Votes given by Er Mortadella

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    CITAZIONE (Stefy983 @ 11/11/2020, 18:38) 
    Er mortedella, ho visto ogni tanto dei suoi commenti su dei topic vecchi, lo sopranominato Markrath 2! Ok.

    Ah no, è molto peggio di Mark.

    Buon lavoro a tutti ragazzi! :peoflow:
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    Er mortedella, ho visto ogni tanto dei suoi commenti su dei topic vecchi, lo sopranominato Markrath 2! Comunque notizia inaspettata :oessido:
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    In questi giorni lo Staff ha subito alcune modifiche. Innanzitutto, la nostra Emily si dimette dal ruolo di Amministratore. In questi anni ha servito fedelmente il forum contribuendo alla sua crescita. Ma ora è giunto il momento per lei di prendersi un po' di tempo per sé e dedicarlo alla sua vita quotidiana. Questo ovviamente non è un addio e infatti ci ha promesso che ritornerà di tanto in tanto a farci visita!
    Siamo inoltre contenti di poter riaccogliere nel nostro Staff due ex membri che forse molti di voi già conosceranno. Stiamo parlando di Er Mortadella e Medea :D
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    Oggetto #: SCP-3144

    Classe dell’Oggetto: Euclid

    Procedure Speciali di Contenimento: Gli esploratori del web della Fondazione devono sorvegliare i forum dedicati alle discussioni di wrestling professionistico e cancellare qualsiasi discussione inerente alle discrepanze tra percezioni di un qualunque match o altre forme di media che hanno a che fare col wrestling professionistico. Gli agenti dovranno poi ritrovare l’autore originale della discussione e valutare la sua possibile inclusione nel dipartimento Memetico della Fondazione o in altri dipartimenti che necessitano un Indice di Resistenza Psichica alto; se l’individuo in questione risultasse non adatto o rifiutasse l’impiego, gli dovranno essere somministrati amnestici di classe C.

    Descrizione: SCP-3144 é un fenomeno di alterazione mentale che colpisce il wrestling professionale in ogni forma visibile (performances live, broadcast, e media registrati) oltre a qualunque documentazione mediatica delle vite dei wrestler professionisti al di fuori delle loro performances (come ad esempio biografie, account su social media, etc.). La popolazione suscettibile a SCP-3144 consiste di individui al di sopra dei 14 anni in media, con un Indice di Resistenza Psionica minore di ██; le persone naturalmente resistenti agli effetti di SCP-3144 consistono approssimativamente dello 0.█% della popolazione globale non allenata a resistere a fenomeni di alterazione mentale.

    SCP-3144 é principalmente osservabile nella discrepanza percepita nel wrestling e nei media adiacenti ad esso tra coloro nella popolazione suscettibile ai suoi effetti e coloro che sono immuni a SCP-3144. Le persone colpite da SCP-3144 percepiscono gli incontri di wrestling come considerevolmente meno violenti di come quelli non colpiti li percepiscono, pensando che la maggior parte delle ferite siano fittizie e che le ferite reali siano incidenti sfortunati e occasionali; è inoltre largamente creduto da coloro che sono affetti da SCP-3144 che il vincitore di un match sia predeterminato in modo da avanzare la trama di un determinato franchise. La narrativa fabbricata dagli effetti di SCP-3144 è consistente in tutte le persone affette dal suo effetto di alterazione mentale, e nessuna discrepanza tra memorie o descrizioni di incontri di wrestling e di trame è stata registrata tra coloro che ne sono colpiti.

    Gli effetti di SCP-3144 sui media legati al wrestling mostrano una discrepanza simile: coloro che sono affetti da SCP-3144 percepiscono i wrestler professionisti “uscire dal personaggio” e descrivere le relazioni coi loro compagni wrestler come se fossero attori, fino a citare rivali di lunga data durante una trama come cari amici quando fuori dal ring. Coloro che non sono affetti dall’anomalia invece non percepiscono alcuna differenza tra le relazioni, personalità, e motivazioni di un wrestler professionista viste durante uno show e nei media di o sui wrestlers.

    [Mostra il Log di Trascrizione 3144]
    Trascrizione di una collezione di media che ritraggono match professionali di wrestling, o che hanno a che fare col wrestling professionale. Tutti i media sono stati trascritti due volte: prima da personale di Classe D avente un Indice di Resistenza Psionica pari a ██, ██ punti sotto il limite d’immunitá a SCP-3144; la seconda volta da personale della Fondazione avente un Indice di Resistenza Psionica pari o superiore a ██.


    Trascritto 3144-1:
    File video MKV documentante l’evento principale del "███████ Frenzy 20██", registrato il 5 Aprile 19██.

    Trascrizione di D-402684



    00:00: Ó█████ G████████, nei panni del suo personaggio Cien Caras, entra in scena accompagnato dalle grida di incitamento del pubblico e una theme song originale. Dopo essere salito sul ring, salta su un tenditore dei cavi e alza le braccia, istigando grida più forti dal pubblico.

    02:12: Si sente il rumore di un potente motore di motocicletta. Le luci si affievoliscono, e Cien Caras si gira verso l’entrata. M███ C████████, nei panni del suo personaggio Doom Machine, entra in scena guidando una motocicletta pesantemente truccata che sputa fuoco dal tubo di scarico.

    04:01: Suona la campanella; Cien Caras e Doom Machine si guardano per approssimativamente dodici secondi prima che Doom Machine faccia la prima mossa, spingendo Cien Caras contro le corde.

    07:23: Doom Machine fa il primo tentativo di mettere Cien Caras a terra. Cien Caras riesce a liberarsi mentre viene contato il numero 2.

    12:11: Cien Caras esegue un ‘jumping splash’ dalla terza corda, poi cerca di bloccare a terra Doom Machine. Doom Machine si libera poco prima che venga contato il 3; la folla sussulta udibilmente.

    16:47: Cien Caras colpisce per sbaglio l’arbitro dopo aver mancato Doom Machine di poco, e viene poi colpito da Doom Machine, che esce dal ring e ottiene una sedia pieghevole di ferro.

    17:00: Doom Machine colpisce Cien Caras nella parte superiore della schiena con la sedia di ferro mentre l’arbitro si riprende.

    17:17: Cien Caras si riprende in tempo per tirare un calcio a Doom Machine prima di poter essere colpito di nuovo, facendogli cadere la sedia.

    18:03: Dopo aver fatto cadere Doom Machine, Cien Caras lo trascina sopra la sedia di ferro; dopodichè esegue nuovamente un “jumping splash”. Cien Caras mette a terra Doom Machine; l’arbitro si riprende appena in tempo per contare fino a 3.

    18:25: Cien Caras è annunciato il vincitore. La folla inneggia forte mentre Cien Caras celebra la vittoria. Si vede Doom Machine mentre cammina verso l’area del backstage.

    19:30: Fine del video.

    Trascrizione dell’Agente Lawler.



    00:00: Ó█████ G████████, nei panni del suo personaggio Cien Caras, entra in scena accompagnato dalle grida di incitamento del pubblico e una theme song originale. Dopo essere salito sul ring, salta su un tenditore dei cavi e alza le braccia, istigando grida più forti dal pubblico.

    02:12: Si sente il rumore di un potente motore di motocicletta. Le luci si affievoliscono, e Cien Caras si gira verso l’entrata. M███ C████████, nei panni del suo personaggio Doom Machine, entra in scena guidando una motocicletta pesantemente truccata che sputa fuoco dal tubo di scarico.

