La tomba vuota

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    ''Potrebbe essere un tempio importante per la loro religione... o qualcosa di simile, tipo una specie di loro cattedrale... ''
    Con queste parole un uomo chiuso nel suo impermeabile scuro accompagnava il gracidio meccanico dei mezzi pesanti, intenti a far emergere dal fango quelli che un tempo dovevano figurare come imponenti basamenti di pietra, ora così tanto incrostate di fango da rimaner sudicie anche sotto la pioggia incessante.
    ''Proprio per questo sono assolutamente contrario all'utilizzo di mezzi simili per spiantare dalla terra quello che in Austria avrebbe un museo dedicato dopo massimo un mese dalla scoperta''
    Ringhiò un ragazzo sul metro e settanta in tuta sportiva, stringendo i pugni in una mistura di rabbia e desolazione, tradendo ancora più la sua natura di studioso.
    ''Sai come vanno le cose qui, e soprattutto come va il nostro malandato stato... Occhio non vede cuore non duole, Aurelio. La gente non vuole musei, ne abbiamo anche troppi, e io sono qui per questo no?''
    Disse l'uomo rinchiuso nella lunga cerata nera, mentre alcune gocce di pioggia gelida scorrevano sui rozzi tratti somatici.
    ''Siamo amici, non è vero?''
    Domandò l'uomo, accendendosi una sigaretta e accorgendosi dell'espressione del suo compare.
    ''Si, ma anche molto diversi''
    Sospirò Aurelio, mentre i suoi occhi color rame risplendevano nella nebbia di quella piovosa mattina.
    ''Allora ti faccio un regalo: tra sette giorni quella... specie di fossa verrà ricoperta da una colata di cemento che la sigillerà per sempre, hai tutto nella settimana che gli rimane sei libero di farti un giretto la sotto, tanto tu l'hai studiata quella roba, non è vero? E già che io non me ne faccio nulla... tieniti ciò che trovi''
    Ammise l'uomo, mentre un lungo sorriso si delineava sulle sue labbra rugose, tradendo una ferma convinzione di giustizia.
    Lo studioso annuì, abbozzando un sorriso precario quanto l'attuale stato dell'archeologia, mentre le ruspe si zittivano, cavando fuori l'ultimo pezzo vendibile almeno al mercato nero: un bassorilievo di bronzo rappresentante una strana divinità.
    Ricordava vagamente Turan, per le lunghe ali che partivano da quelle che sembravano le spalle. ''Sembravano'' perché quelle non erano, realmente le spalle, o almeno il pessimo stato di conservazione non lasciava intendere la vera natura del nume.
    La cosa più interessante che Aurelio riuscì a adocchiare era che, quello che sembrava il volto, era stato deturpato, non dallo scorrere dei secoli, ma era stato letteralmente amputato, con martello e scalpello, probabilmente dal suo stesso creatore.
    Un brivido di curiosità percorse la schiena dell'archeologo.
    '' Claudio... posso cominciare adesso?''
    Domandò, girandosi lentamente.
    ''Ovviamente ragazzo, divertiti e magari fa qualche soldo con... anfore e cose così, se le trovi''
    Sorrise il vecchio amico, sghignazzando e facendo risuonare i rauchi sintomi di tutta quell'umidità.
    Dopo qualche fugace sguardo ai dintorni Aurelio cominciò la sua camminata verso la fossa, che dopo qualche passo rivelò delle massicce fondamenta di pietra.
    Bastarono pochi, repentini balzi sul terreno scivoloso per raggiungerle.
    Dovette ammansire il suo spirito da ricercatore, quando si rese conto di camminare su un pavimento vecchio come minimo di ventiquattro secoli.
    Sotto un dito di terra si potevano tranquillamente notare antichissimi intarsi, composti da file alternate di mattonelle rosse e nere. Ma il suo sguardo incontrò presto qualcosa di molto più interessante: un arco che si apriva a metà della fossa.
    La chiave di volta aveva retto per quasi tre millenni, resistendo anche al prelievo del fregio che la abbelliva, coronata da quella strana divinità senza volto.
    L'arco dava su quella che appariva come una scalinata, che continuava fino a perdersi nelle linee sfumate di un buio talmente profondo da risvegliare l'angoscia nella mente dell'archeologo.
    Non c'era niente oltre alla sfocato bagliore del cielo, affollato di nuvole grigie.
    La in fondo, la luce non sembrava contare, erano troppi secoli che non vi giungeva.
    Aurelio fece scivolare una mano nella tasca dei pantaloni, stringendo le dita intorno a una minuscola torcia, per poi puntare il suo tenue fascio di luce nell'oscurità.
    I suoi passi risuonarono nel più completo silenzio, mentre i suoi piedi scivolavano nelle tenebre.
    Presto le ultime tracce di luce cominciarono a defluire sopra la sua testa, mentre il condotto si faceva sempre più ripido e anche il suono della pioggia scrosciante si ammutoliva.
    Di colpo la torcia riuscì a scalfire la scorza di quell'oscurità millenaria, che rivelò quella che sembrava una sorta di cella.
    Gli occhi dello studioso si rifletterono sulle imponenti pareti di pietra, mentre notava un infinità di incisioni, accompagnate da piccoli volti di terracotta che riuscì a identificare solo in un secondo momento come tali.
