Suicide M

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  1. HikikomoriGod
         
     
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    Caro diario.
    Mi chiamo Mark. È la prima volta che scrivo veramente in un diario, non sentii mai il bisogno di farlo prima di adesso. A parte qualche confessione che trascrissi in passato, ma sto vivendo una situazione particolare che mi spinge a farlo. Voglio alleviare il peso che sento al mio interno ormai da quattro giorni, e per farlo, devo trasferirlo su carta.
    Non ho alternativa, questa casa è vuota, l'unica cosa che ho con me è questo diario, che mi è stato regalato dai miei genitori a dieci anni. Sono passati sette anni dall'ultima confessione.
    Ero ancora piccolo, anche se ammetto che psicologicamente, ho sempre avuto tredici anni.
    Questo almeno fino a quattro giorni fa, quando tutto era rose e fiori.
    Adesso invece, mi sento troppo vecchio. Mi sembra di aver visto tutto ciò che avevo da vedere nella mia vita, ma d'altronde, se fossi stato più prudente e l'avessi gestita meglio, credo che avrei potuto vedere molte più cose, e forse ora non sarei qui, in questa stanza tetra
    e completamente buia, di una dimensione parallela alla nostra.

    L'ultimo giorno che passai sulla terra, fu anche il giorno precedente a quello in cui avrei completato gli studi. Dopo molto tempo di lavoro
    e un sacco di sogni a occhi aperti sarei diventato psicologo.

    Stavo rientrando da una festa tra colleghi che avevano conseguito ottimi risultati nell'intero corso dei loro studi, era pomeriggio. E ci vollero quasi due ore per tornare a casa dal momento che ero a piedi e dovetti prendere un treno.
    A casa appena aprii la porta vidi i sorrisi di buona parte dei miei familiari, in visita per il mio "successo personale". Passai parecchio tempo seduto su uno dei divani della cucina a conversare in modo pacifico e armonico con loro e verso le nove di sera ci sedemmo per la cena.
    Fu un giorno pieno di colori, e anche mentre continuavo a parlare, pur essendo quasi arrivato il momento di andare a dormire, ero energico come se fosse ancora inizio giornata.
    Dopo aver cenato guardammo un film, esprimendo ogni tanto la mia opinione sulla psicologia e descrivendone vari aspetti.

    Alle undici di sera salutai dei parenti che si congedavano e diedi la buonanotte ai miei genitori e ad alcuni parenti che decisero di restare per la notte. Ero felice e sorridente, ma non riuscii a dormire.

    Si fece l'una di notte, successivamente le due e a seguire, le tre.
    Restai seduto su una sedia per un quarto d'ora sperando che appena avrei toccato nuovamente il letto sarei crollato, ma niente. Alle quattro andai a farmi un bagno rilassante, presi sonno, ma mi addormentai nella vasca.
    Mi ritrovai all'interno di un sogno lucido: ero in una foresta piena di alberi, nella zona in cui mi trovavo erano disposti in modo preciso uno dietro l'altro in due file, che formavano un sentiero al centro. Iniziai a percorrerlo, ma ero sotto pressione. Non c'erano alberi a parte quelli in fila e si poteva vedere chiaramente tutta la zona. Sembrava che non ci fosse nulla di strano e che io fossi l'unico in quel posto, ma mi sentivo osservato e a disagio, e il sentiero mi appariva infinito.
    Dopo parecchio tempo vidi una galleria davanti a me, alla fine del sentiero.
    Per qualche motivo non ebbi il coraggio di guardare bene e distolsi lo sguardo, chiusi gli occhi seccato da ciò che stava accadendo e mi sforzai di mantenere la calma mentre rialzavo la testa, quando li aprii di nuovo non c'era più nulla.
    Non c'era più nessuna galleria, nessun albero, cielo o traccia del pianeta terra.
    A un certo punto non ero più lo stesso, ero spaventato. E mi sentivo come se avessi appena perso la vita. Il mondo era diventato il colore nero. Notai il mio diario nel vuoto più totale, in terra. Lo raccolsi e camminai dritto davanti a me, stavo tremando, sentivo freddo e la mia mente stava girando troppo velocemente. Aprii il diario. Era l'originale, e c'erano scritte tutte le mie confessioni. La paura aumentò ancora, cercai di confortarmi pensando che fosse soltanto il mio cervello, che avendolo memorizzato, lo riprodusse dentro il "sogno".
    Mentre lo sfogliavo continuavo a camminare, e ad un certo punto il mio cuore quasi si fermò.
    Di fronte a me, dentro il nero, si materializzò una casa.