    04:01: Suona la campanella; Cien Caras e Doom Machine si guardano per approssimativamente dodici secondi prima che Doom machine faccia la prima mossa, mirando con le dita agli occhi di Cien Caras.

    07:23: Doom Machine fa il primo tentativo di mettere Cien Caras a terra. Cien Caras riesce a liberarsi mentre viene contato il numero 2.

    12:11: Cien Caras esegue un ‘jumping splash’ dalla terza corda, poi calpesta ripetutamente la faccia di Doom Machine. Doom Machine sanguina dal naso. Cien Caras mette a terra Doom Machine. Doom Machine si libera poco prima che venga contato il 3; la folla sussulta udibilmente.

    16:47: Cien Caras colpisce per sbaglio l’arbitro dopo aver mancato Doom Machine di poco, e viene poi colpito da Doom Machine, che esce dal ring e ottiene una sedia pieghevole di ferro.

    17:00: Doom Machine colpisce Cien Caras nella nuca mentre l’arbitro si riprende.

    17:17: Cien Caras si riprende in tempo per attaccare Doom Machine con un coltello a serramanico che sporge dal suo stivale, facendogli cadere la sedia.

    18:03: Dopo aver fatto cadere Doom Machine, Cien Caras incastra la sua gamba sulla sedia di ferro, poi salta sulla sedia dalla terza corda. Il ginocchio di Doom Machine si piega fino al punto di frattura. Cien Caras mette a terra Doom Machine; l’arbitro si riprende appena in tempo per contare fino a 3.

    18:25: Cien Caras è annunciato il vincitore. La folla inneggia forte mentre Cien Caras celebra la vittoria. Si vede Doom Machine mentre zoppica via senza venire assistito.

    19:30: Fine del video.



    Trascritto 3144-2: Disco DVD contenente un’intervista con il wrestler Giapponese T██████ N██████ dopo il suo pensionamento. Il video è datato Agosto 3, 201█.

    Trascrizione di D-690022.



    Intervistatore: S█████ come ha preso l’idea di toglierti la cintura a TotalMania?

    N██████: L’ha odiata. Odiata. Siamo stati amici per così tanto tempo, e non gli sembrava giusto che finalmente avevo avuto successo e mi sarebbe stato tolto così presto. Erano passati appena due mesi.

    Intervistatore: Lui-

    N██████: Lui era il mio mentore, sai.

    Intervistatore: Giá.

    N██████: E se l’è presa con la compagnia. È andato lì e gli ha detto “hey, lavora sodo, si merita la cintura” e si sono rifiutati. È straziante, quando lo riguardi, trasalisce un secondo quando la gente lo inneggia dopo avermi messo a terra.

    Intervistatore: Come l’ha presa quando hai lasciato la compagnia l’anno successivo?

    N██████: Se n’era giá andato in pensione a quel punto, penso. Si. Era troppo messo male per andare avanti, e mi ha semplicemente augurato buona fortuna e detto di andare dove dovevo. Mi manca molto.

    Trascrizione del Ricercatore Tirocinante Tanahashi.



    Intervistatore: S█████ come ha preso l’idea di toglierti la cintura a TotalMania?

    N██████: L’ha amata. Bastardo. Siamo stati amici per così tanto tempo, e finalmente avevo avuto successo, e me lo avrebbe tolto così presto. Erano passati appena due mesi.

    Intervistatore: Lui-

    N██████: Lui era il mio mentore, sai.

    Intervistatore: Giá.

    N██████: E si prendeva gioco di me ogni volta che poteva. “Oh, hai lavorato così tanto, e non avrai neanche la cintura”, diceva. Negli spogliatoi, nell’autobus durante i tour, ovunque. Mi rende felice, quando lo riguardo, e fa una smorfia dal dolore di quel taglio che gli ho lasciato sulla pancia.

    Intervistatore: Come l’ha presa quando hai lasciato la compagnia l’anno successivo?

    N██████: Non è mai tornato dopo le ferite che gli ho inferto. Era troppo messo male per continuare, e non ha mai risposto quando lo chiamavo. Volevo sbeffeggiarlo davanti a suoi occhi così tanto.



    Trascritto 3144-3: Post fatto dal wrestler Messicano Killer Psicótico la notte prima del suo incontro per il titolo con Tragafuegos il 17 Febbraio, 20██ sulla piattafoma di social media Twitter.

    Trascrizione di D-305487.



    “Ti farò il culo di nuovo come l’altra volta nell’Arena, frate’ tieni gli occhi spalancati che arrivo KP” (sic)

    [File allegato: Foto scansionata in bianco e nero di Killer Psicótico in piedi sopra Tragafuegos mentre tiene in mano la cintura; del sangue è visibile sulla tela sotto Tragafuegos.]

    Trascrizione del Ricercatore Tirocinante Huerta.



    “Ti farò il culo di nuovo come l’altra volta nell’Arena, frate’ tieni gli occhi spalancati che arrivo KP” (sic)

    [File allegato: Foto scansionata in bianco e nero di Killer Psicótico in piedi sopra Tragafuegos mentre tiene in mano la cintura. Tragafuegos ha svariati coltelli che sporgono dal dorso; del sangue è visibile sulla tela sotto di lui.]


    Resoconto dell’Incidente 3144-1: Il 21 Marzo 20██, il wrestler professionista S███ S██████ si è ferito dopo essere caduto dalla cima di una scala su uno dei tenditori del ring. L’agente della Fondazione U█████, che faceva parte del comitato della federazione di wrestling ████ come paramedico, ha provato a eseguire un’intervento improvvisato dopo aver riconosciuto segnali di una ferita letale, ma è stato fermato dal resto del team medico della ████. S███ è spirato nel corso della notte, con la causa del decesso ufficiale riportata come danni derivati dalla foratura interna causata da frammenti di costole. L’Agente U█████ è stato redarguito per l’aver rischiato una rottura di segretezza, e dovrá essere riassegnato ad un altro progetto. Il redarguimento e riassegnamento dell’Agente U█████ sta venendo attualmente revisionato dal Comitato Etico.



    Edited by DarknessAwaits - 11/1/2021, 19:17
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    Un piccolo globo di luce si illuminò rapidamente per poi svanire nell’oscurità mentre Paul Donovan si faceva un tiro con la sigaretta. Si stravaccò sulla sua poltrona felpata nel soggiorno, la mano che reggeva la sigaretta ora penzolante sul bracciolo. Quando espirò, il fumo salì e si librò in prossimità del soffitto, anche se era impossibile da vedere nell’oscurità.

    Dopo un breve momento in cui dubitò di voler continuare, con la mano libera prese il telecomando e premette il pulsante d’accensione. Inizialmente lo schermo blu solido causò dolore alle sue pupille dilatate – tanto che trasalì e distolse lo sguardo da esso per qualche secondo.

    Una volta che i suoi occhi si erano abituati, Paul scambiò il telecomando con il suo joystick wireless. Schiacciò il pulsante d’accensione e lo tenne premuto fino a quando la console si avviò. Dopo essersi fatto un ultimo tiro di sigaretta, la spense in un posacenere che era appoggiato su un tavolo vicino. Il lettore disco dentro la sua console ronzava mentre si agitava per caricare i file di gioco.

