Bedtime III: Le mie Paure si Realizzano

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.      
     
    .
    Avatar

    Ser Procrastinazione

    Group
    Veterano
    Posts
    14,730
    Creepy Score
    +425
    Location
    Da qualche parte in Italia

    Status
    Anonymous


    << Parte 1

    < Parte 2

    Bedtime III: Le mie Paure si Realizzano:

    Alcuni giorni fa ho postato due resoconti spaventosi della mia infanzia, forse sarebbe meglio che li leggiate per comprendere appieno ciò che mi è accaduto. Sono stato costretto al silenzio, bloccato dall’irrazionale paura che in qualche modo, pur essendo passati diversi anni, se posso dirlo, quelle cose mi avrebbero cercato ancora una volta per devastare la mia vita.

    In nome della scienza e della ragione, ho affrontato queste paure e vinto quei ricordi tormentati una volta per tutte, condividendoli con gli altri e dimostrando loro cosa credevo che fossero: le allucinazioni di un ragazzo problematico. Ho mantenuto il mio scetticismo e la mia razionalità per tutta la vita, ho lasciato che determinassero la persona che sono, ma questa mattina mi è stata presentata una prova fisica e verificabile. La prova di ciò che io non so, ma che non può essere ignorato, e mi sembra così strano che negli ultimi giorni sia stato così contaminato dal timore e dalla sfortuna dopo aver finalmente rotto il mio silenzio, che non posso più affidarmi a spiegazioni del tutto convenzionali.

    Condividendo quelle esperienze traumatiche che ho avuto da bambino, sono stato afflitto da un opprimente senso di disagio. Inizialmente lo attribuii alla paura che ho sperimentato semplicemente raccontando e rivivendo quegli orribili eventi nella mia mente, ma col passare dei giorni l’ho sentito molto di più; una sensazione di morte imminente ha consumato ogni mio pensiero.

    Pur riuscendo a prendere sonno, non riuscivo a riposarmi. Ogni giorno mi svegliavo con l’ansia a mille, come se fossi stato privato del sonno da anni. Nulla di davvero spaventoso è successo le prime notti, nessuna visita, nessun compagno di letto non gradito, nessun respiro proveniente dal profondo dei muri della mia stanza, ma avevo sempre quella sensazione vagamente familiare di non essere solo.

    Non fraintendetemi, non ho percepito nessuno che fosse in stanza con me. Non ho sentito, odorato, o avvertito niente di lontanamente sovrannaturale, ma durante i miei giorni e le notti ho percepito qualcosa di sottile, quasi ai limiti della mia consapevolezza, la sensazione che qualcosa fosse sulla sua strada, che qualcosa stesse arrivando, come le prime sbuffate d’aria stagnante dal tunnel di una metropolitana, che annunciano l’arrivo di una mostruosità instabile e inarrestabile; sorprendente, tuttavia prevedibile.

    La mia sensazione di disagio cresceva ogni giorno sempre più, facendosi strada sotto alla mia pelle, nelle profondità della mia mente come un’infezione cancerosa. Ho provato a concentrare la mia attenzione su diversi progetti di scrittura, in un vano tentativo di riempire la mia mente fino all'orlo con altri pensieri, cercando speranzosamente di non lasciare spazio a quei ricordi contaminati, ma quei pensieri giunsero comunque.

    La mia ansia continuò a crescere finché non riuscii più a pensare ad altro. Dovevo fare qualcosa! Avevo studiato Psicologia per anni all'università, e con ciò sapevo che l’ansia era spesso il risultato di una perdita di controllo e che uno dei modi più efficaci per combatterla è quello di migliorare se stessi; questo è quello che intendevo fare. Chiamatelo essere temerari, ma stavo per tornare in quel posto, la casa in cui quei terribili eventi hanno avuto luogo. Stavo per affrontare quei ricordi e dimostrare ciò che erano, ovvero cose prive di senso.

    La mia vecchia casa era a un’ora di macchina, ma ero veramente esaltato. Ero fiducioso, a mio agio, felice; ero sotto controllo ora e nulla mi avrebbe fermato dal dimostrare che il posto che avevo temuto per tutta la vita non era altro che una comune, monotona, innocua casetta di periferia.

