I got nobody waiting for me

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    people who think oikawa should've gone to shiratorizawa are banned.

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    Titolo: "I got nobody waiting for me"
    Fandom: Haikyuu!!
    Personaggi: Oikawa Tooru, Ushijima Wakatoshi, personaggi inventati
    Genere: Sentimentale - Slice of life
    Avvertimenti: Yaoi (boyxboy), Alternate Universe
    Rating: Verde


    Assolutamente oltraggioso. Riprovevole, inaccettabile!

    Suo figlio aveva semplicemente preso in prestito i soldi del pranzo da uno dei suoi amici. Il fatto che non li avesse restituiti era probabilmente solo frutto di un'innocente dimenticanza. Essere sospesi per tre giorni per una tale frivolezza era una vergogna! Ah, ma lo avrebbero sentito! Avrebbero sperimentato la furia di Oikawa Tooru. Non solo si aspettava che la sospensione fosse ritirata, ma esigeva sentitissime scuse per il disturbo. Era un uomo occupato lui, non poteva certo stare dietro alle lamentele di inetti insegnanti.


    Parcheggiata la sua volvo argentata si diresse con passo militare verso l'entrata, spingendo il maniglione antipanico con brutalità.
    Voleva proprio vederla la faccia di quell'incapace che si era permesso di fare di un piccolo incidente un 'atto di bullismo'. Al solo ricordo della lettera che aveva ricevuto Oikawa ci vedeva rosso. L'aveva spedita l'inutile preside della scuola su 'pressante richiesta' di un professore. Quell'imbecille patentato!

    Il filo dei suoi rabbiosissimi pensieri fu interrotto quando Tooru andò a sbattere contro qualcosa di prepotentemente duro. Ci mancava solo questa.
    "Guarda dove metti i pied-..."
    Oikawa alzò lo sguardo per incontrare quello severo di un uomo ad occhio e croce sulla quarantina. Portava i capelli corti, nella più antiquata pettinatura che Tooru avesse mai visto. Sembrava l'opera di un parrucchiere nostalgico degli anni cinquanta. In sostanza, dal portamento diritto come un fuso e dalla mascella squadrata pareva più un soldato del Vietnam che un uomo del ventunesimo secolo. Quel tipo non sembrava volersi spostare dalla sua traiettoria, quindi Oikawa dedusse che doveva trattarsi del bidello.
    "Ah, scusi, non l'avevo proprio vista" cominciò Tooru, tutto fuorché mortificato. Già che c'era poteva chiedere informazioni a quell'energumeno, forse si sarebbe rivelato utile. Sempre che qualcuno in quel dannato edificio lo fosse, visto che fino ad allora si erano dimostrati solo un branco di decerebrati.
    "Forse potrebbe aiutarmi, sto cercando il professor...Ushijima...?"
    Oikawa ricontrollò il nome nella lettera che stava praticamente polverizzando nella sua mano.
    "Sì" rispose semplicemente squadrandolo dall'alto con sguardo ostile.
    "Beh?" Chiese spazientito Oikawa, in attesa di una risposta.
    "Sono io" lo informò il professor Ushijima.

    Oikawa sbiancò per un attimo. Poi l'orgoglio ebbe la meglio, ed alzò lo sguardo su di lui, in un altezzoso invito a sfidare la sua ira.
    "Sono Oikawa-"
    "Lo so"
    Il modo in cui Ushijima interruppe la sua presentazione lo irritò oltremodo.
    "Lo avrà capito dalla lettera" sibilò Oikawa stringendo ancora di più la suddetta e mettendo l'accento su quell'ultima parola.
    "No. I suoi occhi"
    Tooru rimase così spiazzato che inizialmente si scordò perfino per quale motivo fosse lì. Doveva aver sentito male.
    "Come, scusi?" lo invitò a ripetere, ancora decisamente convinto di aver scambiato le sue per altre parole.
    "I suoi occhi. Scusi se mi permetto, ma sono gli stessi occhi di suo figlio".