    Continua al Livello 3? Il box di dialogo gli diede un’ultima occasione per cambiare idea. Inizialmente mosse la levetta del joystick per evidenziare l’opzione “No”, soffermandosi lì mentre contemplava le possibili conseguenze di continuare a giocare. Ma doveva finire ciò che aveva iniziato, e sperava che, completando il gioco, avrebbe posto fine a questa follia. Ancor di più rivoleva suo figlio ed era pronto a fare tutto il necessario per riportarlo a casa sano e salvo. Riportò la levetta all’opzione “Sì” e confermò la sua scelta.


    Essendo un avido appassionato di videogiochi horror e di sopravvivenza, fu del tutto naturale che Paul accettasse la sfida di giocarci. Lo aveva scoperto quasi per caso due settimane prima mentre navigava il forum del suo sito preferito di gaming. Qualcuno aveva postato un topic chiedendo consigli per i giochi più paurosi. Paul aprì la conversazione con l’intento di fornire una lunga lista dei suoi giochi preferiti, ma mentre leggeva le altre risposte si rese conto di come il discorso avesse preso una direzione molto diversa, iniziando con la risposta di un utente che non aveva mai visto prima:

    Chameleon01: Ragazzi, se state cercando un gioco spaventoso, ne ho uno per voi. Scommetto che in questo sito nessuno potrebbe finirlo.

    GamerGabe: PFFFFFT!! Sì certo. Abbiamo giocato a tutto. Allora come si chiama, niubbo?

    Dark-Shadows957: Numero basso di post + affermazione assurda = troll.

    00Raven00: Beh, che gioco è?

    RevengeofSephiroth: Fammi indovinare, è un gioco dei Pokemon?

    GamerGabe: (@RevengeofSephiroth) BWAHAHAHAHAHA!!!

    Dark-Shadows957: TROLL! Andiamo ragazzi, non date corda ai troll!

    Chameleon01: Si chiama Willow Creek.

    GamerGabe: Sembra noioso.

    00Raven00: Ho cercato su Google il tuo giochino. Non esiste. Bel tentativo comunque. Levati dalle palle adesso.

    Chameleon01: È una copia tarocca in pre-produzione. Non dovrebbe uscire fino all’anno prossimo.

    00Raven00: -Ne avremmo comunque sentito parlare come prossima uscita. A parte quello, come potresti anche solo ad avere una cosa del genere? Dannazione, certa gente!

    Chameleon01: Lavoro per lo sviluppatore. È tutto ciò che posso dire. Vuoi giocarci o no?

    00Raven00: Per quale sistema?

    Chameleon01: Mandami un MP. Ti darò la versione per qualunque sistema tu abbia bisogno.

    Più a lungo continuava a leggere la discussione, più il suo interesse veniva stimolato. Si domandò se 00Raven00 avesse chiesto o meno il gioco da questo sconosciuto. Mosse il cursore verso il link del profilo di Chameleon01, lo cliccò e iniziò a scrivere il proprio messaggio privato all’utente misterioso. All'inizio esitò nel dare il proprio indirizzo, ma razionalizzò la situazione dicendosi che non era molto differente dalle centinaia di persone sconosciute a caso che usavano eBay e che avevano già ottenuto le sue informazioni personali nel corso degli anni.

    Quattro giorni dopo aver inviato il messaggio privato una busta gialla senza l’indirizzo del mittente arrivò nella posta di Paul. Sul disco c’era scritto grossolanamente in inchiostro: Willow Creek: beta v. 1.0.

    "Ah, quindi questo Chameleon è incaricato di testare la beta. Ha un po' più senso." farfugliò tra sé e sé. La sua bocca si estese in un sorriso incompleto. “Beh, non doveva essere così criptico al riguardo.”

    Un bambino corse verso la cucina, dove Paul era fermo a guardare il resto della sua posta giornaliera.

    “Con chi stai parlando, papà?” chiese.

    “Oh, nessuno, Scotty. Solo tra me e me.” Sfogliò le bollette e la posta indesiderata.

    Scotty aveva dieci anni, uno studente sopra la media, ma era tutto sommato un bambino normale. Adorava giocare alla serie apparentemente infinita di giochi che il padre portava di continuo a casa. Avevano collaborato in molte avventure nella maggior parte dei giochi multiplayer (a meno che Paul non li ritenesse troppo cupi per il figlio) e, anche quando i giochi erano single player, Scotty adorava vedere suo padre che risolveva tutti i puzzle e sconfiggeva i boss più difficili. Paul sapeva che la madre di Scotty probabilmente non avrebbe approvato tutti i giochi a cui avevano giocato insieme, ma ormai non aveva voce in capitolo da quasi un anno.

    “Abbiamo un nuovo gioco,” disse al figlio, con il disco davanti a Scotty.

    Scotty glielo prese. “Sembra falso,” disse.

    “Beh, è ancora una versione di prova. Saremo tra i primi giocatori".

    Gli occhi di Scott si illuminarono: "Figo! Possiamo giocarci stasera?"

    "Certo, se avremo il tempo. Prima, però, assicurati di aver fatto tutti i compiti. Ok?"

    Scotty abbassò la testa e posò il disco sul tavolo. “Va bene,” rispose in maniera rassegnata, ricordandosi di quanti compiti lo aspettassero quella sera.

    Si stava facendo tardi quando il ragazzo finalmente finì i compiti e si precipitò nel soggiorno, pregando il padre di giocare al nuovo gioco.

    "Sono già le 9:30, figliolo. Tra poco devi andare a letto."

    “Almeno possiamo iniziarlo?”

    Paul esitò per un momento. “Ok, ma non resterai alzato oltre le dieci.”

    L’eccitazione di Scotty esplose quando prese il disco e accese la console. Diede al padre il joystick del primo giocatore. Dopo una breve schermata iniziale, c'erano tre opzioni di livello elencate dall'alto verso il basso. L'unica attiva era "Livello Uno". Gli altri due erano disabilitati. Sullo sfondo dietro il testo c’era un’immagine statica di una porta chiusa raffigurata dall’interno di una stanza buia, con la luce che filtrava dagli spazi vuoti sul bordo.

    "Di che si tratta?" chiese Scotty.

    "Non lo so esattamente. Ma dovrebbe essere pauroso, quindi potrei mandarti a letto se lo diventasse troppo."

    Scotty gemette. Paul confermò la selezione del livello uno e rimase seduto mentre il gioco si caricava. “Sembra che sia solo per un giocatore, quindi dovrai vedermi giocare per un po’.”

    Dopo un paio di secondi di caricamento, comparve una cutscene. Paul e il figlio videro il filmato animato: una prospettiva in prima persona del protagonista che entrava in una porta col vetro satinato, il quale dava su un ufficio con arredi antiquati. Sulla finestra c’era un adesivo che recava in caratteri neri e spessi: “Detective Charleston”. Una musica cupa ronzava in sottofondo. La scena ricordava a Paul il modo in cui iniziavano molti dei classici film noir visti da lui nel corso degli anni. Subito capì che sarebbe stato più un gioco rompicapo. Un gioco da intellettuali.
    Paul afferrò rapidamente il senso del gioco. Interpretava il Detective Charleston,che si spostava per tutta la città virtuale di Willow Creek e trovava indizi che potevano essere messi insieme per proseguire la trama. Nel mistero del primo livello, fu introdotto alla storia di James Braxton, un uomo che faceva il terzo turno di notte all’acciaieria di Willow Creek. Una notte, mentre stava discutendo con un collega, James fu spinto nell’altoforno. Il colpevole lasciò la scena del crimine e non c’erano altri testimoni. Toccava a Paul trovare tutte le prove e incastrare l’assassino.