    ''La copertura fittile non è stata danneggiata...''
    Ammise tra se e se, inspirando l'aria fredda e gonfia d'umidità, ammirando il volto di Tinia, che col suo aspetto possente capeggiava la schiera delle divinità.
    Era incredibile che quei bassorilievi fossero ancora lì dopo decine di secoli.
    Il fascio della torcia guidò l'attenzione del ricercatore più in basso, lontano dagli architravi dove le divinità celesti avevano dimora.
    Tra i visi resi anonimi dal tempo sbucarono due volti conosciuti tra universitari e archeologi: Aita il dio dell'oltretomba e Charun, l'ambigua guida delle anime, con il suo pesante martello stretto tra le mani.
    Intorno a loro una corte di demoni e furie dai volti sbiaditi, che permisero un'altra osservazione: qualcosa di molto strano si poteva notare.
    Quegli dei non erano fermi.
    Erano raffigurati in movimento, come se stessero scappando da qualcosa.
    Solo Aita rimaneva fermo, ma i suoi rozzi lineamenti di terracotta rivelavano una profonda angoscia.
    I suoi occhi scorsero sulla lunghissima lastra di creta, fino a giungere a qualcosa che arrivò a un passo dal turbarlo.
    Una figura era stata presa a martellate, non rimaneva niente, se non un'iscrizione praticamente illeggibile, di cui rimanevano solo pochi segni.
    Qualsiasi cosa fosse, per gli antichi era capace di far capitombolare l'ordine divino.
    L'archeologo girò lo sguardo, notando che la galleria continuava, scendendo ancora di più nelle viscere della terra.
    Il silenzio si fece sempre più assordante mentre Aurelio, spinto da una curiosità insaziabile scendeva la scalinata successiva.
    Di colpo gli sembrò di sentire qualcosa da quanto vuota era la sua mente, e da quanto era profondo il silenzio, che permetteva forse anche ai suoi stessi pensieri di risuonare nel nulla più assoluto.
    Aurelio si bloccò di colpo, capendo di avere urtato qualcosa con il piede.
    Di scatto puntò la luce contro ciò che si trovò davanti, rivelando un'angosciante scoperta: un grande blocco di granito, perfettamente intagliato al centro.
    Un brivido colpì la schiena di quell'improvvisato scopritore.
    Stava iniziando a immergersi in enigmi ben più grandi di lui.
    Aveva notato qualcosa, qualcosa che non sarebbe mai e poi mai dovuto trovarsi lì.
    La solita scritta confusa si trovava anche laggiù, in quel blocco di granito che il popolo etrusco non avrebbe mai potuto lasciare, era qualcosa di molto più antico.
    Ma non era neanche questa la cosa a aver percosso la schiena di Aurelio con un brivido: c'era qualcosa, in qualche modo, rannicchiato sul fondo del sarcofago.
    Non era una statua e soprattutto non era un essere umano mummificato, era qualcosa che non voleva e non poteva vedere.
    La sua mente rifuggì quella visione e si isolò nel silenzio.
    I suoi sensi vennero rapidamente meno, ma non svenne, rimase cosciente senza di loro.
    Presto i confini tra Io e realtà cominciarono a farsi sempre più sottili, mentre un suono affollava di colpo l'oscurità più profonda.
    Avvertì solo il suo peso cedere e i suoi occhi chiudersi, mentre la sua mente si perdeva rapidamente in visioni tanto meravigliose quanto indescrivibilmente terrificanti.
    Il suo Io si perse in quelle linee sfumate che gli antichi filosofi traducevano con inni e calcoli infiniti, mentre il tempo cessava di avere valore. I suoi occhi color rame si riaprirono di scatto, mentre riprendeva coscienza di dov'era e cosa ci faceva lì.
    Il tempo non bastò a risolvere quegli interrogativi.
    Qualcosa si mosse nell'oscurità.
    Un urlo straziante riecheggiò nel silenzio, mentre il giovane archeologo fuggiva, appellandosi a tutte le sue forze per sottrarsi a un destino che era stato volutamente tenuto taciuto per millenni.
    Presto il suono dei suoi passi venne come inglobato dal silenzio, che nonostante le sue urla, i suoi affanni e i suoi movimenti rimaneva indistruttibile.
    Lo studioso riuscì a captare con la coda dell'occhio la seconda sala, con i suoi bassorilievi e per un attimo la speranza riempì la sua mente.
    Un tonfo spezzò il silenzio, prima che esso si riappropriasse della cella.
    Una colata di cemento bloccava l'arco da cui era entrato.
    Cominciò a battere e a spingere sul pesante materiale finché non sentì la pelle delle mani lacerarsi e sanguinare.
    iniziò a urlare, ma era come se il silenzio divorasse ogni suono.
    Nessuno poteva sentirlo ora, rimase totalmente solo.
    A esclusione dei suoi battiti cardiaci impazziti ogni suono si era zittito.
    Di colpo qualcosa emerse dal silenzio.
    Un battito costante, unito a un sibilo continuo.
    Non era un suono definito, o meglio, non era un suono definibile.
    Ci sono cose che gli uomini non possono capire, ci sono cose che gli uomini non devono sapere.
    L'ultima cosa che il giovane capì era il significato di quei simboli sconnessi, trovati nella sala dei bassorilievi e sul sarcofago.
    ''Colui che abita l’ombra''.

