La fine del mondo

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    18 novembre 317 dopo Agostino Imperatore.

    Roberto era innamorato, ma non lo sapeva. Tutti l'avevano capito: sua mamma, che studiava con velata gelosia quei momenti vaghi in cui la mente di suo figlio partiva, sua sorella maggiore, che lo prendeva in giro e allo stesso tempo gli offriva aiuto, e il suo migliore amico, che invece lo guardava strano ultimamente, quasi avesse a che fare con un alieno. In realtà, anche Roberto sentiva che qualcosa stava cambiando. Una lieve trepidazione che durava tutto il giorno, un senso di inappetenza costante. A volte, nel cuore della notte, si ritrovava sveglio senza capire il perché. Allora s'aspettava di aver paura di quel buio e dei mostri che vi si nascondevano, ma l'unica sensazione che provava era un leggero tremore che era dovuto ad altro, e si sentiva come ondeggiare, accarezzato da una strana brezza. Altre volte invece s'incantava su particolari insignificanti, vagheggiava su ricami di una veste o scalfitture di una pietra. Quando si risvegliava, si scopriva smarrito, invano rincorreva quelle immagini appena perse. Evitava però di pensare ai motivi di tali vagheggiamenti, e, quando non poteva farne a meno, finiva per ricondurli a semplici distrazioni, fantasie di un adolescente.
    In verità forse voleva solo nascondersi. Fuggire da quel pensiero, da quegli sfottò, dal volto di quella ragazza. Si chiamava Claudia, era una compagna di classe. Occhi infuocati e labbra uguali. Spesso la osservava di sottecchi, si godeva il suo camminare potente e preciso di un temporale. Anche quelle volte, però, non ammetteva quanto fosse bella.
    Quel giorno arrivò a scuola in anticipo. Claudia era già lì, riparata in un angolino ripeteva forse la lezione dal suo libro elettronico. In classe non c'era nessun altro e Roberto si allontanò il più possibile da lei: non voleva destare sospetti. Poi però, con una scusa, iniziò a strisciare contro le pareti e s'avvicinò piano alla ragazza. Lo stomaco in subbuglio, la bocca arsa. Tentò di calmarsi e si disse che non stava facendo nulla di che, ma non ci riuscì. Superò gli affabili disegni attaccati sui muri, la lavagna elettronica flessibile. Ormai erano vicini. Cosa poteva dire? Claudia aveva già alzato lo sguardo e ora lo guardava con la testa ancora inclinata e mordicchiandosi il labbro. A quel punto sentì le budella ritorcersi e pensò di tornare indietro, ma non era possibile: ci avrebbe fatto una figuraccia. Strinse forte i pugni. «Ch-che...» osò iniziare, ma poi non seppe continuare. Si sentiva le guance infuocate. «Che stai fac...»
    A quel punto, la sirena riecheggiò nell'edificio. Entrarono in classe prima gli altri ragazzi, poi, quando questi si furono seduti, il professor Merli. Tutti si rialzarono e tesero il braccio destro in avanti in segno di saluto. Merli rispose con lo stesso gesto, poi partì il video.
    Sullo schermo apparve l'Imperatore. Era un uomo alto, dai lineamenti squadrati, i muscoli scolpiti gli gonfiavano la veste. Anche lui fece lo stesso segno, poi iniziò a parlare.
    «Buongiorno, ragazzi. Anche oggi ricordiamo quanto la nostra storia sia importante. Quanto sia importante ricordarla, venerarla, ripeterla».
    Roberto ascoltò, ma conosceva quella storia a memoria. La passavano ogni mattina sulla lavagna. Però l'Imperatore era simpatico, quindi non si annoiava mai. In realtà, chi l'aveva visto affermava che Sua Altezza non fosse poi così alto, o che avesse un po' di grasso sulla pancia. Roberto non ci credeva: l'Imperatore era perfetto.
    «Quasi mille anni fa, ormai, i nostri avi hanno combattuto contro il nemico. Un nemico infame, che si nascondeva nella società, che attentava contro le vite dei nostri antenati. Oggi sappiamo che quello fu un intervento giusto e quei paesi ancora pagano per le ingiustizie commesse nei primi anni del Duemila. Quelle aberranti azioni che portarono allo scoppio delle Terza Guerra Mondiale» diceva intanto la voce.
    Il professore richiamò con uno sguardo secco due compagni che s'erano distratti e, quando vide che uno di questi tratteneva a stento una risata, bloccò il video. Si avvicinò ai loro posti e colpì entrambi con uno schiaffo. Quel clap riecheggiò in tutta la sala, ma nessuno si stupì: era normale, capivano i ragazzi, e anche giusto. Poi la visione riprese.
    «Trecento anni fa, invece, abbiamo affrontato un'altra invasione. Questa volta s'inneggiava al progresso, alla libertà per tutti. Libertà che però era illimitata e che faceva male. Falsi miti che nessuno» e qui la voce si fece più forte «dovrà mai osare reintrodurre nella nostra società. Anche quell'invasione è stata sconfitta, perché le nostre armi, ragazzi, le nostre armi sono più forti. Le nostre armi sono la disciplina, il rispetto delle leggi, la forza della nostra cultura.