    Durante una cutscene particolarmente realistica dell’omicidio, Paul mandò Scotty al letto. Inizialmente protestò, ma presto cedette. Paul finì di risolvere il caso da solo e fu soddisfatto del suo lavoro quando la polizia piazzò le manette all'assassino nell’ultima cutscene del primo livello. Il gioco salvò automaticamente i progressi.

    Il telefono di Paul squillò. Guardò l’orologio: 12:37.

    “Andiamo, sveglierai Scotty,” sussurrò mentre prendeva il telefono. Rispose.

    “Pronto?”

    “Grazie per avermi liberato.”

    Paul levò il telefono dall'orecchio per dare un'occhiata allo schermo: numero sconosciuto. “Chi sei?” domandò.

    “James Braxton.”

    “Chi?”

    “James. Di Willow Creek. Hai risolto il mio caso.”

    Paul fu colto di sorpresa. Lanciò un’occhiata allo schermo del televisore, che ora mostrava un box di dialogo che recitava: Continua al Livello 2?

    “Chi sei realmente? E dove hai preso il mio numero?”

    “Te l’ho detto, sono James di Willow Creek. Volevo solo ringraziarti per aver risolto il mio caso. Ora sono libero. Mi rimanevano solo sei settimane prima di raggiungere la maledetta soglia di un anno. Grazie a Dio sei arrivato tu. Nessun altro aveva ancora risolto il mio caso. Avevo pure-“

    “Dove hai preso il mio numero?” Paul lo interruppe.

    “Da Chameleon, ovviamente.”

    “Ma che…” Paul si sentì svenire mentre il telefono gli cadde dalla mano e atterrò per terra con un tonfo. La bocca era spalancata dall’incredulità. Guardò in basso verso il telefono. Lo schermo illuminato era davanti a lui. Poteva ancora sentire la voce ovattata dall’altra parte. Prese il telefono e lo spense più velocemente che poté.

    Il cuore di Paul stava battendo all’impazzata e iniziarono a formarsi gocce di sudore sulla fronte mentre spegneva la console e la TV. Era immerso nel silenzio e nel buio del suo soggiorno. Dopo un lungo momento per raccogliere i pensieri e permettere al suo battito di stabilizzarsi, sgattaiolò nella camera di Scotty dove per diversi minuti guardò suo figlio che dormiva tranquillo. Paul non riuscì ad addormentarsi quasi fino alle 4 di mattina. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione di disagio della telefonata. Il suo ultimo pensiero prima di piombare nel sonno fu quanto sarebbe stato inutile al lavoro più tardi quel giorno.


    Paul si svegliò confuso all’inizio, ma poi sobbalzò in piedi quando vide l’ora sulla sveglia del comodino: 10:23. La camera era pennellata di fioche sfumature grigie mentre la pioggia battente si infrangeva costantemente sul pavimento e le finestre. Apparentemente, tra il caos che aveva seguito il completamento del primo livello, Paul si era scordato di mettere la sveglia. Dopo l’enunciazione di alcune imprecazioni di prima scelta e dopo aver lanciato le lenzuola, sfrecciò verso la camera di Scotty. Il letto vuoto era stato rifatto perfettamente. Nella cucina trovò una nota:

    Stavi dormendo così bene e mi sono preparato da solo la colazione. Fra poco devo prendere l’autobus. Baci, Scotty

    Paul sospirò e si sentì un fallimento come padre. È in momenti come questi che desiderava che Laura ci fosse ancora. Gli mancava sotto molti aspetti, e la sua predilezione per l’organizzazione, anche se talvolta fastidiosa, era qualcosa di cui aveva indubbiamente bisogno. Paul fissava il vuoto mentre ripensò all’incidente che l’aveva portata via. Una volta che si riprese, decise di darsi malato al lavoro. Spaventato all’idea di prendere il telefono, fece la chiamata dal telefono fisso.
    Dopo una colazione veloce, Paul si domandò se continuare o meno il gioco. Finì una sigaretta mentre rievocò gli avvenimenti della scorsa notte. Per quanto fosse stato snervante per lui, adesso gli sembrava solo una strana coincidenza con un numero sbagliato. Una coincidenza molto strana, ma in quale altro modo era spiegabile? Inoltre, Paul non era mai stato il tipo da tirarsi indietro di fronte a una sfida. Doveva finire il gioco.

    La console si avviò, il disco girò e la schermata iniziale lasciò il posto al box di dialogo: “Continua al Livello 2?” Paul premette “Sì”.

    Il secondo caso del Detective Charleston riguardava un promotore immobiliare che aveva rinvenuto resti umani mentre spianava una grande zona di terreno per costruire. La zona del cantiere in cui ci fu la scoperta fu delimitato; l’obbiettivo del giocatore era raccogliere tutti gli indizi, capire a chi fossero appartenuti i resti e cosa gli fosse successo. Paul fu meticoloso nelle sue azioni e pensò attentamente ad ogni possibile indizio. Prelevò campioni di DNA. Intervistò il proprietario, il capocantiere e l’operatore che aveva fatto la scoperta. Studiò attentamente le foto della scena del crimine.

    Poco a poco ricostruì la storia di una donna rapita e uccisa. Era stata rapinata ed era stato inscenato un incidente con incendio per coprire la sparizione. Fu poi tenuta prigioniera dal suo rapitore fino a quando lui la eliminò e ne seppellì i resti. Il caso fu risolto del tutto quando arrivarono i risultati dei test del DNA. C’erano due profili genetici nei campioni: uno per il colpevole, che risultò un noto piantagrane di Willow Creek, e l’altro per la vittima, Laura Donovan.

    Paul scagliò via il joystick. Immediatamente il suo battito incrementò al punto che sentiva pulsare il collo. Le sue orecchie fischiarono e iniziò a tremare.

    “Non è… possibile.” Le parole gli andarono di traverso. Lacrime sgorgavano dagli occhi mentre rievocò gli avvenimenti attorno alla morte di Laura. La macchina era bruciata fino ad essere irriconoscibile. Il funerale si tenne a bara chiusa. Le era successo qualcos’altro? Non era morta sul posto, come implicava il gioco?

    “Cosa sei?” urlò alla televisione, con la faccia di colore rosso-scura. Non ci fu nessuna risposta, solo il rumore sempre più forte del suo battito, ora udibile alle orecchie, e il messaggio sullo schermo: “Continua al Livello 3?”

    Paul si precipitò e scollegò la console. Lo schermo della TV brillava di blu chiaro. Con l’eccezione della pioggia battente fuori, il silenzio attorniava la casa. Camminava avanti e indietro per il salotto, lottando nella sua stessa mente per avere delle risposte. Com’era possibile? Era impossibile che fosse tutto una coincidenza!

    Il telefono fisso squillò.

    Il suono della campana meccanica sobbalzava, rischiando di spezzare in due la testa di Paul. Era angosciato al pensiero dell’identità di chi stava chiamando. La maggior parte della gente non aveva un numero di telefono fisso.

