Apocalypse: The Aftermath.

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  1. Mordekai The Summoner
         
     
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    ‘’Alex? Alex svegliati, devi andare a scuola, farai tardi.’’

    ‘’…Altri 5 minuti mamma…’’


    Sono ormai 2 settimane che il ricordo di mia madre tormenta i miei sogni e ogni giorno mi manca sempre di più, ma cerco di non pensarci e continuare nel mio viaggio, alla ricerca di un rifugio o scorte alimentari, ma ciò che ho trovato fino ad adesso è solo un libricino impolverato e consumato.

    La terrà è arida, frastagliata e spoglia, nessun segno di vegetazione o infetti, per il momento, ma bisogna tenere gli occhi aperti.
    Sono ore ormai che cammino, senza meta, senza un itinerario preciso, stanco, affamato e assetato, la mia schiena è a pezzi per lo zaino carico di dardi in metallo, avanzi di panini o dolci, un po’ d’acqua e il mio arco in fibra di carbonio. Da bambino mi piaceva il tiro con l’arco e dall’allora non ho più smesso.

    Dopo ore di cammino, intravidi una struttura militare, diroccata e semi distrutta, pullulante di Jugger, come mosche su una carcassa in putrefazione.

    ‘’Devo entrare a tutti i costi in quella struttura, forse trovo qualcosa di utile, ma come entro?- mi chiesi con tono contrariato.

    Ero talmente concentrato sul piano che sobbalzai non appena sentii degli spari non molto lontani da li, dalla struttura. Qualche pazzo sparava ai Jugger e non si preoccupava della sua incolumità, finché non si ritrovo circondato da 3 Jugger pesanti. Fulmineo afferrai il mio arco e scoccai tre dardi. Tutti e tre a segno nelle loro teste. Il tizio che stava sparando all’impazzata cadde a terra, confuso di quel che era appena successo e allora gridai:

    ‘’Sei pazzo per caso? Volevi farti uccidere?’’

    ‘’E’ meglio morire piuttosto che vivere ancora, sapendo che coloro che ami son morti.’’
    - rispose lui.

    Quella frase mi destò stupore e sensi di colpa.

    C’è un motivo per i sensi di colpa, io riuscii a sopravvivere per molto tempo in assenza di luce, ma mia madre era malata di uno strano virus e per vivere bisognava stare almeno 4 ore alla luce del sole, così da poter rallentare il flusso del virus, ma con il favore delle tenebre triplicò la sua avanzata e morì dopo 3 settimane di agonia.

    Scesi dalla collina, lasciandomi alle spalle una nube di terra rossa e raggiunsi quel giovane seduto nella polvere. Dal volto potevo capire che era anziano, sulla 60ina, baffi all’inglese, occhiali tondi, camice bianco e targhetta. Doveva essere un medico o un chimico.

    ‘’Posso sapere chi sei e perché sei qui, da solo?’’-domandai con tono brusco.

    Non rispose per qualche secondo, ma dopo un profondo respiro disse:

    ‘’Mi chiamo Victor Wolfe, esperto chimico, 5 diplomi nella ricerca di antidoti in diverse malattie patogene o tumori, 2 Nobel per la scienza e molti altri premi. Sono qui da 2 mesi ormai, ci sono 10 casse di cibo da 12kg l’una, con acqua e altre cose che servono, come farmaci, bende ecc… Ecco come ho fatto a sopravvivere. E tu perché sei qui?’’

    ‘’Vago ormai da 2 settimane in questa landa dimenticata da Dio, senza una meta…’’-dissi.

    ‘’Dai su entra, dentro troverai quel che ti serve.’’

    Un barlume di speranza si accese nei miei occhi, forse avevo trovato un amico, o almeno qualcuno che potesse ascoltare i miei problemi e aiutarmi.