    «Dal tempo della prima invasione subita sono cambiate tante cose. La nostra religione, le nostre tecnologie, le nostre idee. Tutto è migliorato. Non dobbiamo permettere che ci sia un regresso. Dobbiamo combattere il nemico che oggi ci affronta, che sputa sui nostri valori, che auspica un ritorno alla religione di mille anni fa!»
    Ci fu silenzio. Il volto dell'Imperatore era contratto in un'espressione infuriata. Poi questi tornò a parlare, stavolta con una voce che era quasi un sibilo: «Un nemico che ci vuole terrorizzare con la prospettiva della morte, con l'idea della fine del mondo.
    «Io vi dico, ragazzi, di non cedere. Anche questa volta il nemico sarà sconfitto, anche questa volta il bene trionferà. Buona giornata».
    I ragazzi applaudirono, poi tesero ancora il braccio destro.
    «Bene, iniziamo la lezione» ordinò l'insegnante.
    Anche quel giorno Roberto si perse tra i suoi pensieri. Questa volta, però, la causa non era Claudia. Doveva togliersi una curiosità. Con il suo libro elettronico aprì internet e, senza farsi notare, digitò sul motore di ricerca "fine del mondo". Comparve un elenco di vari siti, Roberto cliccò sul primo. Una volta finito l'articolo, tornò indietro e lesse il secondo, poi il terzo e così via. Arrivò a una decina e poi smise: pensava di saperne abbastanza.
    Negli ultimi tempi — aveva imparato — alcuni seguaci di una religione vecchia di mille anni stavano cercando di convincere i ragazzi che quel culto fosse l'unica via di salvezza. Cristiani, si chiamavano. Veneravano un solo dio — e a Roberto parve davvero strano: le religione monoteiste erano scomparse da più di trecento anni e lui non riusciva a credere che qualcuno ancora credesse a quelle idiozie —, si riunivano in luoghi chiusi per lodare quell'essere e chiedevano che fosse loro concessa la libertà di culto. Ovviamente, l'Imperatore aveva rifiutato questa concessione. Alcuni dei praticanti erano stati arrestati perché annunciavano che il mondo sarebbe finito presto, il 25 dicembre di quell'anno. Altri, trovati a parlare con dei bambini, erano stati condannati a morte. Impiccati nelle piazze tra la folla esultante.
    Roberto bollò le idee di quei talebani come stupidaggini e proseguì con i suoi vagheggiamenti.
    Passò del tempo, venne giù la prima neve. Roberto l'amava. Poi questa si sciolse e rimase solo un residuo nerastro di nevischio. Roberto pensava sempre più a Claudia, la immaginava calda nei suoi vestiti, s'inorgogliva se i loro sguardi s'incrociavano, finalmente si convinceva che non si trattava di un lieve sbandamento. Ipotizzava dichiarazioni d'amore e le sognava tutte le notti, ma poi non aveva mai il coraggio. In qualche modo, però, tentava di farsi notare. Anche il solo saluto alla mattina gli bastava, un sorriso lo mandava in visibilio. Si scoprì incapace di immaginarla in abiti succinti: l'amava nella semplicità della sua divisa scolastica, che pure era grigia e brutta, ma le calzava bene.
    Venne dicembre e la festa di Agostino Imperatore. L'impero si bloccava per una settimana per venerare quell'uomo che, trecento anni prima, aveva sconfitto con il suo carisma l'invasione progressista. Da lui era nata la religione odierna, il civitilarismo, e lui ne era il massimo esponente. Era esemplare come avesse messo l'intera sua vita al servizio della società, come avesse attaccato i progressisti per difendere gli interessi della sua patria. In ogni città, nella piazza principale, c'era un palazzo che prendeva il suo nome. Edifici maestosi e baroccheggianti, uniche espressioni di ricchezza in paesaggi altrimenti sobri.
    Durante le feste Roberto si annoiò. Gli mancava Claudia, bramava il suo sorriso infuocato. Un giorno, mentre non faceva nulla, gli tornò in mente quella storia della fine del mondo. Gli tornò la curiosità e decise di approfondire.
    Il mondo secondo i cristiani sarebbe dovuto finire il 25 dicembre 317 a mezzogiorno, ricordò. Ci sarebbe stata un'enorme esplosione e tutti sarebbero morti. Nessuno si sarebbe accorto di nulla e gli umani si sarebbero ritrovati in una sorta di mondo parallelo — Roberto faticava ad afferrare quel concetto —. I buoni sarebbero stati premiati dal loro Dio, i cattivi puniti. Il 25 dicembre, secondo il libro sacro dei cristiani, nasceva il figlio di Dio. O forse Dio stesso: Roberto non capì bene neanche questo. Comunque scoprì che nell'antichità si usava festeggiare questa ricorrenza con grandi banchetti e scambiarsi i regali. Era un po' come nelle festività di Agostino Imperatore, pensò. Anche la scelta dell'anno non era casuale: i cristiani infatti seguivano un calendario diverso, chiamato gregoriano, che conteggiava il passare degli anni a partire dalla nascita del figlio di Dio. E in quel calendario, quello era l'anno 3000. La fine del millennio. Il tre nel Cristianesimo era un numero sacro, scoprì Roberto, e magari c'era anche quello dietro la scelta di quella data. L'esplosione era prevista a mezzogiorno perché dodici erano i seguaci iniziali del figlio di Dio.
