Il Quadro che dipinse il pittore

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  1. Maalaatia Veeneerea
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    Disprezzare.
    Disprezzare è la chiave di tutte le cose.
    Siamo capaci solo di fare quello, non sappiamo apprezzare ma riusciamo solo a disprezzare. Non sopporto questa cosa, mi fa impazzire.
    Il genere umano si merita una lezione, merita di soffrire e di piangere...
    Viviamo in una società basata sul disprezzo, che ti insegna a non apprezzare le cose.
    A non apprezzare le persone e i sentimenti.
    Che poi sul non apprezzare le persone sono pienamente d'accordo ma... i sentimenti?
    Come fai a non apprezzare i sentimenti di una persona, voglio dire... I sentimenti sono qualcosa di grande, qualcosa di importante.
    I sentimenti sono i colori della nostra coscienza, sono le idee della nostra mente... Sono ciò che manifestiamo e l'unica cosa che ci allontana dalle bestie quali siamo.
    Perché dovresti disprezzare una cosa del genere, qualcosa così pregna di significato.
    Prendiamo l'amore ad esempio... È difficile parlarne senza sviare ma... Come fai a non accettare l'amore?
    Come fai a non volerlo vedere, a fare finta di niente?
    Come fai a voltare lo sguardo quando cupido ti sta parlando?
    Come si fa a non riconoscere una cosa del genere?
    Non riconoscere una cosa come l'amore, bah.
    Forse però se a volte le persone non ricambiano, significa che l'amore non è così tanto giusto... Forse è un qualcosa di troppo grande per le persone...

    L'amore è come il sangue che ti passa nelle vene e te le lacera.
    L'amore è come un pensiero che si prende gioco della tua coscienza.
    L'amore è come un parassita attaccato ai polmoni.
    L'amore...
    L'amore è come niente, l'amore è niente... Non c'è, non è nulla...
    Ci sono solo delle gran lacrime e del gran sangue...
    Cadi, cadi, cadi, cadi e ricadi e poi non ti rialzi... Stai lì... Fermo...
    Tanto ormai è finita... Non c'è più nulla da salvare...
    Sei da raccogliere a pezzi e non sarebbe un problema...
    Ma chi li raccoglie i pezzi?
    Chi raccoglierà quell'ammasso di lacrime e sangue steso per terra?
    Chi ti accarezzerà i capelli in silenzio? Chi ti prenderà la mano e la stringerà? Chi metterà le sue braccia attorno al tuo corpo?

    DIO.
    Sì Dio, avete capito bene...
    Dio secondo la religione cristiana sa amare... Un amore incondizionato, senza ricevere nulla in cambio. Dio ha creato queste bestie che si comportano male con lui e fra di loro... Ma lui li ama. Dio ha il coraggio di amarci nonostante quello che facciamo.
    Che bella cosa Dio, mi piacerebbe essere così...
    Non perfetto, naturalmente.
    Ma amare solo per amare, non una persona... Tutto, vedere del buono in tutto questo, trovare qualcosa per alzarsi la mattina col sorriso e che quel qualcosa non sia tu...
    Perché non ci si può fidare delle persone, non va bene... Non si può... Poi finisce male.

    Un po' come quel pittore...
    Avete presente no? I pittori. Gente meravigliosa.
    Mettere su tela un capolavoro, un pensiero, un'idea...
    Arte, quattro lettere e descrivi tutto.
    Descrivi la magia che avviene nelle menti di quella gente.
    E loro amano i loro dipinti, incondizionatamente... Come Dio.
    Che belli, i pittori...

    Comunque...

