Traum

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  1. misterpoe
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    “Se la funzione del sogno è di prolungare il sonno, se, dopo tutto, il sogno può avvicinarsi tanto alla realtà che lo provoca, non si può forse dire che a questa realtà si potrebbe rispondere senza uscire dal sonno? ─ dopo tutto, ci sono attività sonnamboliche. La questione che si pone, e che, del resto, tutte le precedenti indicazioni di Freud ci permettono di produrre qui, è ─ Cos'è che sveglia? Non è forse, nel sogno, un'altra realtà?”

    J. Lacan



    La superficie regolare del rettangolo è scontornata qua e là da finestre rivoltate all’indietro, chiuse. Chiusa è anche la porta. Nel mezzo e in ordine dettato dall’occhio: libri, per un totale di 239, integri tutti, leggibili se si vuole, e sempre solo ad una mente preparata. Alla parete (nord, così pare) un orologio, rotondo, che sembra funzionare: inutile comunque indicare l’ora. Mobilio vario, antico quando non antiquato, comunque non abbastanza singolare da doverne parlare; al centro del rettangolo una poltrona, medie dimensioni, comoda e, all’occorrenza, comodissima (è buio adesso, quindi il colore è a piacere). Sopra alla poltrona, raccolto in posizione fetale, 206 ossa, 752 muscoli e solo 31 denti: un uomo. Un uomo che dorme.

    Si sveglia l’uomo che dorme, con moderata velocità riapre le palpebre: solo ora gli occhi dovrebbero riconoscere -anche senza la luce obliqua della lampada- il rettangolo scontornato, le finestre chiuse, i libri e il mobilio, ma così non avviene. Per l’uomo tutto è identico a come prima della veglia, del sonno, del sogno, identico eppure straniero: “questa non è casa mia” pensa, subito senza orrore, ma con una serenità cinerea e intelligibile, anestetica; poi, e solo dopo che ha conosciuto la natura piombata della stanza (la luce adesso è accesa), si da dà fare per sembrare almeno turbato.
    Poiché non v’è soluzione di uscirne fuori, l’uomo s’adopera per sondare l’interno del rettangolo o, forse, per intuirne l’insondabilità. Si ricorda allora dell’istantanea che la cassettiera accanto alla poltrona cela: è una polaroid 635CL, Supercolor, ed è carica. Gli scatti successivi, consecutivi uno all’altro, sono sei: i primi quattro alle quattro pareti, gli altri, vertiginosamente e in direzioni diametrali.

    C’è un tavolo appena sotto l’orologio; appena sopra ad esso, vi sono ora posate, in ordine irregolare e tuttavia non distratto, sei istantanee, a colori. L’uomo le osserva, pago e insaziabile insieme, osserva tutto come in mancanza di contorni, e non riconosce. Tutto è identico, tutto è diverso. Poi, ed è simile ad una ripetuta perdita di equilibrio, si accorge come di un tarlo nella quarta istantanea, qualcosa di invisibilmente irremovibile; solo dopo qualche minuto, vede: una televisione. Phonola, rivela una rinnovata incursione nello strato del reale, ed è spenta.
    E’ spenta, e non è mai stata lì: “non è mai stata qui”, pensa l’uomo. Vorrebbe sapere che fare.


    Nel grande rettangolo scontornato, ecco che se ne accende, lievemente tonante, un altro. Il televisore sembra dapprima tossire la diapositiva sfocata di una stanza, poi, con andamento di sempre maggiore chiarezza, produce l’immagine nitida di un uomo.
    Un uomo, che dorme, sopra una poltrona.
    “Mi somiglia, moltissimo mi somiglia, ma non sono io” Si pronuncia tra sé e sé l’altro uomo nella stanza (come tra lui e il riflesso che lo schermo lucido del televisore insiste a volergli restituire, insolvibile cronoscopia). Per un poco non succede nulla: l’inquadratura è statica, svissuta, e guarda dallo stesso angolo dell’orologio, come se i due simboli tendessero a un’incidenza geometrica. Poi al nulla succede qualcosa: le linee del televisore si fanno diseguali, costrette da un disturbo di segnale, e da dietro la poltrona, mitica e buia insieme, se ne viene fuori una figura. Di donna, di uomo? “Un uomo!”.