    Edited by Rory - 22/3/2016, 19:53
     
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    Questo racconto mi è piaciuto molto, apprezzo quando un autore qui sul forum osa e sceglie di creare una trama e dei personaggi ben definiti. Hai saputo far crescere la tensione man mano che il lettore scorreva il testo e, parallelamente, il protagonista scendeva nella galleria, avvicinandosi al sarcofago. A pensarci il soggetto non è neanche originale, ma trattandosi di una HS e non di una CP non conta affatto il mindfuck finale, quindi ottimo lavoro.
    Sistema gli errori segnalati da Dogmeat (trattandosi di semplici correzioni e non di modifiche strutturali io la terrei qui), poi possiamo smistare in HS

    Libertus1998 Devi modificare tutto ciò che ti ha suggerito Dogmeat, soprattutto quello che riguarda i dialoghi
     
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    Dunque, smisto seguendo le nuove regole dello smistamento.
     
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    Soprattutto la prima parte mi ha ricordato molto "Chimaira" di Valerio Massimo Manfredi
     
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    CITAZIONE (LeoJackson98 @ 22/3/2016, 22:16) 
    Soprattutto la prima parte mi ha ricordato molto "Chimaira" di Valerio Massimo Manfredi

    Si, hai azzeccato un po' delle mie ispirazioni :D
     
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4 replies since 23/2/2016, 15:17   266 views
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