    C'era un pittore una volta, il cui nome non posso dire, che conoscevo bene. Era uno come gli altri, non aveva nulla di speciale. Si svegliava, dipingeva, mangiava, dipingeva, mangiava, dipingeva e dormiva... Uno come tutti. Era una bella persona, è sempre stato gentile, non ha mai fatto del male a nessuno, nemmeno ad una mosca. Se ne stava lì nella sua casa, lontano da tutti, senza disturbare nessuno, perché si sa che per dipingere bisogna stare lontani, per cercare la bellezza bisogna stare lontani. E quindi lui era lì, con le sue tele, i suoi pennelli e i suoi colori e loro stavano con lui: una convivenza pacifica. Aveva tutti i colori, non gliene mancava uno e se per caso immaginava uno che non aveva lo creava. Una convivenza pacifica insomma. Tanto è ovvio che se tu porti rispetto alle tue emozioni, loro portano rispetto a te. Lui faceva questo.

    Delle sue origini non ho mai saputo nulla, anzi... forse non le aveva nemmeno le origini, ma chissene frega. Non importa sapere chi fosse veramente una persona del genere, ciò che importa è ciò che è nell'istante in cui la vedi, non cosa era prima... Forse a pensarci bene non ho mai saputo il suo vero nome, non me lo ha mai detto, l'avrò sentito dire in giro o me lo sarò inventato... Ma non credo sia il caso di dirlo.

    In molti lo conoscevano o comunque sapevano della sua esistenza... Ma pochi lo avevano visto. Non usciva mai da quella casa o almeno nessuno lo aveva mai visto uscire, ma in un modo o nell'altro sono sicuro che doveva uscire ogni tanto. Ho sempre pensato che il motivo per cui non uscisse fosse legato a qualche sua convinzione. Secondo me si sentiva come un animale cacciato, inseguito. Eh sì perché le persone reagivano in modo diverso alla sua esistenza. C'era chi era sicuro fosse una finzione, c'era chi aveva il coraggio di dire che fosse un ricercato e c'erano quelli che incuriositi stavano ventiquattro ore su ventiquattro ad aspettarlo fuori di casa. Anche io non sarei mai uscito! Non avrebbe avuto speranze nel mondo al di fuori delle sue finestre!

    Ma non è stato sempre così...

    Molto tempo fa lo incontrai, quando aveva ancora coscienza per parlare. Non mi ricordo in quale occasione ebbi questo onore, non mi ricordo il perché... Forse lo incontrai in un cafè o ad un concerto o ad una mostra, non ricordo... La mia mente deve aver cancellato tutto... inspiegabile e magnifico. Comunque lo incontrai e mi portò a casa sua. Dove abitava era un posto spettacolare, non vi era un muro vuoto o bianco... era tutto dipinto, qualsiasi cosa presente in casa sua era dipinta. Le forchette, gli specchi, le lampadine, i mobili, i vestiti, i libri, gli stessi colori che usava erano dipinti... era tutto dipinto. Era una casa perfetta per lui, rappresentava le sue emozioni... i suoi pensieri, si sentiva a suo agio.

    Comunque...

    Mi ricordo benissimo la sua faccia, era quella di un uomo distrutto, distrutto dalle sue convinzioni, dai suoi pensieri, dalla sua vita, da lui stesso... Un uomo che di uomo aveva poco. Aveva guardato in faccia sé stesso e aveva realizzato che tutto ciò che aveva creato nella sua vita, non aveva più alcun significato davanti a lui... Il Quadro che lo dipinse.

    Era inverno quando lo incontrai, il solito inverno che porta con sé le preoccupazioni e la tristezza di ogni respiro perso. Il solito inverno con il freddo che bussa alle porte del tuo cuore per tornare a casa e si chiude lì dentro fino a quanto vuole lui. Mi fece entrare timoroso in casa sua, quasi preoccupato che io non potessi apprezzare la sua casa, che era la sua vita. Naturalmente si sbagliava, ma non glielo dissi mai, che mi piaceva la sua casa... Mi fece sedere in una poltrona e mi guardò negli occhi, voleva farmeli vedere e ascoltare, non ho mai visto occhi tanto tristi e persi quanto i suoi.

