Endless Harmony

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  1. Ele the killer
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    L'arpa è uno strumento che mi ha sempre affascinato.
    Con quel suo suono dolce, melodioso, quasi divino, ti porta con sé in una dimensione paradisiaca.

    Anche i miei genitori sono appassionati di questo strumento, infatti abbiamo molti CD di arpisti e arpiste famosi e io sono cresciuta ascoltandoli. Ogni giorno quando tornavo a casa da scuola mi fiondavo in salotto, infilavo uno di quei CD nel nostro lettore con impianto stereo e sprofondavo nella pace che solo la musica sa creare. Anche se avevo avuto una giornata orribile, appena schiacciavo “play” dimenticavo tutto, non mi importava più di nulla.
    Sono andata avanti così dal primo anno dell'asilo, incitando mia madre ad andare più veloce in auto nel tragitto da scuola a casa, fino alla terza media, dove ero bollata come “asociale” perché preferivo fare la strada più breve anziché fare quella che preferivano tutti i miei compagni. Tutto per arrivare a casa e ascoltare il prima possibile il melodioso suono dell'arpa.

    All'inizio dell'anno scolastico della prima superiore, per il mio compleanno, i miei genitori mi regalarono i biglietti per il concerto di un'arpista famosissima di nome Laura nell'auditorium della mia città. Ero felicissima, letteralmente euforica: facevo il countdown dei giorni, continuavo a fantasticare su come sarebbe stato il concerto e non parlavo d'altro, sia con gli amici che con la mia famiglia.

    Dopo una settimana di febbrile attesa, finalmente il giorno del concerto arrivò. Quella mattina, a scuola, non riuscivo a concentrarmi e continuavo a scarabocchiare chiavi di violino, note e arpe sull'angolo del libro e sul banco. Per tutto il pomeriggio, a casa, continuavo ad ascoltare i CD di Laura e 2 ore prima del concerto iniziai già a prepararmi. Un'ora prima del concerto ero pronta, bellissima e con un sorriso a 32 denti stampato sulle labbra finemente truccate e scesi con mia madre in garage e ci avviammo con l'auto verso l'auditorium cittadino.

    Giunte davanti all'ingresso dell'auditorium, mia madre mi salutò e io mi avviai dentro contentissima. Raggiunsi la platea e, dopo aver fatto visionare il mio biglietto all'ingresso, andai a sedermi in prima fila. Mancavano ancora 15 minuti all'inizio del concerto così decisi di avvicinarmi al palco per osservare meglio l'arpa della musicista.
    Il legno marrone scuro luccicava sotto la luce dei riflettori creando mille bagliori diversi sul palco, le foglie d'oro da 23 carati brillavano di giallo vivo sulla colonna e io mi perdevo nei preziosi dettagli intarsiati. Era bellissima, ipnotizzante, perfetta.
    Finalmente l'arpista entrò, avvolta in uno stupendo abito lungo rosso, e si sedette sullo sgabello finemente intarsiato e cominciò a suonare.
    Il primo brano era un brano in stile romantico, della seconda metà dell'Ottocento, uno dei miei preferiti tra il repertorio dell'arpista. L'avevo già sentita tantissime volte ma dal vivo era tutta un'altra cosa. Le mani di Laura si muovevano su e giù sulla cordiera con fare sinuoso e ricordavano le ali di una farfalla, le note scorrevano nell'aria come piccoli uccelli colorati e i piedi correvano eleganti e silenziosi sulla pedaliera.
    Il concerto durò ben due ore, ma a me sembrarono passati appena quindici minuti: ero rapita, non riuscivo a distogliere lo sguardo dell'arpista e non pensavo a nient'altro, ormai ero sprofondata nella magia dell'arpa.

    Alla fine del concerto, decisi di parlare con l'arpista, per congratularmi con lei e chiederle l'autografo. Mi avvicinai a lei con un enorme sorriso sulle labbra e come mi vide, mi salutò con un amichevole “Ciao!”. Io le rivolsi un timido “Buonasera” , subito seguito dalla sua domanda “Ti è piaciuto il concerto?”. “Certo! Adoro la magia dell'arpa e lei è proprio brava. E poi, la sua arpa d'oro è davvero bellissima!”-risposi io senza esitare. “Grazie cara, sentire tutti questi complimenti mi scalda davvero il cuore. Ma dammi del tu, non sono così vecchia!”-replicò lei facendomi l'occhiolino. “Comunque, da poco ho intrapreso la carriera di insegnante. Ti piacerebbe prendere qualche lezione?”. Quella domanda mi colpì al cuore facendomelo esplodere di gioia, meraviglia e stupore. Io? Futura arpista? IO? Quasi senza pensarci, risposi “SI'!” con tutto il fiato che avevo in gola. “Bene, mi piace il tuo entusiasmo ragazzina! Ecco il mio biglietto da visita: parlane con i tuoi genitori e quando hai deciso chiamami!”-mi rispose lei. “Ok, a presto e ancora complimenti!” “Grazie ciao!”

