| Prima del racconto mi sembra giusto fare una premessa. Questa storia è stata già sottoposta al vostro giudizio ( qui) e cestinata, ma non per i vostri voti, bensì perché era stata spostata in WiP per voler mio e poi, per alcuni motivi non ho potuto finire il lavoro; mi hanno invitato a modificare entro 48 ore, ma non essendo stato disponibile non ho modificato e il tutto è stato cestinato. Ora, dopo un po' di tempo -controllando le mie discussioni- ho notato questo racconto perduto, lo ho riletto, e ho provato lo stesso mindblown, leggendo il finale, di quando lo scrissi tempo fa. Questa volta, per il motivo appena citato, non ho intenzione di modificare il finale come volevo fare l'ultima volta e inoltre ho postato in fantasy invece che in HS come ho fatto la prima volta: credo infatti che questa storia sia più fantasy o drammatica che horror. Comunque voi siete i giudici quindi adesso a voi la parola. Buona lettura.
Le prime apparvero all'alba sulla costa. Dei ragazzi stavano giocando a palla quando si accorsero della loro stranezza. Grandi bolle sgonfie, traslucide. Alcune di forma ovale, altre oblunghe, altre di forme irregolare, come un frutto flaccido e malformato.
Al tatto non erano viscide, ma avevano la consistenza della pelle di un animale. Gli abitanti di quella piccola cittadina non ci fecero molto caso, la loro attenzione era attratta dalle notizie di avvenimenti che stavano sconvolgendo l’umanità. Si erano contate circa duemila città sparite nel nulla negli ultimi due mesi: l’intera Manhattan in una notte scomparve nel nulla e le acque dell'Hudson River presero il posto dell’isola dove il giorno prima sorgeva fiorente l’illuminata New York. Cuba, Haiti, queste le più importanti isole scomparse, seguite dall'arcipelago delle Hawaii, dalle Bermuda e dalle Maldive. Le città che non sorgevano sul mare erano invece sostituite da pianure aride e deserte separate dal resto del mondo da un enorme spaccatura nella crosta terrestre. L’umanità intera era sconvolta. Il livello del mare si abbassò vertiginosamente, i sonar inviati dalle navi che sostavano sopra le isole scomparse non servirono a nulla se non a confondere sempre di più l’umanità. Ormai si contavano venti città scomparse ogni giorno. L’umanità si stava estinguendo. Presto si scoprì che anche le foreste e le lande ghiacciate svanivano nel nulla lasciando il posto a zone aride.
Due giorni dopo l’apparizione delle bolle nella cittadina, ne fu trovata una decina in una zona morta, così chiamavano gli scienziati le zone dove prima sorgevano foreste, praterie o intere città.
La piccola cittadina invasa da quelle bolle, adesso si animava di squadre di scienziati provenienti da tutto il mondo intenti a studiarle. Poco tempo dopo gli scienziati dichiararono che non si trattava di forme di vita. Appena qualcuno provava ad aprirle queste si dissolvevano ed emettevano una specie di grido. Alcuni scienziati ritenevano che ci potessero essere gas sconosciuti che provocavano allucinazioni visive e uditive, ma non c’era niente di sicuro. Le bolle continuavano a moltiplicarsi di giorno in giorno e ormai era diventato un hobby, per teppisti vecchi e giovani, farle scoppiare.
Circa due settimane dopo la diffusione delle bolle, la cittadina di soli 3000 abitanti andò nel panico. Si diffuse la voce che la prossima a sparire potesse essere proprio quella cittadina e che le bolle fossero una sorta di avvertimento.
Una donna si buttò da un tetto stringendone uno tra le braccia, e subito si sostenne che avessero un potere malefico. Ma la conclusione era che, con ogni probabilità, si trattava di grosse, anomale gocce di pioggia, che l’inquinamento aveva reso mutanti, mostruose. La situazione, nonostante le rassicurazioni degli scienziati, stava diventando insostenibile.
Finché una sera, uno scienziato più cocciuto degli altri stava studiando una bolla che aveva trovato nel giardino. L’aveva stesa sul tavolo, oblunga e lucente, e guardava i suoi cambiamenti di colore.
Entrò il figlio di sette anni.
Osservò con attenzione e disse: – Io so cos'è.
Lo scienziato rise.
– Non ridere, papà – disse il ragazzo. – Quella è quell'isola dove hai detto che volevi andare. Me l’hai raccontato il mese scorso, quando hai detto che volevi andare a lavorare lì, per studiare le malattie degli indigeni. Vedi, dentro si vede, il mare e l’isola. Se ascolti, puoi sentire le voci di quegli uomini lontani.
Sulle prime non volle convincersi. Fece altre analisi. Il figlio lo guardava scuotendo la testa.
Finché una sera, alla luce del tramonto, lo scienziato vide chiaramente dietro la materia opalina l’immagine di una donna che aveva amato su quell'isola.
Così capì: quelle bolle erano sogni trascurati, mai coltivati con cura, mai seguiti con passione. Sogni perduti senza combattere, sogni buttati via.
Lo scienziato ne parlò con il suo capo. Quello non gli credette, anzi si arrabbiò, sembrava che quell'idea lo sconvolgesse.
Disse che ormai quelle strane bolle stavano diminuendo, non valeva la pena di rinfocolare l’interesse.
Guai a lui se diffondeva quella assurda teoria.
Infatti scomparvero.
Il comune licenziò gran parte degli operatori addetti alla ripulitura. Un libro, Il mistero delle lacrime aliene, neanche arrivò in libreria. Un'ultima bolla, chiusa in una teca del museo, si dissolse.
Poi, una mattina, la città si ritrovò immersa dentro una grande bolla trasparente. La gente respirava a fatica. E volti, parole, iniziarono ad appannarsi…
Edited by Rory - 4/9/2016, 17:15 |
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