    Ci fu un silenzio imbarazzante, fin troppo lungo per i gusti di Tooru. La sua rabbia aveva lasciato il posto a curiosità. Come faceva un professore che aveva probabilmente una decina di classi (vista la vastità dell'edificio) a ricordarsi un dettaglio del genere?
    "Voleva discutere...?" Oikawa tornò alla realtà, ancora un po' disorientato. Osservò i suoi occhi severi spostarsi dalla sua figura al corridoio dietro le sue spalle. "Di cosa?" chiese, accorgendosi in un secondo momento della stupidità di quella domanda.
    "Della sospensione provvisoria di suo figlio" gli ricordò il professor Ushijima.
    "Ah, sì, certo"
    "Mi segua, signor Oikawa, possiamo parlarne in privato nel mio ufficio".

    Tooru eseguì l'ordine e si incamminò per i corridoi con quell'uomo dello sguardo grave. Un po' di passi dietro di lui, poté osservare con discrezione i suoi lineamenti. Spalle larghe, torace ampio, gambe forti. Indossava un cardigan color panna e un paio di pantaloni kaki. Mocassini marroni che gli fecero storcere il naso.


    Una volta chiusa la porta dell'ufficio alle spalle (sulla quale si leggeva a caratteri dorati "Professor Ushijima Wakatoshi") lo invitò a sedersi, mentre lui faceva altrettanto al di là di una pesante e scura scrivania in mogano. Oikawa si accomodò sulla sedia girevole accavallando le gambe e sporgendosi in avanti, verso il suo interlocutore. Il taglio pietoso dei suoi capelli era stranamente in armonia con il resto del personaggio. Un uomo rigido, austero, di poche parole, ligio al dovere. O almeno questa era l'impressione che Oikawa ne aveva ricavato in quei primi dieci minuti.

    "Suo figlio, signor Oikawa, manca di rispetto ai professori e cosa ben più grave, ai suoi compagni".
    Oikawa fece una smorfia al modo diretto in cui quell'uomo si stava rivolgendo a lui. Non era abituato a tale schiettezza. "Beh, la sua pagella è impeccabile" protestò Tooru, una nota di irritazione nella voce.
    "I voti non fanno di una persona una buona persona, signor Oikawa. Se mi posso permettere, suo figlio manca di disciplina".
    Questa era buona! Un completo sconosciuto si permetteva di sputare sentenze sul suo modo di essere padre. "Signor Ushijima, l'educazione di mio figlio non le riguarda. È l'istruzione, di cui si deve occupare" sbottò incredulo Oikawa.

    Ushijima rimase un attimo a meditare sulle sue parole, mani giunte sul tavolo e sguardo sempre puntato su di lui.
    "Ciò che sto cercando di dirle, signor Oikawa, è che suo figlio non rispetta le regole. Per quanto riguarda il modo in cui viene educato non c'è niente che io possa fare. Non vorrei vedere un talento come il suo essere messo in ombra da un comportamento scorretto, tutto qua".

    Oikawa ritornò sui suoi passi. Forse quel professore dall'aria così inclemente era più preoccupato per suo figlio di quanto pensasse. D'altronde si ricordava perfino chi fosse. Solitamente i professori avrebbero aperto il registro e controllato, anche solo di sfuggita, i voti. Il signor Ushijima non solo non aveva aperto il registro, ma aveva riconosciuto in mezzo secondo di chi lui fosse padre.
    "Riconosco che Haruhiko possa essere un ragazzo sotto alcuni aspetti difficile, ma è un periodaccio per lui. Non ha preso bene il divorzio e... Mi creda, quando le dico che stiamo facendo il nostro meglio" spiegò Oikawa, abbassando per un attimo lo sguardo fiero con cui aveva sostenuto la conversazione.



