Posts written by Glypto

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    Ciao, ho letto tutto il topic, e sappi che, se è tutto vero, mi spiace per la tua situazione.
    Inizio dicendo che nei confronti del paranormale sono al 95% scettico e al 5% possibilista. Secondo me non è il caso di saltare a conclusioni irrazionali parlando di entità varie, visto che fino a prova contraria l'esistenza di angeli/demoni/fantasmi/spettri/poltergeist/ecc... non è mai stata dimostrata, e per tale motivo allo stato pratico queste cose si trovano solo nel folklore e nelle opere dell'orrore, non nel mondo reale.
    Per quel che concerne i graffi e i vermi, l'unico consiglio che posso darti è ovviamente di andare da un medico se la cosa persiste.
    Per lo stress e la preoccupazione non sono psicologo, quindi ti dico come affronterei la cosa se accadesse a me: continua la tua vita di tutti i giorni come se nulla fosse, senza pensare a poltergeist, maledizioni e altra roba simile. Il sogno da te precedentemente descritto potrebbe essere stato influenzato dalla tua preoccupazione e dal tuo stato emotivo. I vari fatti che hai elencato (oggetti che cadono, ecc...), potrebbero essere fatti casuali e tra loro completamente scollegati che, a causa del tuo stress, hai invece messo in nesso tra loro e considerato come l'attività di una qualche entità sovrannaturale.

    Perdonami se ti sono sembrato pedante, ma ho scritto quello che pensavo. Comunque sia buona fortuna :).
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    Beh... Chi dice che quel "riciclare" non fosse riferito a vecchi tessuti, borse, bottoni, ecc... :peoflow: ?
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    Di questa pasta ho apprezzato molto l'ambientazione (mi ha ricordato I ratti nei muri di Lovecraft) e la tensione che si crea.
    Peccato non finisca, ma per il resto (per quanto probabilmente falsa) ha tutta l'aria della "storia vera".
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    Vincenzo Verzeni è stato il primo assassino seriale nella storia italiana, nonché il primo ad essere stato studiato con criteri moderni (da Cesare Lombroso, non a caso padre della criminologia).
    Riporto qui quanto trovato su wikipedia, sperando che possa risultare interessante:

    Vincenzo Verzeni nasce a Bottanuco (BG) nel 1849 in una famiglia di contadini. La sua infanzia è segnata dalle condizioni economiche disagiate della famiglia: il padre è alcolizzato e violento, mentre la madre soffre di epilessia.

    Verzeni manifesta i primi segni di aggressività all'età di 18 anni. Nel 1867 aggredisce nel sonno la cugina Marianna e tenta di morderle il collo, ma fugge spaventato dalle sue grida. Non risultano denunce in seguito all'aggressione.

    Nel 1869 un'altra contadina, Barbara Bravi, viene aggredita da uno sconosciuto che fugge appena la donna fa resistenza. La Bravi non è in grado di identificare l'aggressore: anni dopo, in seguito all'arresto di Verzeni per due omicidi, non escluderà che potesse trattarsi di lui.

    Nello stesso anno Verzeni aggredisce Margherita Esposito: nella colluttazione l'uomo viene ferito al volto e successivamente identificato dalla polizia. Anche in questo caso non risultano provvedimenti penali in seguito all'aggressione.

    Sempre nel 1869 un'altra donna, Angela Previtali, denuncia alla polizia di essere stata rapita da Verzeni, trattenuta per alcune ore in una zona disabitata e poi liberata dall'uomo stesso per compassione.


    Il primo omicidio risale all'8 dicembre 1870 quando la quattordicenne Giovanna Motta, che si stava recando nel vicino comune di Suisio per visitare alcuni parenti, scompare nel nulla. Il suo cadavere viene ritrovato 4 giorni più tardi, gravemente mutilato: il collo mostra segni di morsi, le interiora e gli organi genitali sono stati asportati e la carne di un polpaccio è stata strappata. Alcuni spilloni trovati accanto al cadavere fanno pensare che Verzeni abbia praticato del piquerismo durante o dopo le sevizie.

    Il 10 aprile del 1871 Verzeni importuna Maria Galli, un'altra contadina, che lo segnala alla polizia. Il 26 agosto dello stesso anno aggredisce Maria Previtali (non legata ad Angela) spintonandola violentemente e cercando di morderla al collo.

