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  1. .
    Vorrei raccontarvi un fatto alquanto strano che mi è accaduto la notte di Halloween.
    Come ben sapete Halloween è una festa amata da grandi e piccini. Per i più piccoli è un occasione per travestirsi da ciò che di solito li spaventa e per strafogarsi di dolcetti e porcate simili, per quelli più grandicelli come me è un occasione per fare baldoria in città.
    Ovviamente questo fu il mio caso, e devo dire che mi impegnai al massimo per essere completamente ubriaco alle 2 di notte.
    Un mio amico vedendo le mie condizioni drastiche si offrì di accompagnarmi a casa, salimmo in macchina e partimmo.
    Percorrevamo una strada di campagna, sapete no? Quelle piccole e buie prive di illuminazione.
    “Così arriveremo prima” mi disse.
    Circa a metà strada si fermò per fare benzina e bere un caffè in uno di quei bar che affiancano i distributori di benzina.
    Io rimasi in macchina, ma dopo qualche minuto sentii il bisogno di sgranchirmi le gambe e quindi scesi.
    Mentre camminavo notai che appena visibile, al di là della strada, in un campo abbandonato e pieno di erbacce risiedeva un capannone abbandonato, aveva tutti i vetri in frantumi e non aveva un portone.
    Non so bene cosa mi prese ma pensai che per chiudere in bellezza la serata sarebbe stato bello visitare un bel posto abbandonato.
    Così presi il telefono e mi diressi verso il capannone.
    Il capannone era scarsamente illuminato, l'unica luce proveniva dal flash del mio telefono, che non bastava per illuminare l'intero edificio.
    Avevo intenzione di farmi un giro in quel posto lugubre quando il mio telefono vibrò silenziosamente. Era un messaggio del mio amico.
    "Si può sapere dove cazzo sei finito?"
    Risi debolmente ancora in balia dell'alcol.
    "In una caverna"
    "Non dire cazzate"
    Mi feci una foto, così tanto per farlo cagare sotto, il mio amico è sempre stato un fifone ed ero sicuro che la foto di quel posto lo avrebbe agitato.
    E in effetti funzionò perché mi chiamò.
    Non feci neanche in tempo a parlare che cominciò a latrarmi addosso:
    "Dove cazzo sei? Sei nel capannone qua affianco?"
    "Stai calmo, sì sono qui"
    "Esci subito fuori, corri!"
    Non capii perché fosse così agitato, ma pensai che fosse a causa delle mie prese per il culo, così mi diressi verso l'uscita, incontrai il mio amico a metà strada, che mi aiutò a camminare più svelto.
    "Amico scusa, non dovevo giocare a fare il piccolo esploratore"
    "Che cazzo ti è preso amico?"
    "Ok, ammetto di aver fatto una cazzata, ma non c'è bisogno di latrarmi addosso"
    "Non hai visto la foto che mi hai mandato vero?" mi disse cupo.
    "Che ha che non va?"
    Presi il mio cellulare e la osservai.
    In primo piano c'ero io, circondato da vetri e da bottiglie rotte.
    Ma in fondo, al limite della luce emessa dal flash scorgevo qualcosa di più:
    sembrava qualcuno, con il volto coperto da una orribile maschera fatta di cuoio e ferro, sporca e di pessima fattura, che tentava di coprirsi gli occhi dall'improvvisa luce del flash.

    Edited by WDR - 4/12/2016, 19:55
  2. .
    Sento la pioggia cadere sul mio pesante cappotto mentre le campane della vicina Chiesa cominciano a suonare a lutto.
    Troppe, decisamente troppe volte ho udito queste campane e decisamente troppe volte ho udito i silenziosi pianti delle donne e dei bambini per i loro cari defunti.
    Tutto ciò deve finire.
    Cammino nelle strade oramai deserte, incurante della miseria che mi circonda. Decine e decine di corpi si ammassano grottescamente agli angoli delle strade e su i marciapiedi, cadaveri sempre diversi, cadaveri di giovani, di vecchi, di donne e bambini giacciono ai miei piedi e i loro occhi vitrei e spenti, rimangono come monito ai nostri fallimenti. Ogni giorno vedo la mia bella Parigi, immersa nella morte e nella decadenza.