    Mi raccontò dei suoi successi, non delle sue sconfitte... Quell'uomo, che di uomo aveva ben poco, non riteneva di essere mai stato stato sconfitto dalla vita. Mi raccontò che le sue opere ebbero un grandissimo successo in tutto il mondo, i suoi dipinti volavano da Parigi a Londra a Dublino ad Amsterdam e ovunque. Dipingeva gli angeli, era questo il motivo del suo successo... Chi mai lo aveva fatto? Al mondo serviva uno come lui e quando lui si presentò al mondo, il mondo lo accolse a braccia aperte. Il suo nome era riconosciuto ovunque, aveva una grande fama, una famiglia che lo amava e tanti desideri, tanti da riempire il mondo. Viaggiava, viaggiava eccome, non si fermava mai: aveva comprato la sua vita.

    Ma un giorno, uno di quei giorni di cui non ti ricordi nemmeno la data, perse tutto, tra un'ora e un'altra. Sentiva un desiderio mai provato prima, come se una forza maggiore lo stesse spingendo, una necessità, una certezza... Il pittore immaginò un quadro, un quadro non come gli altri... Un'intuizione geniale, una fortuna di una vita, una possibilità nata tra le stelle... Il pittore immaginò il Dipinto perfetto. Era chiaro nella sua mente, era sicuro e certo, non poteva essere in altro modo. L'idea di quel Dipinto lo aveva colpito proprio come un treno che ti sfonda le ossa, la sua esistenza era stata devastata da quella perfezione... Quei colori chiari e precisi e quelle forme decise facevano pensare al pittore che forse nel mondo qualcosa di giusto c'era... Era un'occasione da non perdere...

    Abbandonò tutto:
    la sua famiglia;
    la sua casa;
    i suoi sogni;
    i suoi desideri;
    le sue convinzioni;
    la sua vita.

    E così si trasferì in quella casa, quella maledetta casa.
    I giornali parlarono tantissimo di lui per un bel po' di tempo, tutti pensavano avesse avuto una crisi di nervi... Ma non era così. Si procurò quante più tele possibili e quanti più colori potesse immaginare, perché qui non si trattava di dipingere angeli, si trattava di dipingere la perfezione e si sa che, per dipingerla... Si sbaglia...

    Iniziò a dipingere il suo quadro in un giorno di primavera, una di quelle primavere capitate tra un bacio e un altro. Nel periodo in cui il freddo nel cuore si inizia a stufare e prende e se ne va fino a quanto vogliono gli altri. Lui era lì e la tela era lì, qualcosa non andava... Non aveva una buon presentimento, ma come spinto da qualcosa di più superiore come un amore incontrato in un bicchiere di vino o come una stella caduta dopo uno sgambetto... Dipinse. Il pennello scorreva gentile sulla tela, la accarezzava, la viziava. La tela sembrava traerne piacere, il colore che si spargeva su di essa sembrava quasi un orgasmo di emozioni messe insieme. La sua mano si muoveva dolce portata in braccio dai suoi pensieri. Il tutto aveva una danza misteriosa, qualcosa di perfetto... Proprio come il dipinto... Sapeva di non stare sbagliando.

    Dipinse una sola tela, tutte le altre rimasero lì a non fare niente o magari ad aspettare, ad aspettare un'altra perfezione. È un po' come aspettare il pullman, loro stanno lì ferme, prima o poi arriverà qualcosa o qualcuno. Utilizzò tutti i colori, inventò l'impossibile e il perfetto, il principio e la fine, l'alfa e l'omega.

    Il tempo gli passava di fianco e a volte si fermava per dire: ''ehi bel lavoro!''. Passavano ore, giorni, mesi e anni di fianco a lui e lui non se ne accorgeva. L'unica dimensione esistente per lui era quella della perfezione che ritraeva nella sua opera. Delle lacrime scendevano dolcemente sulla sua faccia, erano lacrime di felicità, non di dolore. Era come se avesse partorito un figlio, un figlio con gli occhi azzurri e un sorriso come quello della vita, che ha già un brillante futuro davanti a sé, con una famiglia e un lavoro e tante belle soddisfazioni.
    Lui stava dipingendo la vita, quella bella ovviamente... Quella che ti fa sorridere, quella che ti fa alzare tutte le mattine, quella che non ti raccoglie quando cadi per il semplice fatto che non ti fa cadere.