    Nel 1872 Verzeni uccide Elisabetta Pagnoncelli, il cui cadavere viene ritrovato in condizioni simili a quello di Giovanna Motta: segni di morsi sul collo, organi asportati e lembi di carne strappati.


    Vincenzo Verzeni è arrestato solo nel 1873. Cesare Lombroso è incaricato di stendere la perizia psichiatrica: pur non ritenendo Verzeni infermo mentale, Lombroso lo definisce "un sadico sessuale, vampiro, divoratore di carne umana" e, a partire anche dalla conformazione del suo cranio (secondo un principio oggi destituito di ogni fondamento) e dalle caratteristiche del volto (mandibole e zigomi pronunciati, occhi piccoli), diagnostica gravi forme di cretinismo e necrofilia, oltre che di pellagra in fase avanzata.

    Durante il processo Verzeni descrive gli omicidi:

    « Io ho veramente uccise quelle donne e tentato di strangolare quelle altre, perché provava in quell'atto un immenso piacere. Le graffiature che si trovarono sulle cosce non erano prodotte colle unghie ma con i denti, perché io, dopo strozzata la morsi e ne succhiai il sangue che era colato, con che godei moltissimo. »

    Giudicato colpevole di duplice omicidio, Verzeni scampa alla condanna a morte grazie al voto di un giurato e viene condannato all'ergastolo nel manicomio criminale della Pia Casa della Senavra di Milano e ai lavori forzati a vita.


    La data di morte di Verzeni è stata a lungo controversa. Gli infermieri del manicomio criminale di Milano dichiarano di averlo trovato morto il 13 aprile 1874, impiccato nella sua cella; secondo il produttore e ricercatore televisivo Mirko Cocco, che si è occupato del caso per un servizio televisivo per la trasmissione Voyager di Rai 2 nel 2008, Verzeni sarebbe sopravvissuto al tentativo di suicidio e sarebbe stato trasferito probabilmente prima nel carcecere di Civitavecchia e poi in un carcere nel Bergamasco. Ma le ricerche da parte di [Mirko Cocco] continuano... Da "Twilight" alla bergamasca - La storia del vampiro di Bottanuco, L'Eco di Bergamo, 25 giugno 2010.

    Un articolo pubblicato sull'Eco di Bergamo il 3 dicembre 1902 conferma la versione dei due reporter:

    « La popolazione di Bottanuco è terrorizzata al pensiero che Vincenzo Verzeni, lo squartatore di donne, ha quasi ormai finita l'espiazione della pena, che dall'ergastolo, fu convertita in 30 anni di reclusione. Il lugubre ricordo delle gesta sanguinose del Verzeni è ancora vivo in Bottanuco e nei paesi circostanti. »

    L'atto di morte n.87 del comune di Bottanuco certifica che Verzeni è morto nel suo paese natale il 31 dicembre 1918, per cause naturali.
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    Lombroso a proposito di Holmes:

    L'americano Holmes utilizzava i più fini trovati della chimica odierna nei suoi
    assassini con esalazioni di acidi corrosivi, con acido prussico, ecc., combinandoli nella maniera più
    ingegnosa con truffe e con incendi per riscuotere i premi delle assicurazioni sulla vita che le sue
    vittime avevano per sua istigazione contratto.
    In questa maniera aveva ucciso più di 13 persone distruggendone o facendone poi sparire i
    cadaveri: confessò più tardi questi reati, anzi ne esagerava il numero a 27 per farsi passare per
    pazzo morale. Egli però mentre presentava scarsi caratteri degenerativi: platicefalia, esagerata
    dolicocefalia, pelo bruno, sopraciglia marcate (caratteri non del tipo anglo-sassone, ma piuttosto di
    tipi meridionali e semiti), voce sottile, colorito pallido, labbra sottili, aveva caratteri inversi a quelli
    del criminale nato come ricchezza di barba, buona conformazione di denti, scarse rughe ecc.
    Egli ne presentava invece i caratteri psicologici come la mancanza di rimorso, la
    insensibilità, il cinismo, la lascivia esagerata e infine l'esagerazione delle creazioni e delle
    combinazioni criminali: come la costruzione di un castello appositamente pei suoi delitti,
    simulazione d'esplosione ecc. Questa mancanza di corrispondenza tra il tipo fisico e lo psichico
    dipende anzitutto dal fatto che egli è un criminale veramente di genio e come tale non presenta il
    tipo: poi dalla natura stessa del reato, che fu commesso non con diretta e brutale violenza ma con
    truffa, falso e veleno e non essendo quindi propriamente atavico non s'associa con caratteri fisici
    atavici. Egli rappresenta invece la modernità nella criminalità come Desrues, Luciani, Deeming che
    anch'essi non avevano il tipo.