    Tornando a casa, non riuscivo ancora a realizzare che stavo per diventare un'arpista e nei miei pensieri si formavano immagini della futura me in abito da sera con un'arpa bellissima e un pubblico in adorazione.
    Una volta a casa, parlai subito con i miei genitori delle possibili lezioni di arpa e, ovviamente, loro non riuscirono a resistere alla tentazione di vedere la loro unica figlia suonare il loro strumento preferito e il giorno seguente chiamammo subito Laura dicendole che avrei incominciato molto volentieri anche quel lunedì stesso. La mia futura insegnante accettò e concordammo che ci saremmo viste alle 17 al conservatorio della città.
    Il weekend sembrava non finire mai e continuavo ad immaginarmi cosa avrei fatto, come avrei suonato e cosa avrei imparato.

    Finalmente il fatidico Lunedì arrivò e, esattamente come il giorno del concerto, a scuola non riuscivo a concentrarmi e passai l'intervallo parlando della lezione con la mia migliore amica. Finita la scuola, feci una passeggiata lungo la strada che mi portava dalla scuola al conservatorio ascoltando un po' di musica per far passare in qualche modo le 3 ore che mi separavano della mia primissima lezione di arpa. Durante la passeggiata, però, mi sentivo un po' strana, avevo come un brutto presentimento, ma non ci feci caso e quella inusuale sensazione fu quasi subito scacciata dalla crescente euforia per la lezione e infine arrivarono le 17. Ero pronta. Stavo per diventare un'arpista. Sì, io sarò un'arpista. Con questi pensieri in testa aprii la porta e entrai nel conservatorio.

    L'appuntamento era nell'aula 46 e una volta chieste indicazioni agli studenti, mi avviai per le scale che conducevano al secondo piano dell'edificio. Mi ritrovai in un lungo corridoio e dopo una breve ricerca, individuai l'aula numero 46.
    Bussai e subito Laura mi aprì e mi salutò: “Ciao Sharon! Sei pronta per diventare un'arpista?”. Subito replicai “Certo!” ed entrai nell'aula 46. Era piena di arpe di ogni genere: a pedali, celtiche, molto sfarzose o più spartane e c'era un grande armadio colmo di spartiti. “Prego, siediti. La tua arpa è quella lì” e mi indicò un'arpa a pedali piuttosto piccola di colore marrone.

    La lezione durò due ore, nelle quali io imparai le basi dell'arpa: posizione di dita, schiena e spalle, uso corretto della diteggiatura e movimenti base dei pedali. Durante la lezione Laura si dimostrò davvero un'ottima insegnante, mi spiegava tutto con calma e più volte mi disse che per l'arpa avevo un vero talento così decise che ci saremmo viste ogni lunedì, sempre alle 17 per continuare il mio percorso di formazione artistica.
    Tornata a casa, raccontai ai miei genitori le novità del corso e loro furono molto felici nel sapere che avrei continuato.

    Andai avanti con le lezioni per circa 6 mesi: ogni lunedì uscita da scuola mangiavo qualcosa al volo in un bar e andavo al conservatorio per seguire la mia lezione settimanale. Laura ad ogni lezione diceva che ero migliorata e ripeteva che ero davvero un talento naturale.
    Un giorno, però, dopo la nostra consueta lezione, Laura disse “Sharon, devo farti un discorso molto serio”. A quelle parole mi spaventai non poco: che volesse dirmi che lasciava l'insegnamento o cose del genere? “Arriva il momento, nella carriera di ogni insegnante, in cui bisogna decidere se l'allievo è abbastanza bravo per fare un concerto da solo. Io ti ritengo assolutamente all'altezza di questo, Sharon, ma tu? Ti senti di prepararti e fare un concerto?”. “Sì, mi sento in grado di sostenere un concerto e prometto di allenarmi ogni giorno per prepararlo al meglio!!”. “Fantastico, era questa la risposta che volevo sentire! Ma sei consapevole che per allenarti ogni giorno dovrai acquistare un'arpa?” “Sì, ne sono consapevole!”. “Fantastico, allora preparati bene per il concerto e scegli con cura la tua arpa. Se dovessi avere dei problemi nello studiare i brani per il concerto, contattami sul cellulare. Se ti va bene, il concerto lo farei tra un paio di mesi circa e vorrei incontrarti a casa tua il giorno prima, ok?” “Certo!!” “Allora a presto Sharon! Preparati bene mi raccomando!” “Contaci Laura, ciao!”

    Tornando a casa, mille pensieri, belli e brutti, mi turbinavano per la testa: il mio primo concerto! Avrò un'arpa tutta mia! Ma sarò all'altezza? Appena riferii la notizia ai miei genitori, loro furono felicissimi e prenotammo una visita al negozio di musica per il giorno dopo. Quella notte non riuscii a dormire per l'eccitazione: avrei avuto un'arpa tutta mia, solo MIA!!

    La mattina, nonostante non avessi chiuso occhio, non sentivo la stanchezza perché era sostituita dalla felicità più grande che avessi mai provato. “Allora, sei pronta per avere la tua prima arpa?” mi chiese mio padre. “Certo!!!” urlai io a squarciagola. Prendemmo la macchina e ci avviammo verso il negozio di musica.