    “No! Ti prego, no! Non farmi questo!” La sua reazione iniziale fu di terrore, ma se fosse stata davvero Laura a chiamare? Se lui l’avesse liberata dalle grinfie del gioco proprio come per James? Ridicolo! Pensò Paul, È morta! Si diresse verso il telefono attaccato alla parete della cucina.

    “Pronto?” Disse Paul con molta cautela, nel modo in cui un bambino intimidito si rivolgerebbe ad un genitore arrabbiato.
    “Paul Donovan?” Era la voce di una donna.

    “Sì.”

    “Qui è Janice Pendleton dalla Roosevelt Elementary School. Chiamiamo per sapere come stia suo figlio, Scotty, visto che oggi era assente.”

    Paul rimase senza parole.

    Janice continuò, “Non siamo riusciti a chiamare il tuo numero di cellulare, ma abbiamo trovato questo numero alternativo sul fascicolo di Scotty.”

    “Mi sta dicendo che oggi non si è presentato?”

    Ci fu una pausa di confusione prima che Janice finemente rispose, “Sì, lo abbiamo trovato strano visto che raramente manca. Quindi volevamo sapere…” si interruppe.

    “Era andato a scuola come sempre questa mattina,” disse Paul, “Insomma, stavo dormendo, ma…” Capì che, indipendentemente da ciò che avrebbe detto, sarebbe sembrato un genitore negligente. Iniziò a piangere e fece del suo meglio per nasconderlo a Janice, ma lei se ne accorse.

    “Mr. Donovan, se sta dicendo che neanche lei sa dove sia… Vuoi che avvertiamo le autorità?”

    Non tentando più di nascondere i suoi singhiozzi, riuscì a dire “Sì. La prego!” per poi piangere incontrollabilmente, lasciando cadere il ricevitore. Colpì la parete della cucina con un forte tonfo e pendette dal suo cavo mentre Paul crollò a terra.


    Paul passò il resto del pomeriggio e della sera alla stazione di polizia. Rispose ad una raffica di domande di vari poliziotti e detective. Compilò una quantità interminabile di carte. Supplicò tutti coloro che aveva incontrato di smettere di perdere tempo e trovare suo figlio. I poliziotti convinsero Paul che avrebbero fatto il possibile e lo persuasero a tornare a casa in caso Scotty fosse tornato. Uno di loro gli aveva detto, “È così che molti casi si risolvono nelle fasi iniziali.”

    Quando Paul tornò a casa la pioggia si era placata, lasciando bagnate le strade e i marciapiedi. Aprì la porta principale ed entrò nell’oscurità. La casa era silenziosa.

    “Scotty?” disse in piedi nel corridoio. “Sei qui?” Ma non ci fu alcuna risposta.

    Paul sapeva che se fosse rimasto ad oziare in casa in attesa sarebbe impazzito, quindi accese il computer per rileggere il topic sul gioco e per dire a quel Chameleon la sua opinione. Mentre il computer si accendeva, diede un’occhiata ad una foto incorniciata sulla scrivania. Ritraeva lui, Laura e Scotty, ed era stata scattata ad una riunione familiare in tempi molto più felici delle loro vite. Trattenne di nuovo le lacrime e girò la foto in giù. Il computer era pronto.

    Navigò per il forum e trovò la discussione. Notò che erano successe due cose dall’ultima volta che l’aveva visitata.

    Innanzitutto l’utente Chameleon01 non era più presente. Dovunque avesse postato, il suo username era stato rimpiazzato con un’icona con il testo “Non Più Un Utente Registrato”. L’altra cosa è che il topic era stata chiuso dai moderatori dopo che la discussione sul gioco misterioso era diventata molto più intensa. Mentre Paul leggeva la discussione accesa, sentì la porta aprirsi. Un sospiro di sollievo lo pervase e un sorriso incredibilmente largo gli attraversò il volto.

    “Scotty!” urlò. Corse per il corridoio. “Scotty, sei a casa! Grazie a Dio! Mi hai fatto preoccupare così tant-“

    Paul si fermò quando si girò per guardare la porta. Scotty non era tornato a casa, ma Laura sì.


    Anche se aveva perso peso e appariva gracile, l’abbraccio di Laura lo fece tornare ai vecchi tempi. Era confortevole e familiare, anche se era passato quasi un anno dall’ultima volta che Paul era stato abbracciato. Indugiarono nell’ingresso in quella posizione prima che uno dei due parlasse.

    Alla fine, Paul si tirò indietro, con le mani di lui che rimanevano sulla schiena di lei, e chiese: “Laura, sei davvero tu? Come è possibile?”

    “Sono io per davvero! Mi hai liberata! È bello essere a casa.” Paul era sbalordito mentre ritornarono ad abbracciarsi. Si baciarono passionalmente per molti minuti. Una volta che l’incredulità riguardo la sua presenza si era attenuata, Paul portò Laura sul divano per interrogarla su ogni cosa che era successa.

    “Non so neanche da dove iniziare, Laura. Stavo giocando a questo videogioco e-“

    “Lo so, Paul. Lascia che ti racconti tutto ciò che mi è successo.”

    Paul annuì e ascoltò intensamente.

    “Non sono morta nell’incidente” Laura iniziò. “Mi ha portato via.”

    “Chi ti ha portato via?”

    “Questo ‘essere’ che si fa chiamare Chameleon.”

    A Paul venne la nausea e il suo sopracciglio si piegò mentre cercava di dare un senso a tutto ciò.

    “Dove ti ha portato esattamente?”

    “Dopo che mi aveva rapito e mi aveva bruciato l’auto, mi ritrovai in una cella. Ce n’erano centinaia impilati in gabbie che rivestivano i muri. Non credo che quel posto faccia parte di questo mondo. Ci disse che se qualcuno avesse risolto il nostro caso nel gioco ci avrebbe riportati nel “mondo reale”. Quando fui liberata, attraversai una sorta di portale e mi ritrovai nei tubi fognari sotto Hamilton Square.”

    “Ma che accidenti? Sembra impossibile Laura!”

    “Lo so, Paul, ma devi credermi. È reale.”

    “Ma cosa ci guadagna? Insomma, perché non limitarsi a creare un gioco senza l’elemento umano?”

    “Credo che l’elemento umano sia il punto. È una sorta di gioco perverso per lui. Le celle sono disposte attorno al perimetro di un’enorme stanza simile ad un capannone. Al centro della stanza c’è un palco in cui le persone i cui casi non sono stati risolti entro un anno vengono…” iniziò a piangere, “…creativamente uccise in modi orribili.” Laura si avvicinò a Paul e lo abbracciò di nuovo, le lacrime di lei che inumidivano la schiena di lui. “Ho visto cose orribili, Paul. E mancavano solo due settimane prima che io finissi sul palco.”

    La gravità di ciò colpì Paul come un muro di mattoni e le strinse la schiena.

    “Mi hai salvato, Paul. Grazie.”

    “Devo dirti qualcosa, Laura.” Disse dopo una pausa contemplativa. “Scotty è sparito.”

    “Lo so,” rispose Laura tetramente, “è nel gioco.”


    Paul si sedette nel soggiorno buio e fissò il messaggio sullo schermo. Continua al Livello 3? Dopo aver selezionato “Sì” e mentre aspettava che il caso si caricasse, chiuse gli occhi e sperò smisuratamente che il caso presentatogli sarebbe stato quello di Scotty. Laura guardava silenziosamente dal divano. Partì la cutscene familiare che mostrava l’entrata verso l’ufficio del detective Charleston. Una volta che Paul ebbe il controllo del gioco, aprì l’ultimo fascicolo e iniziò a leggere.