    Da L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria.
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    Incredibile come, con un po' di fantasia, si possa fare una pasta inquietante su qualsiasi cosa :sisi: .
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    Grazie.
    Sul film la vedo dura, a meno che per di qua non passino gente come Abrams o Blomkamp...
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    Wow :peo:
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    CITAZIONE (†Sissa† @ 31/1/2013, 07:27) 
    Cazzo, lo sapevo io che gli illuminati in realtà sono dei Ditto ò.o

    Ops...Mi sa che c'è ne è un'altro da eliminare :eheh:

    L'idea per la pasta mi è venuta mentre guardavo questa scena nel film "Piramide di paura".
    Non sapendo come farla finire finire ho attinto da "Essi vivono" di John Carpenter, mentre per questa seconda parte ho voluto scrivere una storia più in sitle "Die Hard" :sisi: .
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    La luce che filtrava tra i rami della foresta segnalava l’insolita presenza di una macchina in quelle zone selvagge. Mentre viaggiava su strade sterrate e sui sassi, Kurt si chiese cosa ci facesse lì.
    Aveva lasciato Chambers da solo nel momento più critico, in compagnia di quell’ubriacone. E per cosa?
    Per una segnalazione proveniente da chissà dove.

    Alla vista di alcuni edifici illuminati dai fari, Kurt fermò l’auto. Dopo essere sceso, constatò come la parola “villaggio”, usata dal collega alla radio, si adattava molto bene a quello strano posto. Strano perché non ne aveva mai sentito parlare. Non l’aveva mai visto sulle mappe della centrale a Snorlax Creek, né conosceva qualcuno che venisse da lì.
    Si trattava di un gruppo di circa 20-25 edifici, Kurt vide case, un saloon, una banca e addirittura cose che non c’erano neanche a Snorlax Creek, come un cinema, una palestra e altro.
    Era una vera e propria città in miniatura. Ma è anche una città fantasma, pensò, mentre un brivido gli correva giù per la schiena. Poi sorrise: si era portato appresso una piccola assicurazione sulla vita: la mitragliatrice Gatling che avevano trafugato alla stazione di polizia.
    Comunque, non c’era anima viva, né segni che qualcuno fosse effettivamente stato lì ultimamente, e tutte le luci degli edifici erano spente, come se ci fosse stato un black out.

    Giunto al centro di quello strano posto, Kurt ebbe l’impressione che qualcuno si stesse prendendo gioco di lui.
    “Allora, si può sapere che cazzo c’è che non va qui?”

    In sua risposta, udì un forte ruggito. Kurt si voltò, e vide con sconcerto cosa aveva emesso quel verso orribile. Illuminato dalla luce della luna, Kurt vide venirsi in contro un grosso dragonite. Ma non era un dragonite normale: aveva un aspetto minaccioso e molto poco rassicurante. Gli occhi erano bianchi e rivolti all’insù, mentre dalla bocca schiumante di bava uscivano una fila di denti aguzzi sottili come aghi.
    Quando il pokémon fu più vicino, Kurt notò un altro insolito particolare: dalla fronte spuntava una specie di cerchio metallico, come se gli si fosse stato conficcato a forza nella testa.
    Ma il dragonite non si lasciò osservare troppo a lungo: la testa saettò in avanti per afferrare il poliziotto, che riuscì però a scansarsi all’ultimo minuto, mentre le grosse mascelle del bestione si richiudevano sul nulla.
    Kurt si rese conto che gli era stata tesa una trappola. Scorse la macchina e ripensò alla mitragliatrice.
    Kurt si mise a correre nella sua direzione. Passò sotto gli arti posteriori del dragonite, che si voltò e iniziò a correre verso di lui. Kurt sudava freddo. Udiva i passi del pokémon dietro di lui, e gli parve di sentirne l’alito caldo e puzzolente.
    Finalmente, Kurt raggiunse l’auto. Si gettò sul portabagagli, tentando freneticamente di aprirlo con le mani sudate. “Dai cazzo, apriti, dai cazzo bastardo, sta arrivando….” Ebbe paura di non farcela, di morire. Vide nella sua testa il dragonite che lo afferrava e lo maciullava senza pietà. Vide il suo corpo esanime e distrutto dalle fauci del pokémon. Vide i suoi mandanti, i ditto, che ridevano della sua stupidità e infierivano sui suoi resti. Vide sua moglie, Danny, i suoi amici, Chambers, il mondo intero, che venivano inglobati e fagocitati dai ditto.
    Poi, finalmente, il portabagagli si aprì. Kurt ne estrasse la mitragliatrice Gatling. Si voltò verso il dragonite, che oramai gli era quasi addosso. E premette il grilletto.
    Un vortice di proiettili s’infranse sull’arto anteriore destro e sulla spalla del dragonite, che ululò di dolore.
    Alla vista del sangue, Kurt smise di sparare. Poi accadde una cosa inattesa. Il dragonite strinse rabbiosamente le fauci, poi girò la testa e afferrò con la bocca la zampa ferita all’altezza della spalla e si strappò l’arto oramai inutilizzabile. Litri di sangue iniziarono a gettarsi fuori dalla mutilazione, finché il dragonite non l’inondò di fuco, cauterizzando la ferita.