    Percorrendo allegramente prima le strade di campagna, per poi finire in autostrada, arrivai finalmente in città. A poco a poco le strade iniziarono ad assumere un aspetto familiare. I ricordi di quando giocavo in quel quartiere mi travolsero; un parco giochi con il mio scivolo preferito, un campo polveroso dove eravamo soliti giocare a calcio, il cortile della mia scuola in cui giocavo a nascondino e amicizie da tempo finite, ma mai dimenticate.

    La mia mente vagava tra i ricordi, come un figliol prodigo che ritorna a casa; andai avanti per così a lungo che, prima che potessi realizzarlo, stavo percorrendo la via in cui vivevo una volta. La strada era lunga e scompariva in lontananza, per poi finalmente terminare in un netto vicolo cieco. Era un vecchio quartiere, ed era stato progettato e costruito molto tempo prima dell’avvento dell’auto; si capiva dalla ristrettezza delle sue strade, che creavano una strana sensazione di claustrofobia, come se le case su entrambi i lati si levassero sbirciando i passanti.

    Rallentai e gettai lo sguardo su una casa che avevo sorpassato. Era un luogo omogeneo, nessuna casa sembrava essere diversa. Il mio cuore improvvisamente iniziò a battere più velocemente mentre un brivido percorse la mia spina dorsale; eccola lì, ecco la casa! Era tardo pomeriggio e la strada era silenziosa, quasi deserta. Fissai quel piccolo posto chiedendomi come potesse una casa così ordinaria instillare in me tanta paura.

    Inizialmente la mia intenzione era quella di guardare la casa da lontano, confermandomi così che era una struttura concreta, che tutto poteva avere una spiegazione e rimuovendo dalla mia mente tutto ciò che c’era di strano. Ma, nel momento in cui parcheggiai, feci un profondo respiro e prima che potessi essermene reso conto ero fuori dalla mia auto, a camminare verso la vecchia porta metallica, le cui forme floreali una volta luminose erano ora oscurate dal passare del tempo, rivelando nulla di più che la ruggine sottostante. Feci scivolare le mie dita sulla superficie irregolare e con un piccolo sussulto, la spinsi fino ad aprirla.

    Camminando lungo il viale, rimasi scioccato da quanto fosse rimasto incurato quel giardino. Pensai tra me e me che fosse un peccato, considerato il bel prato che era, che ormai era stato tutto oscurato da un fitto mosaico di erbacce e di altre piante invasive, ma, avvicinandomi alla casa, capii il perché. Ancora una volta un brivido si insinuò in me, e, mentre l’ansia cresceva, feci ricordo al mio mantra razionale:

    “La spiegazione più semplice è solitamente quella corretta”.

    Pensai quindi a causa della situazione economica attuale che la casa fosse stata in vendita per qualche tempo e che il proprietario non fosse a conoscenza del fatto che l’impatto visivo conta molto. Guardandomi intorno, non riuscii a scorgere nessun cartello con su scritto “In vendita”, né qualche segno che la casa fosse abitata. Sembrava davvero che l’abitazione fosse stata dimenticata, abbandonata e lasciata a marcire.

    Le finestre della parte frontale della casa erano sporche ed era quasi impossibile vederci attraverso, ma mentre vagavo dietro all’edificio, potei vedere più chiaramente l’interno. Immaginavo che una casa in simili condizioni fosse vuota, ma, al contrario, era interamente occupata da orpelli moderni. Riuscii a vedere una televisione posizionata in un angolo del salotto, un tavolino con su delle riviste sparse, diversi mobili che sembravano essere ancora funzionanti e un paio di tazzine da caffè sul davanzale della finestra, coperto di muffa. Avrei immaginato che la casa fosse abitata, se non fosse stato che uno spesso strato di polvere ricopriva tutto, accompagnato occasionalmente da delle ragnatele.

    Sembrava come se gli occupanti più recenti avessero lasciato di fretta la casa, per non ritornarvi più.