    Era in assoluto uno dei posti più belli che avessi mai visto. C'era tutto riguardante la musica, 3 piani della cosa più meravigliosa del mondo. Il commesso controllò la nostra prenotazione e ci condusse al secondo piano, “Strumenti a corde”. C'era il più grande assortimento di cordofoni che io avessi mai visto: chitarre classiche, elettriche, bassi, mandolini e, soprattutto, arpe. Tantissime arpe di ogni forma, dimensione e colore. “Prego, scegline una, ricorda che innanzitutto ti deve piacere il suono, poi l'estetica” disse il commesso. Puntai subito su una bellissima arpa a pedali bianca da 47 corde. La provai, ma il suono non mi convinceva. Proseguii provandone due marrone scuro, ma nessuna riusciva a convincermi del tutto. Poi la vidi. Era lì, in un angolino, seminascosta nell'ombra, ma era talmente bella che sembrava brillare di luce propria.
    Nera come la notte senza luna ma con la tavola chiara come la luce del sole: un connubio perfetto tra luce e ombra che produceva un suono perfetto, paradisiaco, incantevole. “Voglio questa. E' lei!” “Benissimo. Adesso andiamo sotto per il pagamento mentre lo staff la incarta per metterla nella vostra auto”.
    Pagammo lo strumento e, arrivati a casa, ci facemmo aiutare a metterla in casa dallo staff del negozio.

    I giorni seguenti, mi esercitai sui brani per il concerto. Miglioravo ogni giorno, e mi sentivo pronta per il palco. La mie mani scorrevano sulla cordiera veloci ma delicate, i miei piedi premevano i pedali con delicatezza e la mia mente coordinava tutto ciò senza fatica.

    Il fatidico giorno della visita di Laura era arrivato e, circa due ore prima che arrivasse la mia insegnante iniziai ad esercitarmi nella mia stanza da sola. Quella volta però era più importante delle altre quindi decisi di chiudere anche la porta per rimanere de sola con Aida (avevo deciso di chiamare il mio strumento come il personaggio di una famosa opera lirica di Giuseppe Verdi).

    Iniziai a suonare. Era fatta. C'eravamo solo io e la mia musica. Mi sentii pervadere da un senso di pace e quiete mai provati prima, mi sentivo in armonia con il mondo e con la mia musica. Ormai non badavo più allo spartito, le corde vibravano dolcemente sotto la guida delle mie mani che danzavano delicatamente sull'arpa. Come erano belle, come erano perfette! Sentivo la musica dell'arpa che scorreva dentro di me, sì! Io sentivo la musica dell'arpa dentro di me.
    Ad un tratto mi sentii strana, e guardai in basso, dove i jeans lasciavano spazio alle mie scarpe da ginnastica. C'erano solamente i jeans.
    La musica dell'arpa continuava.
    Guardai verso le mie mani, che però non riuscii a vedere.
    La musica dell'arpa continuava.
    Gli arti si facevano duri e immobili.
    La musica dell'arpa continuava.
    Non sentivo i rumori del mondo intorno a me, sentivo solo la mia arpa e la sua musica.
    No, mi devo correggere. Io non sentivo l'arpa.
    Io ero l'arpa.
     
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    Il cantastorie dei Cercatori

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    Hai un metodo narrativo molto preciso, i dettagli si percepiscono bene, ma il tono della storia è troppo delicato per una creepypasta. Sono rimasto a leggerla fino alla fine pensando "Ok, ma la parte inquietante dove sta?" Il finale non l'ho trovato scontato, ma di poca forza. L'intero discorso sembra una narrazione di una giornata quotidiana. Personalmente una cosa del genere mi piace, ma con toni più ansiosi e inquietanti
     
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  3. Eyeless Adrian
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    E' scritta davvero bene, non c'è che dire, con un lessico che non si vede tutti i giorni e con la banalità pari a zero. Ma, purtroppo c'è un "ma", manca quella parte che renda il racconto raccapricciante. Parte come una storia di quotidianità, (ed è una cosa che personalmente adoro, le cose che posso capitare a tutti sono quelle che mi fanno più paura), e a meno che non sia io l'idiota che non l'ha capita, la cosa si ferma lì, ad un racconto di quotidianità. Il finale l'ho trovato molto bello, ma penso che avrebbe dovuto essere accompagnato da qualcosa in più.
     
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  4. OmegaDriver
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    Mi è piaciuto il finale, non me lo aspettavo proprio. HS
     
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    Cambio il mio voto, non è horror, forse potrebbe andare in una sezione de I nostri racconti.

    Edited by VampyrQueen - 6/10/2014, 11:44
     
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    Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille. Mentre il contrario è del tutto impossibile.

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    Anche per me AR, manca un parere.
     
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  8. IlCavaliereNero94
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    Arpeggio un AR
     
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  10. Ele the killer
         
     
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    Sulla wikia!! :D
     
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9 replies since 14/9/2014, 17:01   379 views
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