    Questo nero demone sta vincendo la battaglia contro l’umanità.
    O almeno così crede.
    Questo nero demone continua a uccidere e a spezzare gli animi dell’uomo, ma io sono al di sopra dell’ignoranza dei medici e del popolo. Io sono il prescelto di Dio, io porterò questo nero demone alla morte.
    Sin da quando ero fanciullo udivo parole e frasi quando ero immerso nel più totale silenzio, udivo voci che inizialmente mi terrorizzavano e mi spaventavano ma che poi, imparando ad ascoltare, si rivelarono messaggi degli angeli di Dio. Mi parlarono di salvezza, mi parlarono di come avrei contribuito al bene dell’umanità.
    Studiai medicina con impegno e divorai testi esoterici nella speranza di contribuire a salvare il mondo. Attesi innumerevoli anni e finalmente l’occasione si presentò.
    L’uomo comune chiama questo male “Peste Nera” ma io so che l’origine di questo male non è da ricercarsi nei topi, bensì nel nome del nemico dell’uomo, Lucifero.

    Questi pensieri attraversano la mia febbricitante mente mentre silenziosamente entro nella mia modesta dimora.
    Sul tavolo la trovo ancora legata, tenta di gridare ma non può, le ho cucito le labbra, come ho fatto a tante prima di lei.
    Io so che la cura per questo male è da ricercarsi nel corpo umano, lo so, me lo ha detto Dio.
    Mentre lentamente apro il suo ventre con il mio bisturi sento i disperati gemiti di dolore della donna. Comprendo bene la sua sofferenza, ma è necessaria per salvare l’umanità, e nonostante i corpi delle altre non mi abbiano rivelato nulla sono certo che lei mi darà risposta, me lo ha detto Dio.
    Il suo sangue scarlatto sprizza dal suo corpo e in un istante, di nuovo, comprendo l’importanza della mia missione e il perché sono il prescelto.
    Io sono il salvatore dell’uomo.
    Io sono la salvezza.
  3. .
    L'uomo nello specchio vede il volto del segugio infernale che lo seguiva, la droga lo ha mutato in quella bestia,oppure è solo un altra delirante illusione?
  4. .
    Io non sono nessuno.
    Non più almeno. Un tempo ero un uomo come tanti, avevo un lavoro, una moglie e un figlio. Tuttavia tutto questo appartiene oramai a un passato che non voglio nemmeno ricordare.
    Il mio nome non ha alcuna importanza, nulla ha più importanza. Terminerò la mia patetica esistenza oggi stesso. Ma prima di togliere il disturbo vi parlerò di come ho raggiunto questo patetico stato di inutilità. Di come la mia depressione si tramutò in follia.
    Come ho già detto io ero un uomo come tanti. Uno dei pochi che ancora possedeva un lavoro. Come saprete certamente anche voi nell'ultimo decennio il mondo è impazzito. Tasse, Censura e Criminalità sono oramai a livelli insostenibili e hanno portato questo mondo a uno stato di miseria dalla quale non credo ci risolleveremo mai. Il mio lavoro come operaio non rendeva molto, ma era sempre meglio che morire di fame, inoltre con una moglie e un figlio non c'era di certo tempo per lamentarsi. La mia vita sebbene difficile era comunque degna di essere vissuta. Una volta tornato a casa dopo una lunga e frustrante giornata di lavoro non volevo fare nient'altro se non baciare mia moglie e abbracciare mio figlio, non chiedevo né avevo bisogno di più.
    Tuttavia, a causa della stramaledetta crisi mi licenziarono. Nonostante lavorassi in quella fottutissima fabbrica da più di dieci anni. Ciò ebbe un enorme impatto su di me, senza alcun lavoro come potevo mantenere la mia famiglia? Mia moglie non poteva lavorare, il parto era stato incredibilmente travagliato e ciò la costringeva a letto. Quel giorno, licenziato alla fine di una dura giornata lavorativa, sotto un cielo nero e privo di stelle non avevo voglia di tornare a casa, di guardare in faccia mia moglie e mio figlio, non ne avevo il coraggio. Camminai per le tristi e soffocanti strade, quando un giovane si parò dinanzi a me, uscendo da un angolo all'ombra dei lampioni.