    Attraversando un mare di erba che mi arrivava alla vita e diversi cespugli, arrivai a quella piccola e innocua finestra sul retro della casa. La sola vista di essa mi spaventò, ma questo era dovuto a un ricordo e non alla sensazione di essere osservato da dentro, come mi capitava da bambino. Sbirciandovi, la camera mi sembrava stranamente familiare. Suppongo che non ci sia molto da cambiare in una stanza così piccola e così stranamente stretta, ma attraverso il vetro sporco la camera sembrava quasi essere rimasta la stessa dall’ultima volta che ci ho dormito. Un letto, una serie di cassetti e quello che sembrava un assortimento di giocattoli sul pavimento.

    Un profondo senso di rabbia mi pervase per un momento, ma andò presto via dalla mia mente. La stanza era chiaramente quella di un bambino e il pensiero che fosse stato danneggiato un altro innocente mi riempiva di disprezzo solo a pensarci, e dentro di me cresceva il desiderio di proteggere ogni bambino da un tale abominio.

    Mentre guardavo quel muro, vicino al quale c’era un letto, i peli dietro al mio collo si rizzarono. Per un attimo (neanche una frazione di secondo) pensai di aver visto qualcosa muoversi sopra al letto. Ma c’è di più, attraverso il vetro di quella finestra avrei giurato di aver sentito un rantolo affannoso. Chiudendo gli occhi fermamente, mi ripetei un incoraggiante pensiero razionale:

    “La scienza non deve niente alla fantasia”.

    Aprendo i miei occhi non vidi altro che una camera da letto vuota. Non vi erano spiriti immondi, né creature ultraterrene; solo una camera, niente di più, niente di meno. Tirai un sospiro di sollievo, come se tutto fosse finalmente in armonia con il resto del mondo dopo molti giorni. Potreste pensare che fosse un misero pensiero per autoconvincermi, ma sinceramente sentii di avermi dimostrato che non c’era nulla da temere, oltre alla mia immaginazione iperattiva.

    Stava cominciando a fare tardi e avrei voluto tornare a casa prima che diventasse buio. Pieno di fiducia, ora che le mie ultime ansie mi avevano abbandonato, c’era un’ultima cosa che dovevo fare. Quando lasciammo questa casa, lo facemmo in gran fretta. In quanto bambino mi disorientò parecchio, ed era anche spaventoso lasciarmi addietro tutto ciò che avevo conosciuto fino a quel momento, ma c’era un’ultima cosa rimasta che mi sono sempre chiesto.

    In fondo al giardino vi era un albero di sicomoro che sembrava essere ancora più antico della stessa casa. Rimasi stupito dal quanto invariato fosse rimasto. Ero cresciuto, avevo conosciuto nuovi posti, ma il vecchio sicomoro era ancora in piedi, vecchio, accogliente, quasi amichevole nel suo aspetto.

    Penso che sia il rito di passaggio di ogni bambino avere un posto in cui nascondere le proprie cose. È spesso la loro prima esperienza con l’autonomia, qualcosa che rimane lontano da ogni figura autoritaria. Per me, il mio “nascondiglio” si trovava a metà altezza del vecchio sicomoro. Sono sicuro di essere sembrato uno sciocco, ma mi arrampicai felicemente e allegramente all’albero. La configurazione dei rami era cambiata in alcuni punti, ma nel complesso i ricordi felici di mentre giocavo tra le braccia del vecchio sicomoro, di avere un piccolo pezzo di mondo lontano da tutto il resto, sembravano vividi, tanto quanto era notevole il fatto che non fosse cambiato.

    A metà strada presi il respiro e sorrisi a me stesso. Al centro del tronco c’era una cavità. Che sia stata fatta da un animale o che fosse la cavità lasciata da un ramo indebolito distrutto tempo addietro da una tempesta, non lo posso dire con certezza, ma era lì che custodivo le mie cose. Se trovavo qualcosa che gli altri avrebbero ritenuto “inadeguato”, via nella cavità. La verità è, però, che la maggior parte del materiale all’interno non era poi così interessante, perlopiù erano solo giocattoli e raramente pezzi esotici di contrabbando, come una fionda o alcuni fumogeni. Non avevo motivo per nascondere i giocattoli, ma quando si è giovani ci si sente avventurosi nell’avere un segreto.