    Kurt era sconvolto. Corse via, verso il centro della città in miniatura. Il dragonite lo osservò per qualche secondo con i suoi occhi vacui, poi ripartì nell’inseguimento. Giunto nel centro del villaggio, dove i due si erano incontrati, aspettò un istante, poi si girò di scatto, nel tentativo di cogliere di sorpresa il pokémon, e fece fuoco. Ma questa volta fu più veloce il dragonite, che si scansò prima che i proiettili potessero colpirlo.
    Kurt tentò ancora, ma si accorse che nonostante la potenza della sua arma, era troppo lento per colpire un pokémon così agile.
    Poi ebbe un’idea . Cominciò a dirigersi verso la sua auto, coprendo i suoi spostamenti con il fuoco della Gatling. Dopo almeno un minuto di lotta estenuante, il poliziotto raggiunse la sua vettura. Poi iniziò ad indietreggiare, tenendo d’occhio il dragonite. Quando questi giunse in prossimità dell’auto, Kurt alzò l’arma e sparò. Come aveva precedentemente fatto, il dragonite scartò di lato per evitare i proiettili, ma sta volta il bersaglio di Kurt era un altro. I proiettili perforarono il motore della macchina, e l’ondata di fuoco che ne seguì avvolse il pokémon. Il mostro, oramai ricoperto dalle fiamme, ruggì furiosamente e si lanciò sull’uomo. Ma dopo pochi metri, stramazzò al suolo, morto.
    Kurt lasciò cadere la mitragliatrice, oramai scarica e si accasciò a terra.

    Ma non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi che sentì una voce. “Sciocco! Puoi aver abbattuto il nostro schiavo, mai sei comunque nelle nostre mani!”. Si alzò. Vide gli edifici di quella strana cittadina sciogliersi come gelatina. E Capì. Capì cosa c’era che non andava in quel posto che non era segnato sulle mappe.
    Era una trappola perfetta. Sapeva che i ditto potevano assumere la forma di altri pokémon, di animali, piante, oggetti e addirittura persone. Ma non sapeva che un gruppo di ditto poteva prendere la forma di un edificio, tanto da creare dal nulla una piccola città. Quella in cui si trovava lui.
    Questa volta, quelle disgustose e viscide creature si presentarono con il loro vero aspetto: piccole e rosee masse di plastilina vivente, con volti beffardi e irrisori modellati al centro del loro morbido corpo.
    “In tanti hanno cercato di fermarci” disse uno di loro “ma non ci sono riusciti. Tu non farai eccezione, qualunque cosa succeda, perché la benedizione di Mew è sopra di noi”.
    Kurt era sconvolto, dopo tutta quella fatica aveva perso! Sperava che almeno i suoi amici fossero riusciti a fargliela pagare.
    Poi, d’improvviso, vide il suolo che scendeva sotto di lui. Due grosse zampe gli afferravano le spalle, e sentì un battito d’ali. “Come va Kurt”? Era Chambers, tramutatosi in un fearow, certo, ma era lui. Un senso di calma e tranquillità scese sull’agente “Come va piccolo? E Stevenson? Dov’è?” “Sono qua sopra!”
    Kurt non lo vide, ma capì che era sul dorso di Chambers. Udì delle urla e guardò sotto di lui. Stavano sorvolando la foresta attorno alla miniera dove si svolgeva il culto. E stava bruciando, mentre le grida dei ditto in fiamme risuonavano in mezzo a quella visione dantesca. “Gli esplosivi incendiari….”
    “Si”, concluse Chambers “Proprio quelli”.