    Anche dopo aver approfondito, decise che si trattava di un sacco di balle. Era assurdo. I veri dei erano quelli che governavano l'Impero e Sua Altezza era il primo tra questi. Non poteva credere alle voci di una religione vecchia centinaia di anni.
    Intanto però i giorni passavano, trascorsero le prime due settimane di dicembre. Roberto iniziava a provare una punta d'inquietudine. Sempre più spesso, la sua mente vagava qui e lì, ora Claudia, ora il mondo che esplodeva. Amore e paura. Si ritrovava a sognare loro due che si tenevano per mano e osservavano il mondo farsi a pezzi, per poi risvegliarsi in quel mondo parallelo cristiano. Sarebbe stato bello vivere insieme per sempre. Cercava sempre di distogliere la sua mente da quei pensieri, ma non ci riusciva. Quella che prima gli pareva un'idiozia ora sembrava poter essere possibile, forse troppo vicina.
    Una sera, a tavola, osò anche parlarne con i genitori.
    «Papà, posso chiederti una cosa» chiese sommesso. Non era convinto che fosse la cosa giusta da fare. Suo padre annuì.
    «Hai sentito di quella storia della fine del mondo?» Subito si pentì di quelle parole.
    Suo padre lo guardò severo, forse preoccupato. Poi, scandendo bene le parole, disse: «Non farti mai sentire parlare di queste cose. Mai. Mi raccomando». La conversazione morì lì.
    Intanto l'ansia si era annidata nel suo animo. Piano, cresceva, come larve infette si diffondeva nella sua mente, e ogni giorno lui non poteva far altro che ritornare a quella previsione irrazionale che però pareva possedere una carica forte di verità.
    Finalmente il 25 arrivò. Era una giornata fredda, ma c'era il sole. Era prevista un'eclissi solare per mezzogiorno, aveva scoperto Roberto il giorno prima. Si sentiva agitato come mai prima, il sangue sputava cariche elettriche nelle vene. Decise di osare con Claudia: se quello doveva essere l'ultimo giorno della sua vita, che almeno lo vivesse al meglio. «Poco prima di mezzogiorno chiedi di uscire e vieni in terrazza. Ne varrà la pena» le disse, con un tono sicuro che non sapeva di possedere.
    Per il tempo che mancava pensò. Si scoprì lucido e non se l'aspettava. Gli dispiaceva morire così giovane. Gli sarebbero mancati sua mamma e suo papà, sua sorella e i suoi amici. I suoi insegnanti, il discorso deciso dell'Imperatore. Voleva crescere, Roberto. Voleva sposarla. Soprattutto voleva baciare quelle labbra di fuoco e al pensiero di non poterlo fare gli si stringeva il cuore. Una lacrima involontaria venne giù e ticchettò sul banco, un'altra colava lungo la guancia. Fu lesto ad asciugarla. Un compagno lo guardò storto, lui sussurrò: «È l'allergia».
    A mezzogiorno meno dieci chiese di uscire. Aspettò Claudia dietro la porta e passarono minuti. Proprio mentre iniziava a perdere le speranze, lei sbucò fuori. Subito gli fece cenno di tacere. Insieme camminarono fino alla terrazza.
    «Perché prima piangevi?»
    «Era l'allergia». Questa volta la sua voce era tremolante, rotta dalla tensione.
    Aspettarono fuori ed erano vicini. Sarebbe morto al suo fianco e questo gli bastava. Intanto passavano i secondi e iniziava l'eclissi.
    «Ah, prendi questo!» ricordò Roberto porgendo a Claudia uno di quei vetri scuri per guardare il sole. Lei sorrise.
    Passò altro tempo, le loro mani a momenti si sfioravano. Cercò di accentuare quel contatto e lei parve stare al gioco, ma forse era solo una sua impressione. Avrebbe voluto che quei minuti durassero per sempre.
    Trenta secondi a mezzogiorno. Iniziò a guardarsi intorno: non voleva essere richiamato dentro sul più bello. Pensò di dichiararsi in quel momento, ora!si disse, ma non lo fece. Prese a respirare più forte.
    Dieci secondi a mezzogiorno. Ora la luna oscurava completamente il sole e lui, al di là del vetrino, vedeva una luce verdastra, quasi malvagia.
    Cinque secondi. Strinse i denti forte, contrasse il volto come chi si prepara a ricevere un pugno. «Ti amo» sussurò mentre le stringeva forte il braccio.
    Ci fu un forte rimbombo, poi sentì il mondo oscillare. S'aggrappò alla parete e in pochi secondi si riprese. Era solo il suono della sirena.
    Guardò Claudia. Dio, che figura di merda. Lei sorrise, Roberto volle, per l'ennesima volta, baciare quelle labbra di fuoco. «Anche io».
    «Ehi, voi, che ci fate là?» gridò un bidello dal corridoio. Claudia tornò dentro, lui rimase lì imbambolato. A guardare il suo riflesso sul vetro, notò due grosse macchie rosse che gli chiazzavano le guance.

