| L'Ouroboros è una figura mitologica di molti popoli e di molte epoche: un dio-serpente alato, che continua a divorare la sua stessa coda ma che non si consuma mai del tutto, perché questa ricresce. Questo simbolo ha doppio significato: rappresenta l'eternità dell'azione compiuta quanto la futilità di essa nel grande cerchio delle cose. Parte del significato ricade nel variare lo stato di un entità senza però variare l'entità stessa, il che porta a un cambiamento che non influisce sul corso degli eventi.
Sono Peter Simmons, psicologo da 45 anni. Ho uno studio al Parsons International Hospital di Pittsburg e ho anche una storia da raccontare:
Durante la mia carriera ho avuto occasione di studiare i difetti psicologici di svariate persone in diverse parti del mondo. Fra queste, una in particolare fu significativa per la mia carriera: nel 2007 feci una spedizione in un piccolo paese immerso nei fiordi della Finlandia. Un luogo che non esiterei definire congelato nel tempo: case di legna e pietra, brace per cucinare e paglia per dormire. Un vero e proprio patrimonio storico e culturale, che mi incuriosì oltremodo.
Inizialmente la spedizione sembrava sfortunata, non trovai niente di interessante. Quella vita privava gli abitanti da molto stress, e, bisogna ammettere, dopo poco ebbe lo stesso effetto su di me. Un giorno, però, un uomo di nome Sighuld, possessore di una piccola casetta ai margini del paese, mostrò un disturbo.
L'uomo si era fatto irrequieto, scorbutico. Veniva di rado in paese, e, chiedendogli se qualcosa lo turbasse, diceva di mantenere le distanze. Questo continuò per qualche mese, finché non chiuse tutti i contatti con la società. Ora chiunque lo avesse visitato avrebbe ricevuto sempre la stessa risposta: "Vattene. Uro ha fame."
Settimane, ed egli chiuse tutti i contatti e non permise più a nessuno di entrare. Questo andò avanti per quasi tre mesi, finché io, incredibilmente curioso sul suo stato fisico e sul suo disturbo, cercai di entrare.
I paesani non provarono nemmeno ad'avvicinarsi alla casa, e se chiedevi loro il perché loro ripetevano la stessa frase di Sighuld. Mi rivolsi quindi al capovillaggio, che, udite le mie idee e la mia richiesta, impallidì come un fantasma. Poi, ripresa la calma, disse: "Puoi andare se vuoi. Solo non chiedere che nessuno di noi ti accompagni: Uro è aggressivo, ma solo con coloro che si espongono volontariamente. Altro non ti dirò, vai, se devi.". Non me lo feci dire due volte.
Forzata la porta, ritrovai una scena inaspettata: la stanza buia, a parte alcune candele, sulle pareti immagini a matita di serpenti circolari che si consumano da soli. Al centro, Sighuld. Egli si alzò da una posizione inginocchiata e, fra lacrime di gioia e in perfetto inglese, disse: "Finalmente... si torna indietro... sì!"
Una forza misteriosa attrasse i due individui. Sighuld, in preda a una strana furia semi-incoscente, addentò i piedi di Peter. Peter, per tutta risposta, morse i suoi con violenza, colto dalla stessa forza. Le loro bocche e i loro ventri diventarono elastici in modo grottesco e innaturale, mentre loro inghiottivano interi e contemporaneamente uno il corpo dell'altro, fra lacrime di dolore e gorgoglii. Dei loro corpi rimase poi un vortice oblungo di denti e carne, che si fece sempre, sempre, sempre più piccolo, e poi si spense, e scomparve.
Ora sono rinato. Esco dal ventre materno. La prima immagine, i miei genitori: un uomo alto e grasso, dalla folta barba sotto cui sorrideva, abbracciata una donna altrettanto corpulento che mi partoriva fra lacrime di gioia. La stanza era rozza ma pulita, le pareti di legno, i loro vestiti di pelliccia, strani e antichi. Ma com'è possibile? Ricordo ancora tutto! Mi chiamo Peter, Peter Simmons! Sono uno Psicologo! Peter Simmons! Psicologo! P...
Poi capì.
No, non ero più uno psicologo, ora sarei, anzi, sarei stato, un fattore, con una piccola casa al margine del paese, il mio nome è, il mio nome è...
Sighuld...
E da qualche parte, a Pittsburgh, nasceva un futuro psicologo, che avrebbe lavorato al parsons hospital per 45 anni... Peter...
E poi... che potevo fare? Piansi...
Forse dovevo scordare tutto, ma non ha funzionato. Ora sono passati molti anni dalla mia nascita, quasi 50, e un uomo è arrivato, uno psicologo, deve fare delle ricerche... Chiamerò Uro, riavrò la mia vita.
Uro è l'abbreviazione di Uroboro, una delle tradizioni di Ouroboros.
Edited by CreepyPoster - 31/8/2017, 10:42 |
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