    Scoppiò quasi in lacrime di gioia quando lesse di un bambino di dieci anni scomparso. Il suo obiettivo era ritrovare il bambino e di consegnare il rapitore alla giustizia.

    “Deve per forza aggiornarsi con la connessione internet,” disse Paul a Laura.

    “Il disco è solo un portale per il gioco. Scommetto che se tornassi di nuovo al primo livello non ci sarebbe il caso di James, ma qualcosa di nuovo, una delle ultime vittime di Chameleon.” Mentre Paul diceva ciò, capì improvvisamente che tutto ciò non sarebbe mai finito. Da ora in avanti sarebbe stato costretto a passare ogni suo singolo momento a giocare al gioco perché qualcuno non sperimentasse una morte cruenta che avrebbe potuto prevenire. La sua coscienza non gli avrebbe mai permesso di mollarlo.

    Paul si concentrò di nuovo sul suo compito. Lavorò sul terzo caso quanto più diligentemente possibile, parlò con i possibili testimoni di Willow Creek e collezionò le prove nel parco giochi in cui il bambino era stato visto per l’ultima volta. Subito si trovò ad un punto morto. Non aveva abbastanza prove per scoprire cosa fosse successo e non aveva altre idee per procedere.

    “Cos’è quel negozio vicino al parco giochi?” chiese Laura.

    “Penso che sia una sorta di alimentari” rispose Paul.

    “Puoi andare a parlare con loro? Magari c’è una telecamera di sicurezza o qualcosa del genere.”

    “Geniale!” Paul fece entrare il Detective Charleston nel negozio e parlò con il manager. Poco dopo riuscì a mettere le mani sulle videosorveglianze dall’ora della sparizione in cui veniva mostrato il bambino che veniva ficcato in un’auto con la targa visibile. Nel suo ufficio il Detective Charleston cercò la targa e rintracciò il rapitore. Dopo la scena dell’ammanettamento, Paul ricevette un messaggio di congratulazioni per aver risolto il caso al livello 3.

    E aspettarono.

    La casa restò silenziosa e non ci volle molto prima che Paul diventasse frustrato. Camminava nervosamente nel soggiorno.
    “Dov’è? Ho risolto il suo caso.”

    “Dagli più tempo, Paul. Ricorda che mi ci vollero molte ore per tornare qui dopo essere stata rilasciata.”

    Paul annuì, ma non si calmò. Uscì nel portico anteriore per fumarsi un’altra sigaretta e per sperare di vedere in lontananza un bambino correre verso di lui. Quando tutto ciò non si avverò, sfrecciò al centro del cortile, fissò l’oscurità e urlò con le braccia protese: “Ridammi mio figlio! Prendi me al suo posto! Mi hai sentito! Vieni a prendere me!”

    I cani abbaiavano da lontano. Paul crollò per terra. Quando finalmente guardò su, vide Scotty che si dirigeva verso di lui. Non correva; camminava lentamente. Teneva alzata la mano sinistra come se fosse guidato da un adulto molto più alto, ma Paul non vedeva nessuno vicino a lui. Mentre Scotty si avvicinava, Paul poté a malapena ricomporre il vago profilo di una figura alta e incappucciata che teneva la mano di Scotty.

    Subito dopo, Scotty si trovò tra le braccia di Paul. La figura delineata era sopra di loro. Non era traslucida, ma completamente solida, anche se aveva assunto le sembianze perfette dei dintorni dietro di essa. Se Paul avesse provato a toccarla, la sua mano non l’avrebbe oltrepassata, ma avrebbe incontrato la stessa resistenza che avrebbe incontrato con ogni altro corpo. Rimase immobile e in silenzio, e attese.

    Laura sfrecciò dal portone e dal porticato verso il giardino.

    “Scotty!” gridò.

    “Mamma?”

    “Sono io, tesoro! Sono davvero io!”

    Mentre si abbracciavano e piangevano insieme, Paul rivolse la sua attenzione verso la figura ammantata, quasi indistinguibile. Era alta almeno due metri e mezzo secondo le sue migliori stime. Paul era ancora inginocchiato quando il fondo del mantello della figura si spalancò, rivelando un’oscurità che potrebbe essere rivaleggiata dalla caverna più profonda e oscura. L’entità fece un passo avanti e assorbì Paul. Le estremità del mantello si riunirono, e poi ci fu silenzio.
    “No!” Laura emise un interminabile urlo che si concluse con un pianto isterico mentre capì che in giardino erano rimasti solo lei e Scotty.


    Paul si svegliò lentamente nella sua gabbia nel quarto piano, da qualche parte in un mondo sotterraneo inaccessibile. Sentì i lamenti di tutti gli altri prigionieri nelle loro celle, anche se non poteva vederli. Sul muro nella sua piccola cella c’era un cartello con due date su di esso. La prima era la data dell’imprigionamento, la seconda era esattamente la stessa data, ma di un anno avanti. All’improvviso si sentì un frastuono di sotto mentre un uomo leggermente sovrappeso veniva condotto dall’uomo incappucciato verso il parco illuminato al centro dell’arena. L’uomo fu ammanettato su un palo con un sinistro congegno meccanico dietro di lui. Paul aveva già chiuso gli occhi quando la macchina fu accesa. Non voleva vedere cosa fosse o cosa sarebbe successo, tuttavia le urla che sentì non avrebbero mai lasciato la sua mente.


    A mille chilometri dall’abitazione terrestre di Paul Donovan, un uomo di mezza età, conosciuto come 00Raven00 in alcuni ambienti di Internet dedicati ai videogiochi, aprì una busta gialla rimasta sul bancone della cucina per molti giorni. Inserì il disco nel suo sistema di gioco e guardò la sequenza iniziale. Una volta che ebbe il controllo del gioco aprì il fascicolo sulla scrivania del Detective Charleston. Stando alle testimonianze, apparentemente un uomo di nome Paul era stato spinto di fronte a un treno sotterraneo da un’altra persona che in seguito era scappata dalla stazione.

    Prediligendo prevalentemente i giochi d’azione, la pazienza di 00Raven00 si esaurì subito e passò solo quindici minuti a cercare prove prima di mollare.
    “Psssshh. Non fa paura.” disse, e spense la console.


    Edited by DamaXion - 29/12/2020, 19:10
  6. .
    La vita è un pendolo che oscilla fra "machebbelloshitpostare" e "C a z z o d e v o r i p e t e r e G e o g r a f i a ". :c

    CITAZIONE
    Pornazzi

    Spammati in smistamento o preferibilmente in una categoria a caso, ma proprio a caso. Tipo Grafica, che ne so. Quoto.
  7. .
    CITAZIONE (Er Mortadella @ 28/5/2018, 22:10) 
    Voglio farmi bannare come atto di estrema protesta verso lo stato decadente del forum e l'evidente indolenza dello staff ma non voglio tirare una bestemmia perché mi da fastidio bestemmiare, come posso fare raga?