    Ad un certo punto però, accadde qualcosa di strano... Qualcosa di imprevisto...
    Il quadro iniziò a parlare, parlava... Parlava con la sua voce..
    Una voce bellissima, forte, violenta, volgare... Una voce che ti entra nel cervello e te lo violenta, una voce che ti entra nelle vene e ti passa per tutto il corpo. Corre lungo la tua spina vertebrale e ti spezza le ossa... Una voce come un treno.

    L'artista non sapeva come reagire, tolse la mano dalla tela... Smise di dipingere quando il quadro disse: ''Smettila'' e così l'artista fece. Ci fu silenzio, uno di quelli molto fastidiosi da sopportare e poi: ''Mi fai del male, non è così che devi dipingermi'', l'artista era stupito... ''Devi dipingere un pretesto, io non userei quel colore... forse è meglio quell'altro, cerca di ragionare anche sui miei di sentimenti'' Forse il Dipinto aveva ragione, quel colore era sbagliato ''Dovresti anche correggere il tratto, è troppo marcato in certi punti'' era incredibile, anche su questo aveva ragione. L'artista seguì i consigli del Dipinto, senza porsi troppe domande talmente era forte in lui l'idea della perfezione. Continuò il suo lavoro egregiamente come aveva fatto fin'ora e forse... A pensarci bene. Non erano errori quelli di prima.

    Passò del tempo relativo e le cose procedevano come sempre, l'artista probabilmente non ricordava nemmeno ciò che era successo poiché vedeva solo vita davanti a sé. Il problema era di preoccuparsi di cosa ci sarebbe stato dopo, una volta raggiunta la vita. Ad un certo punto, sentì un peso su di lui... Sentì come se un macigno enorme fosse stato gettato sopra il suo cervello. Alzò gli occhi e altri occhi si ritrovò davanti. Al quadro erano spuntati degli occhi, ma non erano normali... Non erano umani, avevano qualcosa di oltre l'umano e addirittura oltre alla perfezione.

    Erano occhi che non bisogna vedere o si rischia grosso... Quegli occhi lo colpirono, voleva piangere. Lo scrutavano, lo analizzavano e lo schernivano... Dopo averlo studiato per un tempo necessario il quadro pronunciò parola, ma con un tono più solenne: ''Non credo tu abbia bisogno dei tuoi occhi, quegli occhi sporchi rovinano la tua persona... Credi che gli altri non lo notino? Pensi di potermi dipingere in queste condizioni?''. L'artista provò vergogna di sé, dei suoi occhi... come poteva dipingere la perfezione se non riusciva a vedere nient'altro che imperfezione? Corse nel suo bagno, aprì l'armadietto dove stanno le cose dei grandi e prese un rasoio e si levò gli occhi di dosso. Il dolore non era insopportabile, in fondo non aveva proprio bisogno di quegli occhi.

    Tornò dal quadro inciampando qualche volta ma senza farsi male, si sedette davanti a lui col pennello in mano e il Quadro disse: ''Perfetto, non avevi bisogno di loro per completarmi, lascia che ti guidi io nella direzione corretta'' e così fece. Il pittore dipinse seguendo le istruzioni precise della sua opera, fidandosi ciecamente di lui... In fondo lui era la perfezione. Lasciava che la sua mente si perdesse nelle sue parole e nei suoi occhi che, anche se non vedeva, poteva sentirne la presenza.

