Il Male lascia sempre un segno

(come possono nascere i mostri)

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    #andamovie

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    L'idea di una fonte sovrannaturale del male non è necessaria, gli uomini da soli sono capaci di ogni nequizia. (Joseph Conrad).


    La giovane Nancy piangeva ancora.
    Erano passati diversi mesi da quando la polizia aveva fatto irruzione nell’appartamento di Andrew e gli aveva sparato dritto al cuore liberandola in un sol giorno dalla sua prigione e dal suo carceriere.
    Era finalmente tornata a casa, ma ogni notte si svegliava urlando, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il volto ferino di Andrew che la guardava in maniera lasciva e che le sputava il suo fiato caldo sul viso.
    Sentiva il tocco felpato della sua lingua sulla guancia e ricordava il disgusto che provava nel sentire la scia di bava che lasciava.

    Ogni volta sua madre era lì, pronta ad abbracciarla e ogni volta lei le diceva che non ricordava cosa avesse sognato.

    Nancy era stata rapita mentre stava tornando a casa dal dopo scuola e aveva passato quasi tre mesi rinchiusa in una cantina di un predatore sessuale che aveva riconvertito lo scantinato nel suo personale “parco dei divertimenti”.
    Aveva dovuto subire cose semplicemente impensabili e non era mai riuscita a dire tutta la verità allo psicologo che l’aveva in cura, non sapeva il perché, ma non voleva che qualcuno sapesse tutto quello che le era successo, che sapesse quanto ormai fosse contaminata.

    Tutti avevano notato i suoi cambiamenti, ma nessuno se ne stupiva considerando ciò che aveva passato.
    Lei non sapeva cosa le stesse accadendo, ma era quasi sempre arrabbiata e faticava ogni giorno di più per mantenere una facciata di normalità.

    Alle feste si limitava ad osservare passivamente senza partecipare a nessuna attività, tanto che nessuno ricordava mai se fosse presente; rimaneva in disparte a scrutare le vite degli altri come se non potesse fare nulla di più che affacciarsi da una finestra.
    Non riusciva a capire perché non fosse più capace di parlare con le sue amiche, flirtare con i ragazzi, trovare la pace.

    Una sera, durante una di quelle feste, seguì con lo sguardo un ragazzo dell’ultimo anno che stava portando Maria, una sua amica, al piano di sopra. La poverina era talmente ubriaca che non si reggeva in piedi ed era più che evidente che il ragazzo voleva approfittare della situazione.

    Nancy salì le scale lentamente, tutti i suoni le arrivavano ovattati e per qualche ragione, riusciva a sentire il battito cardiaco che le rimbombava nelle orecchie. Ogni gradino le richiedeva ore intere, ma sapeva che aveva tutto il tempo del mondo.

    Arrivò al primo piano e dall’ultima camera in fondo al corridoio provenivano i suoni inconfondibili di una notte di passione. Centinaia di immagini le affollarono la mente e una collera indicibile la colse; sarebbe voluta entrare e uccidere quel porco, ma invece rimase fuori dalla porta a fissare il nulla.
    Per interi minuti se ne stette ferma impalata senza nemmeno battere ciglio, era completamente alienata dal mondo e da se stessa.

    Quando sentì che qualcuno si stava avvicinando, si nascose leggermente e vide il ragazzo che usciva ridendo e tenendo una birra nella mano destra.
    La porta rimase socchiusa e Nancy poteva vedere uno spiraglio della stanza.
    La sua mente la implorava di correre via e chiamare qualcuno, ma una voce che non riuscì a riconoscere, le disse di entrare a guardare. Era una voce familiare e che non le piaceva, ma la curiosità che sentiva era troppa per resistere.

    Fare il primo passo fu molto complicato, ma quelli dopo vennero naturali.
    Fece un profondo respiro, allungò una mano e spinse la porta che si aprì senza far alcun tipo di rumore.
    Sul letto giaceva svenuta Maria, era semisvestita e il ragazzo l’aveva lasciata in posa come un trofeo.

    Era impietrita, non riusciva a fare nulla, nemmeno a pensare.

    Passarono quasi due minuti prima che riprendesse a muoversi; la voce che le aveva detto di entrare si era rifatta viva e le suggeriva cosa senza senso.
    Sul pavimento c’era la cintura che il ragazzo aveva lasciato nella stanza e Nancy la raccolse senza nemmeno accorgersene. Lentamente si avvicinò al letto e si mise a sedere sul fondo continuando a fissare il corpo inerme dell’amica; allungò una mano e le toccò una gamba: era morbida e calda.

    Le spostò un piede e la ragazza non si mosse.
    Allora provò a scuoterla leggermente, ma ancora una volta Maria non si riprese.

    Si fece coraggio e alzò gli occhi, aveva paura che il mondo potesse tremare se l’avesse guardata in volto, ma non accadde nulla.
    «Maria?» tentò.

    Nessuna risposta.

    Allora provò a tirarle un leggero colpetto sul viso, ma anche questa volta non ottenne alcun risultato, gliene tirò uno leggermente più forte. Niente.

    Si riallontanò un poco e decise di ascoltare la voce della sua mente che le diceva di andare a chiamare finalmente qualcuno quando “l’altra” le disse di riprovare con uno schiaffo più forte.
    Senza sapere bene perché si avvicinò ancora e la colpì nuovamente.
    Qualcosa le era scattato, non sapeva cosa, ma quello schiaffo la fece stare bene.

    Sapeva che era sbagliato e che non era il modo migliore per svegliare Maria, ma le dette un altro colpo, poi un altro e poi un altro ancora. Ad ogni schiaffo aumentava la forza ed ogni volta sentiva “la strana e sgradevole voce” ridere di gusto.
    Ormai si era messa cavalcioni sul corpo della ragazza e le stava colpendo selvaggiamente il volto senza un motivo.

    Dopo poco si stancò e sentì che aveva bisogno di qualcosa di più forte e vide che in mano aveva la cintura che aveva trovato in terra, un sorriso le deformò il volto e con una lentezza esasperante, fece passare il cuoio dietro la nuca della poverina stando attenta a non farci rimanere impigliati i capelli.

    Iniziò a stringere sentendo il senso di potenza che quell’azione le dava e sorrise sapendo che la colpa sarebbe ricaduta sul maiale che aveva abusato della sua amica.
    Rimase ad osservare il viso che diventava rosso, poi le labbra divennero bluastre; una vena venne molto in rilievo sulla fronte e Nancy si ritrovò a sperare che le esplodesse addosso, ma non successe; si dovette accontentare della inebriante sensazione del potere di Dio.

    Continuò a stringere anche dopo che la poverina era sicuramente morta e quando si alzò, finalmente era in pace.

    Le era bastato così poco, com’era possibile che il suo strizzacervelli non ci fosse arrivato in interi mesi di sedute?
    L’unica cosa che le era dispiaciuto era che Maria fosse svenuta e che non era stata in grado di sentire per bene il momento in cui era morta, non era riuscita a guardare gli occhi della sua amica spegnersi davanti ai suoi.

    Scendendo le scale sentì la “voce” che ancora rideva e finalmente la riconobbe: era quella di Andrew.

    Edited by KungFuTzo - 18/11/2014, 15:05
     
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    Non mi ha colpito particolarmente, è sicuramente scritta bene, ma mi da l'impressione di "già visto". Comunque dico Ar, non mi pare affatto una storia drammatica.
     
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    Scritta molto bene e il finale macabro è abbastanza inquietante.
    Difficile smistarla: sarei più per AR.
     
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    L'ho molto apprezzata. AR.
     
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    Ora che ci sono i voti, smisto AR
     
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