    La sua pelle era pallida e i suoi occhi di un marrone così cupo da sembrare neri, come il suo abbigliamento. Pensai fosse appena uscito da un funerale.
    "Hai l'aria sfatta, amico" mi disse quell'uomo con una voce tagliente.
    "Lo sono, oggi mi hanno licenziato" non sapevo nemmeno perché stessi rispondendo a un perfetto sconosciuto invece di girare i tacchi e correre il più lontano possibile da quella situazione surreale.
    "Capisco, magari questo può aiutarti" disse mostrandomi una piccola fiala ricolma di un liquido semi trasparente.
    "Che cos'è?" chiesi incuriosito e spaventato.
    "Diciamo un medicinale, molto potente, ti mostra cosa c'è al di là del tuo sguardo, al di là del tuo mondo, delle tue percezioni"
    "Mi stai offrendo della droga?" fu la mia domanda.
    La misteriosa figura rise.
    "No, non è una droga. Non avrai allucinazioni, anzi, ti accorgerai che tutto ciò che vedi non è nient'altro che ciò che vuoi vedere."
    Non sapevo come rispondere, erano molte le domande che mi frullavano in mente. Non so per quale motivo, ma quell'uomo sembrava ipnotizzarmi. Presi la fiala e me ne andai.
    "Buona fortuna, amico" disse sorridendomi quel misterioso uomo.
    Mi dimenticai della piccola fiala mentre tornavo a casa. Avevo ben altro a cui pensare. Mia moglie non fu felice del mio licenziamento, mi insultò, mi chiamò fallito e diede la colpa a me, nonostante fossi innocente. Mi cacciò di casa definendomi "Il peggior errore della sua vita".
    Non mi arrabbiai, non piansi e non urlai. Semplicemente ritornai nelle gelide strade preparato a una notte solo e al freddo. Fu in quel momento che mi venne in mente la fiala. Era ancora nella mia tasca e sembrava tentarmi. Senza esitazione la bevvi.
    Quello fu il peggior errore della mia vita.
    Inizialmente nulla cambiò. Le facce disilluse e tristi dei passanti erano le solite, così come le cupe abitazioni e i tristi tetti di rosso scarlatto. Poi qualcosa accadde. Mi accorsi che nessuno aveva volto, le facce erano completamente prive di caratteristiche, niente capelli, niente bocca, niente occhi. Non udivo nessun rumore, tutto era pervaso da un silenzio ovattato, come se fossi sordo e il cielo si tinse di un rosso cupo. Mentre accedeva tutto questo io tentavo disperatamente di mantenere la calma, di non gridare. La mia mente freneticamente cercava di rimanere calma, ma era sommersa da un terrore indescrivibile. Non riuscii a trattenere le grida quando anche lo scenario intorno a me cominciò a cambiare. Gli edifici mutavano in spirali indescrivibili e le strade divennero molli e maleodoranti, ricoperte da muco verdastro e appiccicoso. Nelle ombre dei lampioni, che sembravano emettere oscurità anziché luce, vidi il misterioso uomo che mi regalò la fiala. I suoi occhi erano davvero neri e sembrava non avere gambe, ma tentacoli che rilasciavano un nero liquido denso. Dai suoi tentacoli partorì bestie simili a cani, ma completamente calve, ossute e prive di occhi che cominciarono a seguirmi.
    E in quel terrificante istante tornai a udire, miliardi di voci senza volto gridavano straziate, come se preda dei peggiori incubi e paure. Io stesso gridai in quella apocalittica visione d'Inferno e cominciai a correre, seguito dai segugi infernali.
    Corsi a perdifiato gettando a terra ogni uomo senza volto che incontravo e gridando inutilmente una supplica di aiuto che nessuno poteva udire. Uno di quei cani mi morse una gamba e riuscì a strappare un lembo di pelle dal mio polpaccio, ma in preda al mio delirio quasi non sentii il dolore. Nella mia sfrenata corsa notai che il sentiero terminava in un burrone senza fine, nella quale senza esitazione mi gettai.