    Atterrarono poco lontano da Snorlax Creek. Chambers ritornò alla forma di bambino, mentre Kurt si lanciava verso casa sua. Voleva vedere sua moglie e Danny, voleva renderli partecipi della sua euforia.
    Non avevano ucciso tutti quei criminali, certo, ma era comunque una vittoria, una grande vittoria.

    Entrò in casa, accese le luci, andò verso il salotto, ma nella fretta scivolò. “Ma che cazzo….” Quando si rialzò vide ciò che l’aveva fatto scivolare: una grossa pozza di sangue. E al centro vi erano sua moglie, suo figlio Danny, e il loro growlithe. Kurt non poteva credere a quello che stava vedendo. Estrasse la pistola quasi d’istinto e si mise a piangere. Chi poteva essere stato? “Chiunque tu sia te la farò pagare!” gemette senza troppa convinzione.
    Poi si sentì un rumore di sirene. Kurt si voltò: davanti a lui stava un suo collega della centrale. “Oddio, Kurt tu hai…” Il nuovo venuto sembrò esitare, poi, senza che Kurt opponesse alcuna resistenza, gli tolse la rivoltella e lo ammanettò. “Hai il diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te” e sotto voce aggiunse “…Mi spiace, Kurt”. Kurt, non riuscì a dire nulla, non protestò, non tentò di discolparsi, non poteva, non dopo che aveva visto la sua famiglia massacrata.
    Uscirono all’aperto, dove si era già radunata una piccola folla. Mentre la gente li lasciava passare verso la volante, Kurt ebbe un sussulto. “Sai qual è la cosa buffa?”
    Vecchie parole gli tornarono in mente: “O questo o il fuoco, altrimenti non ci uccidi”, sì, questo e quello che gli aveva detto Chambers quando gli aveva consegnato quella siringa d’acido. Kurt si voltò. E vide qualcuno che non avrebbe dovuto essere lì. Tra quella gente, c’era anche colui che Kurt e Lambert avevano ucciso, Paul Federman. Ma era vivo e vegeto, con un sorriso stampato sulla faccia. Ora capì. Come gli aveva detto Chambers, un proiettile non poteva bastare per uccidere un ditto. Kurt volse di nuovo lo sguardo, e vide le facce sconvolte di Stevenson e del bambino-ditto. Andatevene! I suoi due compagni si dileguarono.
    “Noi domineremo il mondo, e tu non puoi farci niente”.
    Kurt entrò nell’auto della polizia e fu portato via.

    FINE
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    Sì, è tutto vero, è tutto successo veramente, si tratta di un caso molto noto.
    Sul vero colpevole della vicenda si sono fatte centinaia di ipotesi, dalle più credibili (branco di lupi, cani e cani-lupo ammaestrati e aizzati da qualcuno), fino alle più fantasiose (orso, lince, tigre siberiana, ghiottone, tilacino, animale preistorico, licantropo, demone, alieno...).
    Visto il tempo passato dalla vicenda, comunque, credo che non sapremo mai la verità.
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    Fossi in te la prossima volta mi porterei anche uno di questi



    :asd:

    A parte gli scherzi, è una storia molto interessante, e molto inquietante.
    Ammetto che, nonostante la curiosità, nell'entrare in quella casa sentirei un po' di paura.
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    Grazie, ho giusto completato la terza parte