    Il buco era buio e riempito con foglie marce, senza dubbio depositatesi lì da innumerevoli autunni, tuttavia riuscii a raggiungere l’interno per vedere cosa fosse rimasto. Non ci potevo credere! Avevo trovato un giocattolo che avevo nascosto prima del trasferimento, diversi anni fa! Sentivo la plastica in mano, gli spigoli inconfondibili, ma le foglie e il buio della cavità lo nascondevano dalla mia vista e lottai per rimuoverlo dallo spesso e umido mucchio di foglie marce e acqua piovana. Sembrava essere rimasto incastrato in un insieme di piccoli ramoscelli.

    La ragione per cui ero così emozionato era che sapevo che quando ci eravamo trasferiti avevo lasciato uno dei miei giocattoli preferiti nella vecchia casa, un piccolo soldato inglese di plastica della prima guerra mondiale. Può sembrare poco, ma sono cresciuto con le storie delle avventure di mio nonno durante entrambe le guerre, e poiché lui era morto prima che io nascessi, mi divertivo a ricreare delle versioni esagerate di queste storie con questo piccolo soldatino avente il ruolo dell’eroe: il mio intrepido nonno. Ai tempi, credevo che un buco nell’albero fosse un nascondiglio perfetto per un soldato.

    La mia gioia, però, si trasformò ben presto in orrore. Mi sentii male poiché, mentre credevo di star tirando fuori il soldato, mi resi conto che quello non era il mio giocattolo, bensì qualcosa di totalmente diverso. Nella parte più profonda della cavità, in mezzo alla fanghiglia, che ora era nella mia mano, c’erano i resti scheletrici di un piccolo animale. Le ossa scricchiolarono alla mia presa, mentre piccoli residui di pelo e carne putrefatta mi si appiccicarono alle dita. Persi quasi l’equilibrio nel momento in cui il forte odore di cadavere uscì dalla cavità, confondendo i miei sensi.

    Scesi con attenzione, avvilito. Non c’era nient’altro nella cavità, il mio giocattolo era sparito, probabilmente preso da un altro bambino nel corso degli anni successivi. Ciò che restava del povero animale, l’ho sepolto sotto la morbida terra del giardino.

    Lasciai quel posto immediatamente.

    Nonostante il mio sfortunato evento con l’albero, mi sentivo più forte. Il fatto che avessi davvero avuto il coraggio di rivisitare quel posto, per vedere quanto ordinario fosse, mi fece riguadagnare il controllo delle mie facoltà. In quel momento non sentivo la necessità di altro se non spiegazioni convenzionali.

    Dissi addio al vecchio quartiere, a quel brutto ricordo, una volta per tutte e mi diressi verso casa. Bastò il tempo di raggiungere l’autostrada, che qualcosa si insinuò nel mio subconscio. In un primo momento lo ignorai, ma nel momento in cui il sole lasciava risplendere i suoi ultimi raggi all’orizzonte, sentii crescere in me un bisogno. Un’idea che sembrava essere nata e nutrita da nessun buon motivo. Nessuna logica, era una di quelle che devono essere portate a termine, a tutti i costi…

    Devo tornare a casa!

    Aumentai la velocità, cercando di sorpassare le vetture più lente in autostrada, guardando allo specchio retrovisore, cercando qualcosa che potrebbe avermi seguito.

    Dovevo tornare a casa!

    Ancora, guidai più velocemente mentre ero alla costante ricerca di un inseguitore invisibile. 70, 80, 100 miglia all’ora! Attraversai la strada all’impazzata, suonai, urlai e il sudore grondava. Cosa mi stava succedendo?!

    Per favore, lasciami tornare a casa!

    Con le nocche ormai bianche, finalmente abbandonai l’autostrada per raggiungere le strade di campagna che mi avrebbero portato direttamente alla mia città. Le strade erano strette e avvolte dalla campagna ora cupa e minacciosa. L’oscurità sembrava ricoprire la strada davanti a me. Misi gli abbaglianti e tirai un sospiro di sollievo nel vedere ancora la luce, seppur artificiale. L’ansia maniacale che sembrava essersi impossessata di me in autostrada pareva essere diminuita, tuttavia continuai a dare occhiate allo specchietto retrovisore più spesso di quanto avrei dovuto, solo per essere sicuro che nulla mi stesse seguendo.