    Mi svegliai il mattino dopo, in un cassonetto, con un sole spento che delicatamente posava i suoi raggi sui miei occhi. Lentamente mi alzai, convinto che fosse stata tutta una allucinazione di quella maledetta droga. Ma il mio corpo subito mi ricordò il dolore del giorno prima, la mia gamba fu travolta da un dolore lancinante. Mi si gelò il sangue quando notai la ferita sulla mia gamba, troppo profonda e terribile per essere stata inflitta da un banale cane.
    Stanco ma sollevato mi incamminai verso casa, deviando per evitare la strada nella quale avevo incontrato quel terribile uomo, causa di tutte le mie allucinazioni.
    Arrivato a casa notai che la porta era stranamente aperta. Una volta entrato gridai disperato.
    Mia moglie e mio figlio erano morti, dilaniati e squartati come degli animali, in un bagno di sangue. Nessun essere umano avrebbe potuto ridurre due corpi in uno stato così orribile. Chiamai la polizia terrorizzato.
    Sono passati due mesi da allora, la polizia nonostante concordi con me nell'ipotesi della bestia non è riuscita a risolvere il caso. Ho cercato più e più volte l'uomo che mi ha causato tali disgrazie, ma non l'ho più rivisto.
    Il caso è stato chiuso, abbandonato. Ma io so di chi è la colpa.
    Non so se ciò che ho visto è stata un allucinazione oppure realtà. Non ho risposte riguardo alla ferita sulla mia gamba.
    Ma ogni volta che mi guardo allo specchio non vedo il mio volto, ma quello di un assassino.
    Nello specchio il mio volto è quello del segugio infernale che mi seguiva.
    E nessun'altra bestia può ridurre così due corpi.

    Edited by DamaXion - 12/10/2016, 11:47
  5. .
    Non ricordo quando né come nacqui.
    Non ho particolari avvenimenti nella mia solitaria e cupa infanzia che possano ricondurmi anche alla più piccola conoscenza di chi sono i miei genitori o dove essi si trovino.
    Tutto ciò che ho conosciuto, sin da quando ero piccolo era una spoglia e buia stanza, con quattro letti arrugginiti e una finestra costantemente coperta da un pesante panno scuro.
    Da quando ho memoria nella mia piccola e triste cella ero sempre stato in compagnia di un altro ragazzo, aveva i capelli lunghi e neri, così come i suoi occhi. La sua pelle era pallida e gelida, come quella di un cadavere.
    Parlava poco, ma stringemmo amicizia subito, io imparai a rispettare i suoi silenzi e lui imparò a sopportare le mie futili domande.
    Non ci chiamavamo mai per nome, nessuno ce ne aveva dato uno.
    L'unico altro individuo esterno, oltre a noi era un uomo, era alto e sempre vestito di nero. Ci portava da mangiare e da bere, ma mai una parola uscì dalla sua bocca.
    Sapevo poche cose del mio confinamento, ma sapevo che non ero solo. Spesso udivo giovani voci di bambini ridenti, oltre la metallica porta della mia cella. Ma mai una sola voce mi parlò. Con il passare degli anni cominciai a pensare che nessuno oltre al ragazzo insieme a me e alla figura in nero era a conoscenza della mia esistenza.
    Passammo insieme qualche anno, io e il misterioso ragazzo, che sia per solitudine che per confinamento cominciai a chiamare Fratello.
    Fino a che un giorno, la porta si aprì, e non era l'ora dei pasti. Nel buio udimmo dei colpi di tosse persistenti, e intravedemmo la figura in nero che malamente teneva per il braccio un altro ragazzo. Lui era orribile.
    La sua pelle era ricolma di pustole e piaghe, i suoi denti erano gialli e corrotti, e i suoi occhi spenti e vuoti. Non feci in tempo a gridare che la figura scomparve, gettando a terra il ragazzo, che notai aveva qualche anno in meno di me.
    Il ragazzo era la prima voce che udivo fluente e priva di silenzi, mio fratello era sempre silenzioso e nemmeno la venuta di questo altro ragazzo riuscì a smuoverlo.
