Carol and John

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  1. BlackFear
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    Non so perchè ma la ho scritta ed immaginata con Moonlight Sonata di sottofondo, quindi, eccola a voi.



    Appoggiai la mano sulla mia faccia stanca, riuscivo a malapena a tenerla premuta contro il volto.
    Scivolava, lenta, verso il basso, accarezzando le mie fredde labbra, sospirai; la calda brezza del mio fiato riscaldò il palmo.
    Un brivido mi percorse la schiena nel provare quel dolce calore, ultimamente sentivo solo ed esclusivamente un mordente freddo nelle ossa e nell'anima.
    La mano cadde morta sopra la mia giacca. Il mio sguardo vuoto si riposizionò su ciò che ero venuto a fare.
    Avevo una tomba ai miei piedi appartenuta a una persona che amavo, mi inginocchiai, le mie gambe sprofondarono nella neve posatasi sul giaciglio, accarezzai lentamente il nome sovrimpresso sulla pietra.

    "Carol... amore" dissi flebilmente a me stesso.

    Dopo la sua morte tutto è andato tutto storto, il mio lavoro, la casa, la mia vita in generale.

    "Scusami..."

    Mi distesi sulla tomba, affranto e preso dal mio dolore interno. Il mondo girava, mi sentivo stordito, stavo per caso impazzendo? Il dolore mi ha finalmente portato fino al punto di non ritorno? Provai a concentrarmi su ciò che succedeva attorno.
    Un cinguettio di una rondine, i rami fruscianti, scricchiolii alle spalle...
    Caldo, molto caldo.
    Una vampata di calore mi avvolse, aprii gli occhi.
    Cielo rosso, nuvole violacee, tuoni di fuoco in lontananza.
    Che questa sia la fine? L'apocalisse? Sarò tra i fedeli che andranno in paradiso, accompagnato dalla mano di Dio e cullato dalla dolce voce angelica di mia moglie?
    Scricchiolii nella neve, di nuovo. Come?! Come può esserci neve con questo calore!
    Mi girai, non c'era più neve ma bensì una melma grigiastra, orme artigliate impresse in essa.
    Il cimitero era cambiato, le tombe erano diventate alti obelischi pieni di nomi, simboli di tempi remoti, presenti e futuri, ricordati e predetti per sempre nella dura pietra. Il cancello era diventato una porta in massiccio ferro con aculei sporgenti, facce umane e animali in cui era impresso a fuoco il simbolo del dolore fisico, altre erano facce a cui mancano pezzi, putrefatte e corrotte. Gli alberi erano contorti e tendevano i loro rami verso l'alto quasi in cerca di una via di fuga, quasi in cerca di misericordia, dalle radici e dalla corteccia sgorgava un liquido nerastro, credo che se avessero avuto una voce in quel momento avrebbero gridato come nessun'altro essere vivente poteva.
    Qualcosa mi era sopra, torreggiava su di me, ero ancora in ginocchio, non avevo la forza di guardare cosa era, non dopo aver visto questo, ora capisco cosa vuol dire la parola paura.
    Un secondo nome echeggiò nell'aria ma questo volta era il mio.

    "John"

    Chiusi rapidamente gli occhi e alzai la testa, conoscevo quella voce, non poteva essere vero.
    Mani scheletriche e appassite afferrarono il mio volto, stringevano la mia testa e mi impiantavano le unghie affilate nel cuoio capelluto.

    "Guardami, caro."
    "Ti prego, non dirmi che anche tu sei qui, Carol."


    Il mio sguardo si posò su di lei, ciò che c'era davanti a me non era la mia amata ma bensì un mostro. La sua pelle grinzosa e scura, sul cranio gli rimanevano solo che qualche ciocca di capelli mezzi biondi e grigi, i suoi splendidi occhi azzurri erano ridotti a due piccoli bulbi bianchi. Indossa ancora il vestito con cui era stata sepolta, un lungo vestito da sera rosa e una sciarpa color carmine.

    "Perché mi fai ciò, maligna apparizione!"
    "Perché sei stato tu ad uccidermi, John!"


    Sentii una fitta al cuore.

    "Sei tu che mi hai lasciata morire! Sei tu che mi hai portata al suicidio! Mi hai lasciata sola! Mi hai lasciata con me stessa per una vita intera! Nemmeno un figlio sei riuscito a darmi! Razza di cane! Cosa dovevo fare! Cosa dovevo fare, John! Spiegamelo!"

    Scoppiai in lacrime.

    "I-i-i-o non vo-vo-volevo." dissi singhiozzando.

    Carol si mise a ridere, le sue unghie erano penetrate in profondità nella mia testa, potevo sentire il sangue che cadeva sulla giacca.

    Tutto cominciava di nuovo a girare, le risate si moltiplicarono. Due, quattro, otto, venti, cinquanta.
    Dei rantolanti cadaveri uscivano dalla terra per unirsi a quell'infame coro infernale, i tuoni si congiungevano a loro seguendo il suono che i morti emanavano. Risate di scherno, di maligna e distorta felicità. Maledizioni, offese, vidi i miei stessi avi unirsi alla marmaglia. I corpi sempre più compiaciuti si rigiravano su di loro stessi, deliziati della loro malvagità e crogiolandosi in pene che non erano loro. Staccai di forza le mani di Carol dalla mia testa.

    Gridai, gridai con tutto il fiato che avevo in corpo, lo scenario si faceva sempre più rumoroso e scuro, caddi a terra senza fiato.

    Era sparito tutto.

    Mi rialzai lentamente, di nuovo posai gli occhi sulla sua tomba, un coltello era in bilico sopra la roccia.

    "E' questo ciò che vuoi, amata? Vuoi che venga da te per farti compagnia in un'eterna sofferenza? Esaudirò il tuo desiderio."

    Infilai la lama nel mio stomaco, un fiotto di sangue mi uscì dalla bocca, affondai l'arma ancora più in profondità bucando i polmoni, in fine, caddi sulla tomba di Carol.
    Il sangue usciva copioso e si riversava sulla neve sotto di me.
    Gli ultimi tre respiri.
    Primo respiro, del fumo si alzava dal terreno per il contatto tra calore e freddo.
    Secondo respiro, la mia visione si faceva sempre più torbida, scura.
    Terzo e ultimo respiro, vidi di nuovo ciò che mi aspettava, mia moglie mi tese la sua mano scheletrica, gliela strinsi.

    "Carol... fino l'inferno e oltre per te..." caddi riverso sulla fredda neve invernale.

    Edited by BlackFear - 30/3/2014, 02:00
     
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