    Il suo era stato un matrimonio vantaggioso, ma sterile. La relazione con Yui era stata fredda fin da principio. Consumavano pasti insieme, discutendo delle giornate passate nella ditta per la quale lei lavorava e le magagne che aveva dovuto affrontare Oikawa quel giorno. Una noia mortale. Quando Yui aveva espresso il desiderio di avere un figlio Oikawa aveva pensato che magari così il loro rapporto si sarebbe ravvivato, ma si era illuso. Haruhiko era un figlio modello: ottimi voti a scuola, sapeva padroneggiare pianoforte e clarinetto con eguale maestria, aveva amici ed era amato da molti. Era nato nell'illusione di una famiglia felice, però, e presto si era rivelata la sua condanna. Nei lunghi tragitti in macchina quando era il turno di Oikawa di accompagnarlo a scuola rispondeva ad ogni sua domanda con un silenzio agghiacciante. Il messaggio era chiaro: 'è colpa tua'. Tooru riconosceva di non essere stato un padre particolarmente affettivo, così come Yui non era la madre apprensiva che i figli si aspettavano di avere, ma vivere ancora con quella donna era una prospettiva che lo faceva rabbrividire. Il ragazzo si sarebbe abituato, d'altronde aveva ancora solo undici anni, e ferite come queste si rimarginano. O almeno così sperava Tooru. Ciò che lo aveva spinto a fare il grande salto nel vuoto era stata però la rivelazione che quegli anni insieme a Yui avevano portato con sé: l'attrazione per il suo stesso sesso. Non è una cosa che si scopre da un giorno all'altro, certo, ma diciamo che Oikawa aveva tenuto gli occhi chiusi così a lungo, che quella era stata una vera e propria epifania. Con quella, Tooru si riferiva alla serata in cui era capitato per sbaglio a Ni-choume, ed aveva visto un uomo. Un uomo ordinario, fuori luogo, proprio come lui. Si guardava intorno con aria circospetta. Stava aspettando qualcuno. Quando quel qualcuno arrivò (un ragazzo di appena vent'anni) lo prese sotto braccio e i due si allontanarono nei vicoli oscurati dalle nuvole brune cariche di pioggia. Tutto era cambiato da quel giorno. Guardare quell'uomo era stato come guardare in uno specchio: tutto gli era più chiaro. Ad Oikawa piacevano gli uomini, muscoli e tutto il resto. Piaceva l'idea di essere stretto a un petto compatto, circondato da braccia forti. Gli piacevano gli smoking impregnati dell'odore di sigaretta e della colonia, le mascelle ben definite, il sesso degli uomini. Sostanzialmente, gli piaceva tutto ciò che si era vietato di farsi piacere. Quella sera era tornato a casa zuppo di pioggia, senza aver aperto l'ombrello che si trovava intonso nella tasca del suo impermeabile. Yui lo aveva guardato da capo a piedi, labbra chiuse in una sottile indignata linea. Probabilmente lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.



    "Capisco" annuì Ushijima.
    Oikawa alzò nuovamente lo sguardo sul suo interlocutore e sorrise. Gli era venuto spontaneo sorridere. Non era più arrabbiato, solo incuriosito.

    "Cosa insegna lei?" Chiese guardandosi intorno nell'ufficio alla ricerca di indizi.
    Wakatoshi, colto di sorpresa da quella domanda, lasciò correre un po' di tempo prima di rispondere. "Letteratura".

    Nella stanza non c'era niente che indicasse la sua materia. Nessun poster, libro, appunto. Nulla di nulla.
    "Ah. Mio figlio ha i massimi voti anche nella sua materia" osservò. Ushijima annuì, un po' sconfortato dal fatto che adesso fosse Oikawa a porre le domande.

    "Dica un po', ha da fare stasera?"
    Tooru prese a tamburellare le dita sul ginocchio della gamba accavallata, passando in rassegna l'uomo seduto oltre la scrivania.
    "Mi scusi, ma non capisco l'attinenza di questa domanda con la questione dibattuta"; Oikawa scoppiò a ridere.
    "Lei parla così anche con sua moglie?"
    Ushijima, sguardo sempre cupo, mosse la sedia in avanti, quasi la trovasse improvvisamente più scomoda. "Non sono sposato, signore. Tornando a suo figlio..."