    Edited by Tommas02 - 13/1/2017, 13:05
     
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    Happy Urepi Yoropiku ne~

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    La storia mi è piaciuta molto, è molto ben scritta ed avvincente, unica cosa: non ho capito il finale. il mondo è finito o no?
     
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    No, il suono è quello della sirena che segna la fine dell'ora. Grazie comunque!
     
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    Davvero bella.
     
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    "Everyone wants to be Er Mortadella. Even I want to be Er Mortadella." ~ Cary Grant

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    Una storia d'amore con lieto fine? Stregoneria!

    Davvero complimenti, la storia è scritta davvero bene ed è coinvolgente, degna di un professionista. Bravissimo!
     
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    Grazie mille :)
     
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    "Dal multiforme ingegno"

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    La storia è senz'ombra di dubbio una delle migliori di questo contest, a mio gusto personale. Buon registro linguistico, lo stile non mi ha fatto impazzire particolarmente, e l'amore acceso sempre più dal sentore della fine del mondo (distopico) è splendido. Il mondo non crolla alla fine, ma un leggero "Anche io" lo risolleva ampiamente nella siccità in cui si era seccato.
    Mi ha tenuto incollato, roba da poco (spesso leggo l'inizio delle storie e me ne vado perché mi interessano poco, poi finisco di leggerle perché cominciano ad ingranare.), qui mi hai incuriosito subito.

    Voto 2, Tommy. Voto 2.
     
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  8. ReaperBrown
         
     
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    Ti meriti un bel Voto 2

    Concordo con Osseido nel dire che è il miglior racconto del contest, mi è piaciuto molto lo stile con cui è scritto.
    Sei davvero bravo.
    Complimentissimi ;)
     
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    Io voto un punto e mezzo.
    È scritta bene, il tema del Natale non è sempre il solito preso e abusato, ma ripreso e reso originale.
    Un po' di ucronia non ha mai fatto male a nessuno, giusto? Mi piace. Mi è piaciuto, non ho visto errori di una certa rilevanza, era un racconto estremamente buono e positivo.
     
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    CITAZIONE (Pisy @ 9/1/2017, 15:25) 
    Io voto un punto e mezzo.
    È scritta bene, il tema del Natale non è sempre il solito preso e abusato, ma ripreso e reso originale.
    Un po' di ucronia non ha mai fatto male a nessuno, giusto? Mi piace. Mi è piaciuto, non ho visto errori di una certa rilevanza, era un racconto estremamente buono e positivo.

    Sorry, si possono assegnare solo 0, 1 o 2, senza mezzi punti D:
    Per questo contest stiamo testando il sistema e magari per il prossimo useremo lo stesso di noi staffer, ma per ora è cosi
     
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    Anche io vorrei assegnare 1,5 perchè il racconto presenta alcune incongruenze ed errori ma è molto originale e ben scritto, che rabbia!
    mi è piaciuto davvero tanto, complimenti.
    All'inizio pensavo fosse ambientato in epoca romana. Mi hai fregato.
     
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    "Dal multiforme ingegno"

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    Sì... quindi voti 1 o 2?
     
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    Grazie a tutti! :)
     
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    CITAZIONE (Oessido @ 9/1/2017, 16:59) 
    Sì... quindi voti 1 o 2?

     
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    CITAZIONE (RàpsøÐy @ 9/1/2017, 17:02) 

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