    Nonostante le sue parole fossero frammentate da colpi di tosse parlava molto con me, anche se spesso non avevamo nulla da dirci. Parlavamo di come questa nostra prigionia fosse misteriosa, ma mentre in lui albergava un senso di accettazione e sconforto io scoprì la rabbia, che spesso mi pervadeva e annebbiava, rabbia e odio rivolto al mio carceriere. Prima della venuta di quel ragazzo nessun odio e nessuna rabbia mi aveva pervaso, ma adesso che eravamo in tre notai che mio fratello era sempre più cupo, e il ragazzo stava sempre più male. I suoi colpi di tosse divennero sempre più rochi e profondi e anche il suo aspetto peggiorò. Sino a che non sembrava altro che un cadavere ambulante.
    La mia rabbia cresceva di giorno in giorno, molte volte pensai di uccidere il mio carceriere, ma dalla venuta del ragazzo malato non entrava più a darci da mangiare, usava un piccolo sportello. Forse pensava che la malattia perenne del mio amico fosse contagiosa, ma non lo era. Io non mi ammalai mai, così fu anche per mio fratello.
    Passarono molti anni, la mia rabbia era enorme e incontenibile, molte volte ho ribaltato i letti con una forza che non credevo di avere e molte volte gridai furioso.
    Sin da quando ero lì, sapevo che i letti erano quattro, e sapevo che sarebbe arrivato un altro ragazzo. Ma non sapevo quando, fino a che un giorno arrivò.
    Il carceriere entrò e io lo assalì, gli ruppi il naso e un braccio, mi chiamò mostro, mi chiamò bestia. Lo avrei ucciso, ma la porta si chiuse davanti a me.
    Il quarto era molto magro e non mangiava, non parlava e raramente si muoveva. Tutti lo trovammo molto strano e inquietante, ma lo accettammo.
    La mia rabbia divenne pura Ira, nulla mi fermava e nulla mi bloccava, la mia forza era immensa e inarrestabile. Ma quella porta ancora ci confinava.
    Sino a quando venne il giorno.
    La Terrà tremò e un terremoto di proporzioni epiche si scatenò, nel fragore e nel furore udii molti bambini gridare e le macerie cadere. La porta si scardinò e io uscii per primo seguito dai miei compagni. Davanti a noi vidi la misteriosa figura in nero, con la sua tonaca e notai che aveva anche un colletto bianco. Lo assaltai e lo uccisi, gettandolo contro un muro. E quell'uomo oramai morente mi disse:
    "Abbiamo provato a contenervi, ma nulla potrà mai fermare la volontà di Dio"
    Lo finii e insieme ai miei fratelli scoprimmo rapidamente la verità.
    Scoprii che Mio fratello, poteva fissare le persone con i suoi neri occhi e ucciderle, senza un suono o un gemito.
    Scoprii che il mio malato amico poteva infettare gli uomini e ricoprirli delle peggiori malattie.
    Scoprii che il mio magro compagno poteva far rinsecchire e ridurre in polvere tutto ciò su cui posava il suo sguardo.
    Loro erano Morte, Pestilenza e Carestia.
    Quanto a me e alla mia Collera e Furia scoprii nello stesso istante in cui uccisi il mio carceriere chi ero.
    Io ero Guerra.
    E insieme ai miei fratelli annunciammo la fine dei Tempi.

    Edited by Rory - 5/9/2016, 07:58
  6. .
    È mattina.
    Come tutte le mattine, ti fai la barba.Come tutte le mattine, ti lavi i denti.
    Posi lo spazzolino nel bicchiere, posi la lametta nell'altro bicchiere.
    È un processo quasi noioso.
    Sono due ore e mezza con i mezzi pubblici.
    Due ore per tornare.
    Sei stanco,davvero stanco.
    E come ogni sera, ceni ti infili il pigiama, e vai a lavarti i denti.
    Sei stanco, davvero stanco.
    Così stanco da non capire che ti sei lavato i denti con la lametta da barba.

    Edited by o.O.o - 8/3/2017, 14:41
  7. .
    questo è facile da ottenere che ne dite
7 replies since 25/4/2012
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