    "Prenderò i provvedimenti richiesti, Wakatoshi. Posso chiamarti Wakatoshi?"
    Ushijima non rispose, espressione indecifrabile.
    Oikawa si morse il labbro inferiore prima di continuare. Non era sicuro se il pesce avesse abboccato all'amo quindi tirare il filo in quel momento sarebbe stato rischioso. In fondo però, cosa aveva da perderci? Yui aveva espresso da tempo il desiderio di cambiare scuola per Haruiko, di trasferirlo in una che fosse più vicina al suo appartamento, ora che vivevano in due zone diverse di Tokyo.

    Il professore seduto davanti a lui era il suo tipo, tutto sommato. Gli piacevano gli uomini che sfioravano la mezza età, dall'aria greve. Era probabilmente uno di quegli uomini che non si masturbava neanche più prima di andare a letto, troppo preso da ricontrollare affari relativi al lavoro, annessi e connessi. Muscoli scolpiti. Doveva essere uno che andava periodicamente in palestra. L'unica cosa di cui Oikawa era sicuro, era che se avessero fatto una partita di braccio di ferro gli avrebbe portato via un polso.

    "Insomma, cosa fa stasera?" ripeté spazientito Oikawa.
    Ushijima poggiò i palmi sulla scrivania e si alzò. "Nulla. Non faccio nulla. Perché me lo chiede?"

    E bravo il pesciolino. Inutile dimenarsi, adesso che hai abboccato all'esca.
    "Sono mortificato per il comportamento di mio figlio, quindi volevo in un certo modo farmi perdonare, offrendole, che so, una birra...?"
    "Non bevo alcol. Sono astemio", gli rispose.

    Oikawa sorrise, un sorriso suadente che aveva sfoggiato molte altre volte e che sapeva avere un effetto disarmante sulla preda.
    "Oh, ma io sì invece. Le posso offrire un analcolico, qualsiasi cosa"

    Ushijima restò in silenzio ancora una volta. Dio mio, quanto erano snervanti quelle pause fra una risposta e l'altra. Wakatoshi stava pensando, poteva sentire gli ingranaggi del suo rugginoso cervello lavorare.
    "Suo figlio?"
    "È dalla mia ex-moglie per questa settimana. È il suo turno"

    Altro silenzio.
    "Cena. Vuole cenare con me?", chiese d'un tratto Wakatoshi. Quella domanda fu totalmente inaspettata. Un secondo prima, era Tooru che tentava di invitarlo ad uscire, dopotutto! Rimase esterrefatto.
    "Come?" Domandò. Doveva farsi controllare l'udito da un otorino bravo, perché ultimamente gli sembrava di sentire cose decisamente insensate.
    "La sto invitando a cena, signor Oikawa".
    "Cena? Stasera? Non credo sia possibile" sussurrò, un po' dispiaciuto.
    "Allora mi permetta di cucinarle la colazione domani".

    Ushijima stava guardando avanti, oltre la porta del suo ufficio. Stava pensando a qualcosa che a Tooru sfuggiva.
    "In che senso?"
    "Non ho nessuno da cui tornare neanche io. Quindi se me lo permette, la inviterei a casa mia per stanotte".
    Oikawa era ancora decisamente confuso. Un completo sconosciuto, con cui pensava avrebbe fatto solamente due chiacchiere, si stava per caso preoccupando per lui?


    Dolce. Ingenuo, ma dolce.
    "Sì. Mi farebbe piacere".
    Per mezzo secondo un sorriso corse sulle labbra di Wakatoshi.

    Il mattino seguente, avrebbe preparato la colazione al genitore di uno dei suoi alunni.
    E gli andava bene così.



    Edited by Medea MacLeod - 12/11/2016, 22:14
     
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    Bene, pulisco e smisto!
     
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