    Che pensiero ridicolo! Pensare che qualcosa stesse seguendo la mia auto! Mettere me ed altri in pericolo accelerando in autostrada… follia!

    Ma comunque, follia o meno, sentivo il bisogno di allontanarmi il più velocemente possibile e, anche se ero riuscito a calmarmi, la solitudine sulla strada era alimentata dalla nostalgia per il mio paese, la mia strada, il mio letto!

    Nervosamente, attraversai le strade a rete e tortuose che percorrevano la campagna, avvertendo un senso di sollievo nel vedere un lampione, segno di civiltà, dei confini della mia città. Arrivai a casa, spensi il motore e rimasi seduto in silenzio. Dovevo finirla con tutti questi nosense! Cose che escono dai muri, osservatori che mi soffocano la notte, guardare attraverso la finestra di qualcuno come un ladro, tutto ciò era pazzia!

    Domani vorrei riiniziare da zero, niente più racconti delle mie esperienze d’infanzia, niente più notti piene di terrore. Voglio solo tornare alla normalità, a svolgere il mio lavoro, a passare il tempo con la mia ragazza e soprattutto a ribadire la mia convinzione, fede e fiducia nella scienza e nella razionalità.

    Poi la cosa sul sedile posteriore si piegò, mi afferrò una spalla ed emanò un respiro schifoso, rancido, dal profondo dei suoi polmoni per poi poggiarsi sul mio collo. Cercai di aprire la portiera, le mie braccia si agitarono in cerca della maniglia. La paura mi possedeva, mi scosse; una paura che ricordavo fin troppo bene, una paura di tanti anni fa, che giaceva di notte in quella stanza nauseante. L’interno dell’auto diventò sempre più freddo, ma non era nulla in confronto alle gelide dita che scavavano nella mia spalla.

    Sinceramente, pensavo di star per morire, che questa creatura avrebbe finalmente raggiunto il suo scopo dopo tutto questo tempo.

    Riuscii ad afferrare la maniglia della portiera e preso dal panico caddi fuori dal posto di guida, sul marciapiede. Per un brevissimo istante pensai di aver intravisto qualcosa sul sedile posteriore; vago, dalla forma di un vecchio, con un contorto e distorto sorriso che andava da orecchio a orecchio. Per fortuna non c’era nessuno in giro, se ci fosse stato mi avrebbe preso per un matto, dal momento che la macchina era vuota. Afferrai le chiavi d’accensione dall’auto e spinsi col mio piede la portiera, chiudendola per la notte.

    Barcollai lungo il sentiero di casa mia. Non ho intenzione di mentirvi, ma mi ubriacai per indurmi il sonno, la scorsa notte. Vi ricorderete di quando ho detto di avere una prova fisica e reale di qualcosa di innaturale. Vi chiederete cosa possa essere. Beh, potrei dirvi che sono stati i segni che sono rimasti sulla mia spalla a farmi rabbrividire dalla paura, o che sono stati i segni d’artiglio sulla finestra che stamattina ho trovato aperta a lasciarmi terrorizzato questa notte, o in qualunque altra. Ma no, è stata una delle cose che ho visto oggi al mio risveglio.

    A volte i più spaventosi dei messaggi sono i più semplici, perché sul mio petto, quando mi svegliai questa mattina, giaceva un soldato giocattolo, il soldato che avevo nascosto in quella cavità tanti anni fa; ritornato a me da adulto, morso a metà.

    > Parte 4


    Edited by & . - 24/6/2020, 15:15
     
    .
  2.      
     
    .
    Avatar

    Can't rain all the time.

    Group
    Veterano
    Posts
    1,909
    Creepy Score
    +180
    Location
    Napoly

    Status
    Offline
    The great comeback. Ripulisco e smisto~
     
    .
1 replies since 30/10/2016, 21:36   166 views
  Share  
.