    P.S. escludiamo anche insulti personali verso altri utenti per generare flame, non sarebbe davvero nel mio stile

    Pornazzi

    Ma dov'è la tua propic?
  8. .
    63
    Non so fare le rime. Comunque sono gli anni di Cristo + 30
  9. .
    62

    Sessantadue

    Toccando le palle a un bue
  10. .
    61

    Sessantuno

    È un topic inutile ma non dirlo a nessuno
  11. .
    Pro su tutta la linea. Il problema è che legalizzandola andresti contro troppi interessi, quindi è molto difficile che accada. Economicamente potremmo trarne vantaggio (come dimostra il modello colorado), e allo stesso tempo moooolto teoricamente infliggere un duro colpo alla criminalità organizzata. Un qualcosa di vagamente simile al modello "colorado" o "modello paesi bassi" sarebbe l'ideale imho, l'importante è che permabannino dall'esistenza quella roba immonda della marijuana light. In Italia però mancano delle leggi chiare che ne regolino il possesso e l'uso, quindi mi sento quasi presuntuoso a parlare di "modello da mettere in atto." Risulta per me molto difficile parlare dei suoi effetti sulla salute, sicuramente da sollievo per quanto concerne alcuni dolori e altri piccoli disturbi. Posso dire con certezza solo questo, inolte ci son degli studi in corso e probabilmente ne sapremo di più nei prossimi anni. Quindi ribadisco, forse influenzato anche dalla mia personale ( e positiva) esperienza, pro sia all'uso ricreativo che terapeutico. A grandi linee la mia opinione è questa.


    Anche perché in chimica ho mangiato il panino più buono della mia vita, lo ammetto. :asd:
  12. .
    54.
    Che è anche l'anno in cui Nerone divenne imperatore. Ma quanto son intelligente. :sisi:
  13. .
    CITAZIONE (_DarkPrince_ @ 9/5/2018, 11:45) 
    Immagino che sia ovvio chi fosse la "specie parassita" che prosperava nell'acquario, vero?

    Gli immigrati :v (scherzo)


