Everest - la Zona di Morte

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  1. Faust Redrose
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    L'angelo caduto

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    “Puoi amare un’ombra - una banale mano che scarabocchia parole zoppicanti e che appartiene in qualche modo ad un banale nome sui giornali? Ma le parole sono pensieri, e i pensieri sono uomini e sono donne. Possono i pensieri amarsi l’un l’altro? Chiaramente, devono.”

    Everest. Coi quasi 9km in altezza (8848m), è il monte più alto al mondo. Nella catena dell’Himalaya, il gigante colpisce per fama e numeri... ma pochi conoscono le agghiaccianti vicende correlate al monte in quanto “sfida all’umanità”, e a coloro che organizzarono spedizioni per raggiungerne la Vetta.
    Fossili marini sulla cima, avvistamenti ufologici e impronte col DNA dello Yeti sono fattori meno terrificanti di ciò che il gigante nasconde ai profani dell’alta quota.
    In questo articolo vi parlerò della scia di cadaveri che si protrae dal 1924 fino ai giorni nostri: i segreti della Zona Mortale.

    “Uno strano effetto? Beh, solo questo, che dopo averti letta mi è venuta voglia di baciarti. ‘Vuole baciare una ragazza che non ha mai visto’ - direbbero i ficcanaso.”

    La “Valle Arcobaleno” è un’area poco più in basso la vetta dell’Everest. Locata nel Versante Nord del monte, affacciata dunque verso il Tibet, possiede un nome tanto romantico quanto ingannevole. In piena Zona Mortale, la “Valle Arcobaleno” è un conglomerato di dozzine di cadaveri, attrezzature e spazzatura. Il nome allegro è ispirato ai colori dei vari giacconi e arnesi, risultando di fatto uno dei più vasti cimiteri a cielo aperto del mondo.
    Sull’Everest ci sono più di 200 cadaveri tra Campo Base (5270m) e Vetta e no, quelli di cui sto per parlarvi non sono recuperabili. In questo risiede il fascino orrorifico dell’alta quota: non solo il monte è perennemente sottozero come in un’eterna era glaciale, più ci si avvicina agli 8000m più l’aria diventa rarefatta richiedendo l’ausilio di bombole d’ossigeno per proseguire.
    Ma è oltre gli 8000m che si entra nel territorio della così detta “Death Zone”: due terzi dell’ossigeno presente sul livello del mare qui è assente, ciò comporta un sostanziale indebolimento del corpo il quale necessita sforzi titanici per affrontare il semplice camminare... ogni passo verso la Vetta aumenta il rischio di emorragia cerebrale e molti scalatori sono morti per sfinimento accasciandosi al suolo senza possibilità di soccorso. Essendo le situazioni climatiche difficili anche per la sopravvivenza dei microrganismi, i corpi risultano come mummificati, erosi da gelo e tempeste, ustionati dal sole.
    È questa la Zona di Morte, un luogo dove i soccorsi di qualunque genere (anche per via aerea) comportano un rischio di decesso troppo alto per prendersene la responsabilità. Il punto di non ritorno.

    p034s06h

    Nel grafico è presente un unico nome di persona. Chi è questo Tsewang Paljor?
    L’orientamento in quelle aree rocciose, colpite da frequenti tempeste di neve, svariate valanghe e terremoti potete immaginare non sia qualcosa di semplice. Gli eventi naturali possono rendere invisibili importanti punti di riferimento, necessari per esempio a non sbagliare strada e cascare in un crepaccio (tema ricorrente). Serve dunque qualcosa di facilmente riconoscibile, che non cambi posizione e con un nome preciso.
    “Green Boots Cave”. “Stivali Verdi” in italiano, è un importante riferimento guida che, come la Stella Polare, indica agli scalatori del Versante Nord la direzione verso la tanto agognata Vetta. “Green Boots” non è altro che il cadavere di Tsewang Paljor, uno scalatore indiano morto nel 1996 a causa dell’Everest Disaster: una tempesta di neve investì in quell’anno due gruppi di scalatori, 8 furono le vittime. 5 morirono sul Versante Sud e 3 (tra cui Paljor) sul Versante Nord. “Green Boots” viene usato tutt’oggi come punto di riferimento, il suo corpo nei pressi della Vetta, in un anfratto tra le rocce, vicino alla “Valle Arcobaleno”.

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    Famosa foto dei resti di Tsewang Paljor.

    “Piuttosto, sei bella? Spero di no. Se fossi abbastanza brutta posso garantirti che quando ci incontreremo sarà il momento più bello delle nostre vite; se sei normale, di una moderata normalità, ti prometto che non sarò troppo dannatamente educato o teso; ma se sei bella che il cielo mi aiuti; dovrei zittirmi come un’anemone di mare.”

    Esatto, non tutte le morti sul monte sono vane. La difficoltà di decomposizione dei corpi e il fatto che il clima angusto permei nei cadaveri attaccandoli alla montagna, rende i trapassati delle vere e proprie vedette per gli scalatori successivi. Alcuni corpi vengono tuttavia “seppelliti”, o per meglio dire nascosti alla vista. È il caso di “Sleeping Beauty” (la Bella Addormentata) un famoso punto di riferimento sul monte Everest. È il cadavere dell’americana Francys Arsentiev, prima donna degli USA ad aver raggiunto la Vetta senza l’ausilio di bombole d’ossigeno. Morta durante la discesa nel 1998, venne poi rispettosamente nascosta alla vista nel 2007. Molti scalatori come lei raggiunsero la Vetta morendo poi nei tentativi di discesa.

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    George Mallory, (nel cerchio bianco.)

    “Devo dirti la grande notizia per prima: - Sto per andare un'ultima volta sul vecchio Everest. Tutto è avvenuto improvvisamente in fretta. Il mio capo pensa che: - dobbiamo vincere il monte al prossimo tentativo o mai più. Dobbiamo arrivare lassù e lo faremo.”

    Questo si specula riguardo allo scalatore George Herbert Leigh Mallory. Siamo all’inizio del 20esimo secolo, e scalare l’Everest è un’impresa ancora incompiuta. Dopo una missione di perlustrazione del monte nel 1922 e un tentativo di scalata fallita (senza vittime) nel 1923, si tenterà la famosa spedizione del 1924.
    Fu l’Inghilterra a organizzare i vari primi tentativi, in tutti e tre gli anni l'abile scalatore Mallory fu l’unica costante degli appartenenti ai vari gruppi. Fu lui a tracciare una prima mappa del gigante nel ‘22 e ad organizzare il piano dei percorsi da seguire negli anni successivi. Nonostante il suo genio, nel 1924 partì con il suo collega Irvine ma nessuno di loro fece ritorno. I due salirono all’inferno e non ne scesero mai più. Il suo corpo fu ritrovato 75 anni dopo, morto probabilmente mentre scendeva dalla Vetta, anche se di questo non abbiamo prove concrete. Se fosse, sarebbe stato il primo a raggiungere la Cima, ed il primo ad averci provato. Il corpo del collega Irvine è ad oggi disperso.


    Il testo in corsivo lungo l'articolo sono lettere che George Mallory scrisse ad Eleonore Holmes, una sua fan. La corrispondenza di lei è scomparsa.
    Alcune tra le fonti principali:
    www.bbc.com/future/story/20151008-t...200-dead-bodies
    https://en.wikipedia.org/wiki/Mount_Everest
    www.theguardian.com/uk-news/2015/m...lirtatious-side


    Edited by Faust della Rosa - 19/7/2018, 00:22
     
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1 replies since 16/7/2018, 19:15   547 views
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