    Kurt si trovava a casa sua quando squillò il telefono. Per tutta la mattinata era rimasto assieme a Chambers, che aveva passato la notte in una cella vuota, alla centrale, aspettando una denuncia per la scomparsa di Federman. Non era arrivato niente. Evidentemente quel tizio non aveva molti amici, concluse sarcastico.
    “Ciao Kurt, sono Lambert. Vediamoci a casa mia alle 4 e porta anche Chambers”
    Kurt posò la cornetta. I tre dovevano prepararsi per l’assalto contro i ditto, che sarebbe dovuto avvenire quella sera stessa. Non aveva la minima idea su cosa fare, sapeva solo che l’avrebbe fatto e basta, anche a costo della vita.
    Appena usciti dalla stazione di polizia per incontrarsi a casa dell’agente, Chambers fermò Kurt e gli fece vedere un piccolo oggetto che aveva tirato fuori da chissà dove. Era un piccolo cilindro trasparente, lungo un centimetro o poco di più, terminante con un ago tipo siringa. Al suo interno era contenuto un liquido incolore, forse dell’acqua.
    “E’ acido solforico”, gli spiegò il bambino-ditto “se lo inietti ad un ditto si propaga per tutto l’organismo e muore. O questo o il fuoco, altrimenti non ci uccidi”.
    “Grazie” Kurt lo prese in mano e lo osservò per qualche secondo, poi se lo mise in tasca.

    “Ho, eccovi”.
    La voce di Lambert risuonò per la casa non appena i due vi entrarono. “Dove diavolo sei?” disse Kurt con tono scherzoso.
    “Sono in bagno…Nulla di preoccupante”, gli fece eco l’agente. “Piuttosto, fate come se foste a casa vostra, vale anche per te, Chambers.”
    “Già fatto!”, gli rispose Kurt, aprendo il frigorifero: Lambert teneva sempre una scorta di birre lì.
    Kurt rimase interdetto, con un’ espressione persa verso il frigo, la mano ancora sul manico. Le birre c’erano, ma a sconvolgerlo era quello che c’era di più. “Chambers…Per favore, vammi a prendere quello che ho dimenticato in macchina…” La frase fu detta sottovoce, unita a movimenti della testa. Chambers afferrò il concetto e si precipitò fuori dalla casa.
    Kurt richiuse la porta del frigorifero. Non poteva credere a quello che aveva visto. Un braccio umano e frattaglie varie erano sistemate in un grosso canestro, sistemate nel frigo come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Bisognava fare una verifica.
    “Dimmi Lambert...Come sta tua moglie?”
    “Mia moglie? Ho, benissimo, grazie. E’ uscita poco fa a fare la spesa.”
    Kurt mise la mano sulla fondina della pistola.
    Lambert aveva perso la moglie in un incidente stradale quattro anni fa.

    Lambert chiuse il rubinetto, si asciugò e uscì dal bagno. Ed entrando nel salotto si trovò davanti Kurt Emerson che gli puntava addosso una pistola.
    “Kurt, ma che…”
    “Non fare lo stronzo con me. So benissimo che non sei Lambert” Così dicendo allungò la mano verso la maniglia del frigorifero e lo aprì. Lambert si voltò e vide quello che c’era dentro.
    Sorrise “ehi, io…Io non so di che tu stia parlando” fece un passo in avanti.
    “Vaffanculo, tu hai ucciso il mio amico!” Premette il grilletto. Ma invece che il suono di uno sparo si sentì un click. Merda, pensò Kurt, non l’ho caricata!
    Nello stesso istante, colui che aveva assunto l’aspetto di Lambert si lanciò su Kurt.
    Caddero a terra. La creatura bloccò le braccia del poliziotto e il suo viso assunse un aspetto sadico “E va bene, loro mi hanno mandato qui per fermarvi. Ho ammazzato il tuo collega, ne ho assunto l’aspetto, ma siccome non sono riuscito a fagocitarlo tutto avevo pensato di tenere gli avanzi per cena.”
    “Sei un fottuto ditto!” Kurt tentò di liberarsi, ma si accorse con orrore che le braccia del sicario avevano assunto un aspetto amorfo e melmoso che bloccava quelle del poliziotto.
    “Bravo, vedo che hai indovinato. Non possiamo permettere che sappiate delle nostre attività. Mi spiace, ma dovrò uccidere anche te!” La testa del ditto, che prima aveva l’aspetto di una normale testa umana, diventò rosa e le mandibole si allargarono, assumendo una forma da pianta carnivora. Stava per divorarlo.
    Facendo ricorso a tutta la forza che aveva nelle sue membra, Kurt tirò fuori il braccio sinistro dalla melma rosa che lo avvolgeva, con in mano la siringa. “Goditi l’aperitivo, bastardo!”
    Piantò la siringa nel corpo di quell’abominio rosa, e immediatamente l’acido si propagò nel corpo del pokémon.
    Il dittò collassò su sé stesso, e le sue membra, che prima erano flessibili ma solide, si liquefecero.