    Quel Quadro sembrava non finire mai. Per quanto il pittore si impegnasse nel seguire gli ordini del Dipinto... Non riusciva a terminarlo. Dopo un tempo oggettivamente lungo, cambiò qualcos'altro, uno di quei cambiamenti che stanno ad indicare che qualcosa è cambiato nella vita. Al Quadro crebbero delle gambe e si mise in posizione eretta. C'era qualcosa di strano in tutto ciò, la sua altezza non era umana e tanto meno perfetta, era un'altezza che va oltre la comprensione, un'altezza che è meglio non misurare se non si vogliono avere problemi.

    Il Dipinto pronunciò parola: ''Umano, riposati... È ormai giunta l'ora di concludere ciò che hai fatto, riposa la tua carne... In attesa della mia venuta''. Il pittore si alzò e se ne andò a letto, era tantissimo tempo che non dormiva, forse mesi o anni, ma poco importava. Il pittore entrò nella sua camera, chiuse la porta e si coricò... Ma qualcosa non andava. Sentiva che il quadro era in piedi dall'altra parte della porta, in silenzio. Era questa la cosa che lo spaventava più di tutte: il silenzio. Il pittore percepiva quella presenza e ciò non lo fece dormire ma strangolò la sua mente e così, quando pensò di essersi riposato abbastanza, si alzò e andò dal quadro.

    Dopo la notte durata infiniti pensieri era avvenuto un altro cambiamento... Stavolta forse più importante: al quadro erano cresciute delle braccia e delle mani. Non degli arti umani, si intende... Arti nemmeno perfetti. Arti che è meglio non toccare se non si vuole rischiare il dolore. Il Quadro si mise vicino al pittore e lo abbracciò e disse: ''Prego''. Il pittore scoppiò a piangere, ma era un pianto interno, un pianto di tristezza, non di gioia. Aveva veramente creato la vita, ma non aveva tenuto conto di ciò che c'è dopo... E ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Ucciderlo... Ucciderlo sarebbe stata la scelta corretta, se non l'unica. Ma non lo fece, almeno all'inizio.

    Il rapporto tra i due andò via via migliorando o peggiorando, perché si sa che la direzione del vento dipende da chi si fa scompigliare i capelli. Il Quadro aveva creato una propria coscienza, iniziava a pensare e ad elaborare le sue idee, capiva molte cose, tantissime cose e se qualcosa gli era sconosciuta, la inventava. Il pittore era riuscito nel suo intento: aveva creato l'infinito, la perfezione. Presto il Quadro iniziò a provare emozioni, provò amore per il suo creatore, lo abbracciava dolcemente tutti i giorni, provava gelosia quando il suo amore usciva per prendere nuovi colori e provava rabbia quando il pittore portò a casa quella donna.

    Si sa che quando vedi la perfezione e la dipingi, poi la vita continua. Tutto si ferma quando devi dipingerla la vita, ma poi una volta trovata... Le cose vanno avanti come prima, con la stessa intensità. L'aveva conosciuta in un bar, era francese, capelli neri occhi verdi e una sigaretta troppo corta per la sua vita, uno di quegli amori nati da un bicchiere di vino. Lui la portò con sé, la portò nella sua vita, che era la sua casa e a lei andava bene. Il Quadro se ne stava nascosto o meglio, il pittore lo nascondeva e tutto andava per il meglio o peggio a seconda dei capelli.

    Il Quadro aveva una forma ormai da tempo e i suoi pensieri erano ben definiti, sapeva di odiare quella donna, la odiava e ne era certo. Il problema non era questo, perché l'odio può esserci e non è un problema, ma quella sera... Quella sera era un'altra cosa. C'era l'amore nella stranza del pittore, l'amore vero, quello che c'è solo una volta e mai più, che capita tra un giorno e un altro e che ti colpisce come il sole colpisce una finestra. Il Quadro era accecato e non vedeva ciò che faceva con quel coltello. Entrò nella stanza, non come quella volta che era rimasto sulla soglia. Entrò violento come un treno e distrusse quella donna, la spaccò, proprio come un treno. La sua tela era stata dipinta ancora una volta dalla vita, dall'amore, dall'odio e dal sangue.

