersi la porta a chiave alle spalle, poi riaprirla di corsa ed raggiungerci in salotto, bianco come un lenzuolo. Non diceva nulla ma si vedeva che era molto provato. Insistemmo chiedendogli cosa fosse successo, ma lui ripeteva soltanto “non ci credo…non ci credo…!”. E quello che vedemmo era abbastanza incredibile, oltre che alquanto sgradevole alla vista: vari pezzi di carta igienica sporca di una sostanza che sembrava sangue mestruale e la stessa sostanza, che era colata su tutto il bidet, sia dentro che fuori. La guardavamo disgustati e spaventati allo stesso tempo, pensavamo veramente che quello era troppo, eravamo atterriti, agghiacciati…quello non era una poltrona spostata, un lampadario che sbatte, quello era sangue mestruale e quelli erano tamponi di carta sporchi, Uscimmo dal bagno e intimai a Riccardo, veramente troppo sconvolto, di scendere giù al bar a prendersi un caffè, che li ci avremmo pensato noi. Per un po’ di tempo io e Alessandro restammo fuori la porta del bagno, mentre sentivamo il rumore del rubinetto del bidet che veniva aperto, poi chiuso, poi di nuovo aperto. Andò avanti così per dieci minuti buoni poi, quando finalmente cessò, ci sbrigammo ad andare in bagno e a ripulire tutto quanto col mocio che poi venne messo in lavatrice assieme al tappeto sporco.

    EPILOGO

    Nel frattempo rientrò Riccardo che ci disse di aver chiamato la sua fidanzata, che abitava vicino Bologna, e che ci avrebbe ospitati fino a che non fossimo dovuti tornare per concludere il lavoro. I due giorni trascorsero tranquillamente e al nostro ritorno trovammo i coinquilini di Riccardo in casa. Gli chiedemmo se avessero notato qualcosa di strano, dato che avevamo avuto l’impressione che qualcuno fosse entrato. Ricordo ancora i loro sguardi sgomenti, così decidemmo di tagliare corto. Il mattino dopo andammo al lavoro mentre Alessandro prese il treno per tornare a casa. Ci incontrammo di nuovo una settimana dopo a casa mia dove Alessandro ci racconto che, la mattina in cui stava tornando a casa col treno, il fratello maggiore gli aveva telefonato riferendogli di uno strano sogno in cui questi si trovava in una strana casa dove sentiva un senso di inquietudine. La casa che gli descrisse fin nei minimi particolari era proprio quella dove avevamo alloggiato e Alessandro era ancora shockato, al punto da aver chiesto una benedizione da un sacerdote. Purtroppo non so se fosse servita o meno perché quella sera, a casa mia, successe un semplice episodio ma che ci fece sobbalzare: per due o tre volte andò via l’elettricità e l’ultima volta sentii un rumore provenire dal soppalco, come di qualcosa di pesante che cade. Andai a vedere ma non trovai nulla che apparentemente avesse potuto generare quel rumore. Trovai invece un pacco di fiammiferi verde con un segno zodiacale e la descrizione “ha un carattere molto rigoroso ed ama l’ordine e la pulizia”...


    ps: perdonatemi la poca cura nel linguaggio, ma l'ho scritta di getto e mi sono concentrato a cercare di ricordare tutti i particolari, cosa alquanto complicata, visti gli anni che sono passati

    Edited by RàpsøÐy - 30/10/2017, 16:24
     
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  2. john osbourne
         
     
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    Oggi mi è venuto lo schiribizzo di andare a vedere su google maps se trovavo l'appartamento in questione e, andando a memoria visiva, credo fosse quello in foto. Al centro di questa si vedono i balconi di cui, quello al terzo piano, dovrebbe corrispondere alla cucina/salotto. Andando verso sinistra c'è la finestra del bagno e ancora a sinistra la finestra della camera dove dormivamo. Alla destra del balcone c'è invece la finestra che dovrebbe essere quella della stanza chiusa a chiave.
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    quell'appartamento

     
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    Mi chiedo dove si trovava esto appartamento, essend'io di Bologna.
     
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    Molto interessante da leggere...molto inquietante da vivere, immagino
     
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    ...se te lo dicessi poi...

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    Accidenti John, questa storia è incredibile... Ma quindi dopo aver trovato i fiammiferi a casa tua, gli eventi sphanno ripreso?


    CITAZIONE (DarknessAwaits @ 30/10/2017, 20:39) 
    Mi chiedo dove si trovava esto appartamento, essend'io di Bologna.

    Conoscendo un po Bologna a me sembra un palazzo a borgo panigale.
     
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  7. BuRn!/<
         
     
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    Molto interessante :siga:
    Mi aggrego a SkeleKarp, non ti è successo più niente dopo il ritrovamento dei fiammiferi?
     
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  8. JadeReb
         
     
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    Visto così sembrerebbe un edificio in via Marconi, ma se avete preso il bus per andare in centro mi sbaglio.

    Comunque, che storia inquietante. Anche io ho vissuto a Bologna come fuorisede e se mi fosse capitato qualcosa del genere sarei salita sul primo treno e ciao a mai più.
     
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7 replies since 29/4/2017, 20:10   1089 views
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