    E’ alto, pelato, obeso, di forme (s)figuratamente giunoniche, svestito. Nudo. Improvvisamente (o forse, con smisurata grandezza di tempo), in erezione.
    L’uomo sulla poltrona insiste nel dormire.
    Anche quando gli sono impetuosamente scucite le seconde pelli di dosso, anche quando, grottesca e nauseabonda, la punta del glande appena sotto il ventre corpulento del corpulento punta verso l’ano, ne vizia i contorni, lo deborda, sventrandone la capacità, le forma una nuova forma deturpata e sanguinante, alla fine poltiglia disomogenea di vomito perla e magenta.
    Solo dopo che s’ode una risata corpulenta e gracchiante, e dopo che il rettangolo si fa di nuovo buio, l’uomo dall’altra parte dello schermo, animato da un terrore insano, si tira giù le calze e si tasta, goffo e un poco impietrito, le pareti del perineo e il perimetro dell’ano.
    Quando rivolge le dita agli occhi, di sangue nemmeno una traccia.
    Quando solleva lo sguardo, un’opaca esplosione di buio lo investe.

    Si desta di colpo dal sonno, sopra la poltrona.
    Nel rettangolo, intrecciate con l’intonaco, linee di luce che le finestre rivoltano ostinatamente dentro. Tutto conviene al silenzio.
    Anche l’uomo tace, e fa il gesto di ridersi addosso una risata untuosa e greve, soffocata subito da uno spasimo senza apparente geografia; la sua mano scivola poi, penosa, attorno al bacino, si insinua nelle calze, sonda, inquisisce, trema. Tutto finisce in un bagno di sangue.
    Intanto alla parete (nord, così pare) un orologio, rotondo, che sembra funzionare (è ancora inutile indicare l’ora), persiste il suo moto; c’è un tavolo appena sotto l’orologio; appena sopra ad esso vi è posata, sola, una sola istantanea. C’è il volto di uomo ritratto.

    Un uomo, pelato, che ride.

    Edited by misterpoe - 27/9/2014, 23:50
     
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    Scritta bene, riesce a catturare l'attenzione del lettore. Purtroppo l'unica componete che conferisce un poco di horror è l'elemento grottesco e la "sorpresa" finale la rende più vicina ad una creepypasta che ad una storia dell'orrore. Per questo devo dire AC.
     
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    Metafisico: un uomo cieco che in una stanza buia cerca un cappello nero. E il cappello non c'è.

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    Io invece la trovo forte di una struttura troppo "canonica" (relativamente) per essere considerabile una Creepypasta, senza parlare della durata. HS.
     
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  4. OmegaDriver
         
     
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    HS anche per me
     
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    Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille. Mentre il contrario è del tutto impossibile.

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  7. IlCavaliereNero94
         
     
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    L'ho adorata, devo dirlo. Di comprensione meno difficile rispetto ad alcuni dei tuoi lavori precedenti, relativamente semplice nella struttura ma quantomai efficace.
     
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  10. McCandless
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    I miei complimenti misterpoe.
    Scrittura leggiadra, scorrevole, mai banale o ripetitiva.
    Disgustosamente ''grottesca'', completa nella sua lunghezza.

    239 è casuale?
     
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  11. ILoveWitches
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    Clap clap piaciuta. :patception:
     
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  12. misterpoe
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    Vi ringrazio molto, signori.

    K239 è il "la serenata notturna n.6" di Mozart che stavo ascoltando mentre scrivevo...
     
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11 replies since 8/9/2014, 15:17   339 views
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