    Ero immobile nel corridoio della casa, era tutto nero, notai subito che non si vedeva la fine, soltanto il nero. Alla mia sinistra a non molti
    passi da me nella parete, che sembrava fatta di particelle spirituali, c'era una porta, e alla mia destra un po' più indietro
    ce n'era un'altra socchiusa. Mi avvicinai ma non troppo, eppure si aprì lo stesso. Vidi un uomo pallido, con la pelle completamente bianca e i capelli neri lunghi fino a sotto l'occhio destro, aveva un'espressione inumana e depressa. Anche il suo corpo non sembrava umano, e i suoi occhi rossi mi metterono così tanto panico da far spegnere il mio cervello.
    Distolse lo sguardo e prese per la testa due persone, le appoggiò su un tavolo basso e duro.
    E le colpì ripetutamente. Si lamentava accusandoli di essere delle brutte persone, e affermava che l'umanità prima o poi si sarebbe estinta. Odiava l'umanità, ripeteva sempre le stesse cose e sembrava sul punto di piangere. Dopo qualche istante i corpi delle due persone si sollevarono nell'aria, per poi cadere violentemente a terra sbattendo il capo.
    L'uomo si alzò dalla sua sedia a dondolo. E prese una siringa da un mobile vecchio e pieno di polvere affianco alla finestra chiusa dietro di lui, riuscivo a vedere parecchie lacrime, che restavano nei suoi occhi senza mai uscire. La sua espressione era diventata disperata, in preda al panico, sadica e arrabbiata. Sorrideva in modo sinistro e insano mentre faceva assorbire le lacrime alla siringa, non ne avevo mai viste così tante.
    La siringa era piena, ma suoi occhi ne avevano la stessa quantità di prima.
    Legò le vittime, gli spruzzò le sue lacrime in modo preciso e disse:
    "Un giorno, tutti voi umani piangerete le mie lacrime".
    Nei suoi occhi cominciarono a formarsi delle strisce nere attorno alle pupille, e man mano che infieriva su di loro, divenivano sempre più presenti.

    Iniziò a parlare da solo e a dare di matto. Intanto che portava via le vittime prive di vita, vidi i loro volti scioccati. Attraversò il corridoio, scomparendo dalla mia vista.
    Quando ripresi coscienza cominciarono a tornare tutti i ricordi che i miei occhi videro, e ad assestarsi. Mi ritrovai da solo, visto che non c'era più nessuno potevo tentare di scappare.
    Ma restai fermo in preda alla depressione più totale, persi tutte le speranze e cominciai ad azzerarmi lentamente. Decisi di entrare nella camera alla mia sinistra e incontrai altre vittime di quel mostro. Mi dissero che la prima stanza era quella della pena di morte, la seconda l'ergastolo a vita, e che lungo il corridoio ce ne erano molte altre sempre più terrificanti.

    Quello che prima era definito anormale, per me ora è diventato normale.
    Mi resi conto del pericolo a cui sarei andato in contro se avessi tentato la fuga quando raccontarono di una persona che ci provò senza successo.
    M, così lo chiamavano, la traumatizzò psicologicamente, mandandola in fin di vita, per poi ripetere il tutto sette volte per "purificarla".
    È stato sentito molte volte affermare che lui esiste, ma allo stesso tempo no, e che vorrebbe solamente non esistere.
    M è la tristezza in persona e un suicida che non può togliersi la vita, molti pensano che lui stesso sia la vita e la morte.
    In alcuni casi, M concede alle persone di tornare a vivere la propria vita sulla terra, ma con una maledizione grave decisa da lui. Ogni tanto qualcuno che è stato maledetto lo invoca in preda a delle crisi nervose, scatenando soltanto la sua ira che lo porta a perseguitarle
    per sempre, anche sotto l'effetto della maledizione.
    Nessun terrestre sa della sua esistenza, e nessun terrestre può evocarlo.
    È lui che sceglie le sue vittime, inizia proiettando un'immagine scelta da lui in un sogno della vittima. E successivamente la cattura, strappandola anche dalla vita e dal suo corpo umano.

    Solo le persone scelte da lui sanno della sua esistenza, e solo le persone rimandate sulla terra da lui possono evocarlo, disegnando sul proprio diario l'immagine con cui sono state contattate. L'immagine del mio sogno fu semplicemente il mio diario, con la lettera M scritta in tutte le pagine. Ma solo adesso apparve realmente nel mio diario.

    So che significa, sono pronto ad affrontare l'ultimo livello.

    Adesso farò portare sul pianeta Terra tutto ciò che ho scritto tramite qualcuno che possiede il permesso di tornare. Voglio che tutte le persone a cui tengo siano informate, e che questo mio ultimo messaggio porti di nuovo la normalità nelle loro vite.
    Credo proprio che sarà la prima cosa davvero giusta che io abbia mai fatto.
    Spero che almeno loro mi possano perdonare.

    Edited by Emily Elise Brown - 15/4/2018, 13:53
     
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