    Kurt si alzò e uscì dalla casa. Chambers era in auto, visibilmente preoccupato “Ci hanno scoperti, non è vero?” Kurt annuì e si lasciò sfuggire una lacrima “lo vendicherò, quei bastardi me la pagheranno…”, alzò il volto: era quasi sera. Gli occhi di Kurt luccicarono, poi fece partire la macchina.
    Per quanto la stazione di polizia fosse chiusa a quell’ora, Kurt aveva le chiavi per entrarvi. Il suo obbiettivo era preciso: l’armeria. Prelevarono tutto quello che poterono: pistole, fucili, munizioni, numerosi esplosivi, tra cui alcuni incendiari e una mitragliatrice Gatling. Poi si diressero verso la foresta, alla ricerca della miniera in cui avveniva il culto. Kurt non si preoccupò per la propria famiglia: aveva detto alla moglie che avrebbe fatto tardi. Intendeva ripulire tutta la zona circostante da ogni possibile ditto ostile. Cosa avrebbe fatto poi per smantellare quella che era un’organizzazione ben diramata nel mondo intero? Non lo sapeva.

    Era oramai da mezz’ora che camminavano quando videro una figura seduta su di un tronco, che dava loro le spalle. Kurt si acquattò, pistola in mano, quando però fu abbastanza vicino, si accorse che quel tizio era una sua vecchia conoscenza. “Non ti avevo detto di smettere con l’alcool?” L’uomo seduto sul tronco fece cadere la bottiglia, e si voltò spaventato. Poi riconobbe quella voce e disse: “state ancora perdendo tempo dietro ad un cacciatore alcolizzato?” Kurt ed il suo interlocutore, Ian Stevenson, si alzarono “Beh, che volete ancora?” biascicò. “Nulla, sono qui per dei pokémon” Kurt si voltò verso il bambino-ditto, che nel frattempo si era fatto avanti senza nascondersi.
    In quello stesso istante, sentirono un rumore di passi, e tutti e tre si abbassarono per non farsi vedere.
    Un gruppetto di sette persone, o meglio, cinque ditto trasformati come persone, passarono a cinquanta metri da loro. “Sono i membri del culto?”, chiese il poliziotto a bassa voce “Esatto”, gli fece eco Chambers.
    Seguiamoli.

    Finalmente, dopo pochi minuti, tutti e tre si trovarono davanti all’entrata della miniera.
    Nascosti dietro un tronco caduto, potevano osservare la scena senza paura d’essere visti. Videro entrare un’ottantina di persone a gruppi composti da quattro a dieci persone-ditto l’uno, ad intervalli regolari.
    L’entrata era illuminata da torce, ma non notarono nessuna guardia. Anche da lì, si poteva sentire una flebile litania provenire dall’interno. Probabilmente stavano già officiando i loro riti. Mancava solo Chambers. “Va bene, io direi di metterci all’opera” Ian si voltò verso Kurt con aria sorpresa “Che? Ma che volete fare? E chi sono questi?” “Niente, non è affar tuo”, lo zittì il poliziotto “Certo che lo è”, disse Chambers.
    Kurt annuì, si diresse verso la borsa contenente le armi, ma in quello stesso istante la sua radio portatile gracchiò “Kurt…Abbiamo strane segnalazioni da un villaggio a due kilometri da Snorlax creek, vai a controllare…” Che idiota. Si era portato appresso la radio! Ma nessun compito aveva maggiori priorità di quello che si stavano apprestando a fare, quindi prese la radio per declinare l’ordine “Qui Kurt Emerson, non posso…” “No!” Kurt si voltò. Era stato Chambers “Meglio se fai come di ti dicono, non dobbiamo insospettire nessuno. Qui ci pensiamo noi” Sorrise.
    Kurt strinse la radiolina, indeciso. Poi disse “Qui Kurt Emerson, vado a controllare”.

    FINE TERZA PARTE





  14. .
    Grazie.
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    La scrittura delle parti successive va un po' a rilento, ma ti assicuro che la finirò.
66 replies since 18/4/2012
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