    ‘’Ho notato che usi arco e dardi per uccidere quelle bestiacce, interessante.’’- disse con tono curioso. ‘’Ma ti servirà a poco, hai bisogno di un arco più leggero e di dardi lunghi quasi 20cm se vuoi avere effetti istantanei e aggiungere uccisioni alla tua lista.’’

    ‘’Dimmi perché ti trovi in questo posto fatiscente?’’- domandai in fretta.

    ‘’Vorresti dire come ci sono arrivato. A piedi. Da Las Vegas a qui. Più di 2500 miglia, un lungo pellegrinaggio, ricco di insidie, sfide e torture difficili da sopportare…Grazie per avermi salvato la vita.’’

    ‘’…E’ il minimo che resta in questo posto.’’


    ‘’Il tuo è un arrivo inaspettato, comunque.’’- disse il chimico mentre guardava fuori dalla finestra di quella catapecchia in qui eravamo rinchiusi, ma almeno era l’unica catapecchia che poteva ospitarci.

    ‘’Inaspettato? Che vuoi dire?’’. Domandai arricciando un sopracciglio.

    ‘’Voglio dire che sei il primo non infetto che vedo, dopo tanto tempo, almeno ho l’occasione di parlare con qualcuno che non sia me stesso o con un cadavere…Ahah.’’

    Non dissi nulla per un po’, finché lui non si stese sul letto e mi chiese se volevo dormire. Accettai e mi addormentai.

    ‘’Mamma guarda, questo è per te.’’

    ‘’…E’ bellissimo Alex, vieni qui, fatti abbracciare.’’

    ‘’Ti voglio bene mamma.’’

    ‘’Anche io piccolo mio.’’

    Mi svegliai urlando. Erano le 5:36 del mattino. Il chimico che dormiva su una brandina disse:

    ‘’Incubi?’’

    Mi asciugai la fronte madida di sudore e esclamai:

    ‘’No…solo un ricordo che mi tormenta da troppo tempo ormai.’’

    ‘’Il ricordo di una persona a te cara? Per esempio il ricordo di tua madre?’’

    ‘’…E tu che cosa vuoi saperne?’’

    ‘’So come ci si sente. Io ho perso mia madre quando ero solo un neonato. Evento tragico per me, che andò avanti fino al mio 17esimo compleanno. Da allora, il ricordo di mia madre è solo un frammento di vetro che non riflette. Piangevi stanotte, dicendo: ‘’Mamma dove sei, perché mi hai abbandonato.’’


    ‘’Smettila!’’- urlai a pieni polmoni.

    Ci fu il silenzio per qualche minuti, finché:

    ‘’Scusami, non volevo. Andiamo su, abbiamo un lungo viaggio da intraprendere.’’- disse Victor.

    ‘’…Che…che viaggio?’’

    ‘’Dobbiamo arrivare a New York per recuperare uno degli infetti, forse possiamo trovare un antidoto. Muoviamoci.’’


    Detto questo, recuperammo una vecchia Dune Eater e partimmo. Dopo mezz’ora di viaggio mi addormentai.
    Ricordai ancora il volto di mia madre, con quel suo sorriso che ti faceva sciogliere dalla dolcezza, i suoi capelli castano scuro, i suoi occhi verdi e quel nasino piccolo che la rendeva aggraziata come una ballerina.
    Ma quella gioia si ruppe come uno specchio quando la malattia la colpì, divorandola lentamente.

    ‘’Hey, siamo arrivati, scendiamo.’’- sobbalzai quando sentii questa frase. Eravamo arrivati a destinazione.

    Scesi stiracchiandomi e chiesi:

    ‘’E ora che si fa?’’

    ‘’Ah, si va a caccia mio caro.’
    ’ – disse Victor con una sicurezza e spavalderia invidiabile.

    Non risposi e lo segui.

    Speriamo che sia sicuro di quel che fa.

    Apocalypse+City


    Fine Episodio 1.


    Edited by Mørdekai The Summøner~ - 28/4/2013, 10:55
     
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