    Quello che ci fu dopo non è importante, alla fine il pittore in lacrime da occhi che non erano lacerò la sua creazione, la eliminò... E finì così come era iniziato tutto, con tante lacrime, sangue e tante rinunce.
    Il pittore si sentiva privato di tutto, di qualsiasi cosa...

    Dell'amore;
    Della vita;
    Dei desideri;
    Dei sogni e;
    Di se stesso.

    Aveva lacerato sé stesso con quel colpo netto, quello che viene dopo...
    Non è importante.

    Edited by Rory - 2/12/2016, 17:44
     
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    Un pelino lunghetta...

    Lunga ma molto bella,complimenti^^
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  4. Maalaatia Veeneerea
         
     
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    CITAZIONE (Austin Dove ÆÐ @ 30/11/2016, 16:02) 
    Un pelino lunghetta...

    Lunga ma molto bella,complimenti^^
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    Grazie mille! :)
     
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    Molto bella
    ma mi rimane un dubnio il quadro è Dio? Il pittore stesso che si è dipinto sul corpo? O è semplicemente impazzito cercando una perfezione impossibile?
     
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    È molto lunga come storia, inoltre anche se si vuole dare un tocco "poetico" risulta troppo pesante e con particolari evitabili che vengono anche ripetuti nel racconto e che possono confondere chi la legge. Io ad esempio non l'ho capita in pieno, il quadro prende forma umana e uccide la donna oppure è il pittore che la uccide?
     
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  8. Maalaatia Veeneerea
         
     
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    CITAZIONE (Barachiel @ 30/11/2016, 19:28) 
    Molto bella
    ma mi rimane un dubnio il quadro è Dio? Il pittore stesso che si è dipinto sul corpo? O è semplicemente impazzito cercando una perfezione impossibile?

    Sì, sostanzialmente il quadro può essere visto come Dio poiché è lui a dipingere l'uomo. Però rimane il fatto che il quadro è un quadro e per tanto creato dal pittore, di conseguenza Dio è frutto dell'uomo.


    CITAZIONE (~SheWolf~ @ 30/11/2016, 21:03) 
    È molto lunga come storia, inoltre anche se si vuole dare un tocco "poetico" risulta troppo pesante e con particolari evitabili che vengono anche ripetuti nel racconto e che possono confondere chi la legge.

    In quanto al ''ripetere certi particolari'' io reputo sia semplicemente un modo di scrivere e non un handicap del racconto, poi sono gusti.

    CITAZIONE (~SheWolf~ @ 30/11/2016, 21:03) 
    Io ad esempio non l'ho capita in pieno, il quadro prende forma umana e uccide la donna oppure è il pittore che la uccide?

    Non si tratta di prendere forma umana, è qualcosa che va oltre al concreto. La storia è particolarmente astratta e allegorica non è semplicemente uccidere. Comunque possiamo dire che il quadro ''uccide'' la donna e il pittore ''uccide'' il quadro, che sarebbe lui stesso. Secondo me la storia va letta con uno sguardo più aperto nei confronti delle parole e dei significati, infatti io non ho utilizzato il termine uccidere nel racconto.

    Scrivimi pure per altri chiarimenti :)
     
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    Si è ovvio, sono gusti miei. Non è che non mi piace, ma la reputo un poco pesante nella lettura e si gira troppo attorno al succo della storia. Comunque, grazie del chiarimento sul finale.
     
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  10. Maalaatia Veeneerea
         
     
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    CITAZIONE (~SheWolf~ @ 1/12/2016, 20:39) 
    Comunque, grazie del chiarimento sul finale.

    Non è un problema, mi fa piacere!
    Se hai altri dubbi chiedi pure :)
     
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    CITAZIONE (Girl Killer @ 2/12/2016, 22:00) 
    Lunghetta ma bella

    Grazie :)
     
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