    Direi di sì
  14. .
    Arrivò nello studio con le gambe che sembravano inutili borse d’acqua gelida e quasi inciampò sull’uscio. Sbatté la porta alle sue spalle e ci fu un rumore rintronante. Prima che questa si chiudesse, riuscì a intravedere Loris. Era a pochi metri di distanza e avanzava ancora con la sua camminata monotona e goffa.
    Miriana si lasciò sfuggire un singhiozzo. Quella cosa… il modo in cui l’aveva preso…
    Giovanni aveva solo sollevato lo sguardo dalla sua sedia dietro la scrivania. Adesso era immobile, un’espressione dura e un po’ perplessa sul viso. La mano intenta a scrivere si era bloccata sul foglio e il bagliore della sua sigaretta si stava attenuando. Diede un breve tiro e il rossore si ravvivò. Poi si sfilò la cicca dalla bocca. «Miriana?»
    Lei si sentì sciogliere. Era stata una questione di poche decine di secondi, ma la paura le si era condensata nella testa. Adesso le stava colando addosso, invadendole tutto il corpo. La durezza sull’espressione di Giovanni svanì, e rimase solo la perplessità. Si alzò e la raggiunse. «Cosa c’è, tesoro?» disse, stringendola tra le braccia. Le posò una mano sulla spalla nuda e lei rabbrividì.
    «Qualcosa… qualcosa uscito dai muri…» disse tra i singhiozzi. Poi il pianto la sopraffece e Miriana si tuffò nel petto del marito. La colse un altro brivido di disgusto: l’immagine era ancora stampata nel suo cervello.
    La camicia di suo marito odorava di fumo. L’intera stanza sapeva di fumo: adesso che se ne rendeva conto, respirare si era fatto faticoso. Forse era solo quel che aveva visto a creare quell’effetto – aveva sentito sin dall’inizio come i suoi polmoni si fossero appesantiti, ridotti a due blocchi di pietra rigidi e chiusi, no? E c’era quella sensazione di disgusto, come una mazzata nello stomaco. Ma anche suo marito che la stringeva forte…
    L’aria era calda e rarefatta. Il cuore le palpitava e i suoi battiti parevano ostruirle il respiro. Cominciò a boccheggiare.
    «Vieni, sediamoci» disse Giovanni. La sollevò e la portò verso la poltrona dello studio. Vi si accomodò per primo e si sistemò Miriana sulle gambe. «Raccontami. Che è successo?»
    Lei respirò a fondo. I contorni del mondo cominciavano a ridefinirsi. Non cessò di piangere, ma almeno i singhiozzi si erano diradati e le consentivano di parlare. «Stavo giocando con Loris a pallone nel salotto. A un certo punto il pallone si è infilato sotto una sedia. Lui si è chinato, è strisciato contro la parete per recuperarlo e io… Ho visto qualcosa che veniva fuori dalle pareti. Qualcosa di breve e ondulato… qualcosa come un verme, ma non era un verme… forse più simile a…» Un altro singhiozzo le scosse il petto. Simile a cosa? Era in grado di rivivere a memoria la scena – il riso che si tramutava in terrore fissato sul suo viso, il gelo che le bloccava il sangue – ma descriverla era un altro conto. Non ne era in grado. Non poteva dire a cosa fosse simile quel verme, perché non assomigliava a nulla di conosciuto. «Sì, una specie di verme. Solo che era metallico. O almeno il colore… l’ho visto brillare contro luce. Si è annodato intorno al polso di Loris e lui ha fatto un gemito. Poi il verme gli ha scavato la pelle e si è infilato sotto». Un altro singhiozzo. Le lacrime si stavano seccando sulle sue guance.
    «Una cimice» disse Giovanni. «Può capitare che ci siano. Si infilano sotto pelle, non lo sapevi?»
    «Non era una cimice!» gridò lei. Fu un urlo tremante, acuto. A udire il suono della sua voce, ebbe un altro tremito e si strinse forte contro il corpo di suo marito. «Le cimici non hanno quel colore metallico. E poi era più lunga. Non so cosa potesse essere…»
    «Ti stai preoccupando del nulla, tesoro» La voce di Giovanni era piatta, come se ad animarlo ci fosse una placida dolcezza. «Alcuni insetti fanno cose del genere, e uno di quelli si è infilato nella pelle di Loris. Adesso fallo entrare, così glielo…»
    «No! Quello non è Loris! Come fai a non…» Le lacrime stavano di nuovo affiorando. Non poteva piangere ancora. Forse adesso Giovanni la stava considerando una pazza per quello che stava dicendo e il suo terrore poteva apparire insensato. Doveva reggere, e spiegargli cosa era successo. Forse in due sarebbero stati in grado di affrontarlo. Ma in quel momento, da sola, si sentiva piccola piccola, coma una bimba sperduta nel folto del bosco. «Ascoltami. Non avevo finito.
    «Quando quella cosa ha scavato nel suo polso, Loris ha tremato. No, no… è stato come se una scarica elettrica l’avesse attraversato. Si agitava, tutto convulso, batteva le gambe a terra. È durato qualche secondo. Poi è tornato normale. Ed è scivolato via da lì sotto, strisciando a terra, lentamente. Molto lentamente. Poi si è rialzato e mi ha guardato per qualche secondo, e c’era qualcosa di strano nel suo sguardo…» Sentiva di nuovo che le parole gli stavano mancando. Non avrebbe saputo descrivere lo sguardo di Loris in quel momento. Era assente, come se una profonda oscurità l’avesse assorbito per succhiare via la sua vitalità. Il racconto gli stava facendo sussultare qualcosa nello stomaco. Quell’aggrovigliarsi nervoso lì giù rendeva il tutto più reale. Forse poco prima poteva ancora illudersi che fosse stata tutta una visione tremenda e immaginosa, ma adesso ogni dubbio era svanito. Continuò. «Era da qualche altra parte, in qualche modo. “Come va?” gli ho chiesto, e lui non mi ha risposto per qualche secondo. Poi ha detto “Tutto bene”, ma l’ha detto con una voce strana». Come se anche la sua voce si trovasse da qualche altra parte e a parlare fosse solo l’aria stantia che correva nella sua trachea. Ma non lo disse. «Poi mi sono resa conto di una cosa. Loris è scivolato lì sotto per recuperare il pallone, ma quando si è rialzato ha lasciato il pallone sotto la sedia».
    Calò il silenzio. Miriana ne approfittò per recuperare fiato. Se si staccava da Giovanni, si sentiva scoperta e indifesa e la sua pelle si increspava dai brividi. Era la stessa sensazione che si sente quando ci si ritrova un ragno tra i capelli, lo si scaccia schifati e poi si ha l’impressione di averne uno in ogni punto del corpo. Sì, proprio quella sensazione: un formicolio disgustoso che ti fa impazzire. Ma anche nella stretta molle di suo marito si sentiva a disagio. Provava una certa ripugnanza, uno strana voglia di fuggire di lì. Per dove? Non importava. L’importante era andarsene via, allontanarsi dalla cosa che si era presa suo figlio e dimenticare.
    «Secondo me non ti dovresti preoccupare così. Forse qualcosa si è infilato sotto la sua pelle e Loris si è spaventato. È solo un bambino».
    «No. Era qualcosa di diverso. Ho la sensazione che sia salita direttamente verso il cervello, e che adesso sia quella cosa a comandarlo. Che quel verme... quella cosa grigia si sia impossessata del nostro bambino».
    «Ma no, tesoro». La voce di Giovanni si manteneva sulla stessa tonalità – monotona come le onde del mare durante la bassa marea. La cosa la irritava. Lei era in preda al panico e lui faceva queste prediche stupide con la sua voce calma.
    «Solo perché tu non hai visto quella cosa che lo prendeva…» sussurrò Miriana. Solo dopo si accorse di averlo pronunciato ad alta voce.
    In un altro momento Giovanni si sarebbe arrabbiato e da lì sarebbe nata una furiosa lite – non era uno che soprassedeva su queste provocazioni. Ma rimase in silenzio e la strinse a sé premendo le sue dita sulla sua pancia. Aveva la mano stranamente fredda e secca.
    Scoppiò di nuovo nel pianto e vi si abbandonò. Il sole nel quadrato della finestra era una sfera bianca e la luce che gettava nella stanza era abbacinante. Gli occhi le bruciavano per il pianto e per quel bagliore accecante. Perché a lei? Si sentiva così estranea a tutto… come se un velo di ghiaccio si fosse posato sulla sua anima. Ghiaccio che le permetteva solo di essere terrorizzata, e nient’altro. Ma le lacrime rendevano più facile abbandonarsi al racconto e Miriana continuò a narrare, tra un singhiozzo e l’altro. «Dopo essersi alzato, mi ha guardato per un po’. Poi ha cominciato a camminare verso di me. Mi sono subito accorta che era cambiato. A quel punto mi sono ricordata che avevo già visto quei vermi nei giorni passati. Sì, qualcuno l’avevo visto. Vengono dalle pareti! È da lì che sbucano fuori! E vogliono noi… si vogliono impossessare delle nostre menti, e comandarci. Questo l’ho capito solo adesso. Ma li avevo già visti. Ne sono sicura. Forse ho anche pensato di parlartene».
    «Ma non l’hai fatto». La solita voce atona.
    «No…»
    «Hai detto che è cambiato. Mi sai dire in che modo?»
    «Sì. I suoi occhi… te l’ho detto, erano assenti. E poi…» Si ammutolì e pensò. Non c’era stato nulla di concreto. Un lieve irrigidimento dei muscoli, una smorfia distorta sul viso che subito era sfumata in un sorriso vuoto. E la maniera in cui aveva cominciato a camminare verso di lei: una camminata sghemba, storta eppure regolare e cadenzata. Le aveva dato l’impressione di qualcuno che cammina per la prima volta sui trampoli e si sta ancora esercitando… o di qualche essere che deve abituarsi a nuove proporzioni, a un nuovo corpo. La voce, certo, con quell’armonia cantilenante e senza vita. Ma, più di tutto, era stato lo sguardo. Sugli occhi vispi di Loris era passata un’espressione stupida, che aveva avuto pochi secondi di vita. Poi, all’improvviso, quell’orma di stupidità si era dissolta ed era accaduto qualcos’altro: tutto l’amore nello sguardo di Loris era svanito. Miriana l’aveva sentito nel petto, un ruscello strozzato che muore stillando qualche ultima goccia. Al posto dell’amore, il gelido calcolo, il buio profondo in due orbite vuote.
    Avrebbe potuto spiegarlo a Giovanni. O provarci, almeno; ma tacque. Lui non avrebbe capito. In quel momento, suo marito voleva solo sbugiardarla. Faceva male. Si sentiva sempre più sola e piccola tra le ombre scure e incalzanti.
    «Se lo fai entrare, lui prenderà anche noi» disse Miriana.
    «Devi farlo entrare. Solo così capirai che è solo una stupida paranoia». Adesso il suo tono di voce era ancora più freddo e seguiva un ritmo regolare, quasi magico.
    «Come fai a non capire che finiremo come Loris?» piagnucolò lei.
    Giovanni la sollevò, si alzò e si diresse verso la porta. Miriana si ritrasse, ma quando sentì il contatto del muro contro la sua schiena urlò e tornò verso il centro della stanza. C'erano quelle cose, lì dentro…
    «Non aprire… ti prego…» mormorò.
    Poi Giovanni girò il pomello.
    Loris era lì dietro. Aveva aspettato lì per tutto quel tempo, senza nemmeno bussare. Aveva lo sguardo chino, ma quando Giovanni aprì la porta sollevò il capo e fissò suo padre. Fu un’occhiata lunga e inespressiva.
    Giovanni avrebbe dovuto scompigliargli i capelli e sussurrargli qualche parola – lo faceva sempre. Ma non lo fece. E fu quel gesto mancato che le fece stringere il petto: sentì il cuore contorcersi e ogni muscolo vibrare di dolore. Nella luce abbacinante, per un attimo, padre e figlio parvero due auree bianche e indistinte che svolazzavano nell’aria.
    Poi si voltarono entrambi e avanzarono verso di lei, uno deviando leggermente verso destra, l’altro verso sinistra. Camminavano nella stessa maniera sbagliata: le ginocchia un po’ piegate all’interno, le spalle irrigidite e bloccate, lo sguardo su di lei come a inseguire una preda.
    Si avvicinarono ancora, e ancora, tendendo le dita verso di lei. Miriana si ritrasse per qualche metro. Il muro alle sue spalle, loro due di fronte. Ancora un passo indietro.
    Erano passati pochi secondi quando udì che qualcosa scavava nella sua pelle. Provò dolore, all’inizio, e tremò tutta. Poi il dolore – ogni dolore – cessò, e fu di nuovo con loro.

    Edited by Tommas02 - 8/5/2018, 19:37
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