Votes taken by Old Valley

  1. .
    Mah, ti dirò la verità, rileggendola dopo tanto tempo, posso affermare che in fondo non è un granché :lol: :lol:
  2. .
    Ehm... ho una sorella .-.
  3. .
    Era una sera come le altre in casa Pinkerton e John aveva deciso di lasciarsi andare in seguito alla morte della moglie, avvenuta poche settimane prima, facendosi trasportare dall'amaro sapore dell'alcol, divenuto ormai il suo migliore amico. Quella sera perse completamente la cognizione sia del tempo che dei litri di veleno che si lasciava far scorrere in corpo, e che mano a mano annebbiavano la sua mente e gli facevano dimenticare ogni dolore. Dalla scomparsa della moglie non passava giorno senza che John decidesse di ubriacarsi, ormai trascurava le figlie e se ne fregava di tutto e di tutti.
    Le piccole gemelline dormivano serene nella camera da letto, abbracciate l'una all'altra nel lettone dove un tempo dormiva la loro mamma. John decise di dare un'occhiata prima di sdraiarsi sul divano e aspettare che l'alcol facesse il suo effetto. Alla vista dei suoi due angeli le lacrime iniziarono a rigargli il viso, e con la voce strozzata dal pianto cercò di sussurrare a bassa voce un semplice "Buonanotte", prima di allontanarsi dalla stanza socchiudendo dolcemente la porta.
    John si incamminò lungo il desolato corridoio apparentemente infinito, fino a raggiungere il soggiorno dove aveva deciso di perdersi nel mondo dei sogni. L'alcol stava facendo effetto, e il signor Pinkerton non desiderava altro che iniziare a dimenticare tutto.
    Si distese pesantemente sul divano, lasciando cadere il suo corpo con violenza sui morbidi cuscini, e si lasciò trascinare dal dolore e dal pianto che rendevano sempre più pesanti le sue palpebre.

    Iniziò a sognare sua moglie, momenti speciali insieme a lei che straziavano il fragile cuore di John. Nel suo sogno, ogni singolo momento passato insieme alla sua dolce metà veniva interrotto sul più bello, o semplicemente iniziava a rivedere episodi dell'ultimo periodo di vita della compagna, pieno di sofferenza a causa della malattia che l'aveva colpita.
    D'un tratto il suo sogno si interruppe. Si ritrovò circondato dall'oscurità, in una buia stanza, avvolto nelle tenebre più oscure. Guardò dritto davanti a se, una luce, anzi due, che gli si avvicinavano sempre più. Le due entità luminose gli tesero simultaneamente la mano, e senza pensarci due volte John le afferrò con vigore, con rapidità, quasi come se avesse voluto chiedere aiuto ed essere salvato da quell'incubo che era diventata la sua vita. Le due figure tirarono con fatica, ma John sembrava incollato al pavimento, le gambe gli cedevano e non riusciva a controllare nessun muscolo del suo corpo. Mentre le due apparizioni tiravano con tutta la loro forza, John alzò lo sguardo e riconobbe i volti delle sue figlie. Il loro sguardo affaticato, triste, spento dalla dolore gli penetrò dritto nell'animo, facendogli ritrovare la forza di iniziare a muovere prima una gamba, poi l'altra, e successivamente tutto il corpo. Si rialzò in piedi, si lasciò trasportare verso la porta verde da poco comparsa nell'oscurità della stanza. Arrivarono con fatica, finalmente, e John afferrò la maniglia con violenza, spalancando la porta davanti a lui. Un bagliore lo investì e lo accecò per un po' di tempo, giusto il necessario per permettere a John di risvegliarsi. Si ritrovò seduto sul divano, e ai suoi lati le due figlie dormivano abbracciate al loro padre. Avevano un aria così serena...
    John le guardò per qualche minuto, mentre cercava di trattenere le lacrime per evitare di svegliare le due piccole. Comprese solo quella sera, su quello squallido divano dove era solito coricarsi, che la vita vale la pena di essere vissuta, e se essa decide di portarti via qualcosa di importante e inizi a sentirti solo, non devi disperare.

    Morale di questa stupida storia inventata al momento e che doveva terminare in tutt'altro modo? Se vi capitano cose spiacevoli, non disperate, non lasciatevi trascinare dal dolore e dalla sofferenza ma reagite. Ci sono persone che avranno sicuramente bisogno di voi, e per loro non sarete certo utili se doveste iniziare a drogarvi o a bere. Vivete la vita prendendo ogni cosa in pieno petto, affrontate ogni problema e lasciate che la vostra esistenza svolga il suo naturale corso, perché ricordate, al mondo ci sarà sicuramente qualcuno che starà soffrendo molto più di voi.


    Chiedo venia, so che magari potrei allungare la storia, ma non è un buon periodo per me e non riesco ad avere idee. Basti pensare che non ho nemmeno più toccato la storia "Il nuovo Giustiziere".


    Edited by Old Valley - 22/2/2016, 22:39
  4. .
    Signori, lo so che ci sono imprecisioni, ma la storia è inventata, cercate di capire. So bene che gli americani non hanno aiutato i Russi, io però ho solo detto che c'erano soldati americani nel loro ospedale. Comunque, apprezzo il fatto che me lo facciate notare, la prossima volta mi informerò ancor meglio prima di scrivere un racconto con qualcosa di storico c:
  5. .
    Purtroppo, per quanto possa piacermi, non sono un esperto militare :c
  6. .
    La neve scende lentamente e i tuoi passi fanno un rumore fortissimo. I fiocchi cadono sopra gli alberi facendo scricchiolare i rami che si lasciano sfuggire qualche lamento. Il freddo rende ogni cosa accentuata: la luce della luna è abbagliante, il silenzio del bianco assordante, il tuo respiro sulle mani, sconvolgente. Sarebbe tutto magico se non fosse che stai camminando sull’asfalto ghiacciato vicino alla neve alta un metro per raggiungere una casa dove, sperando di trovare un telefono fisso, poter chiamare il soccorso stradale. Sembra l’inizio di una barzelletta scadente, ma quando la tua fedele Chevrolet si è fermata sul ciglio della strada mentre stavi andando con la tua famiglia a casa dei tuoi genitori, non hai riso molto.
    Tua moglie è rimasta con i bambini al caldo continuando a fissare inebetita lo schermo del cellulare. Come se questo aiutasse a far comparire una tacca hai pensato mentre scendevi per cercare aiuto. Avevate visto delle luci qualche chilometro dietro, così hai preso la torcia elettrica dopo aver indossato il gilet catarifrangente, hai posizionato il triangolo e sei tornato sui tuoi passi. Hai anche mantenuto il sorriso finché c’era la possibilità che i piccoli ti vedessero, non era il caso di allarmarli, soprattutto visto l’imminente divorzio, ma appena sei stato inghiottito dal buio hai iniziato ad imprecare pesantemente.

    Il vento fischia e le sue sottili lame ti sferzano il volto, ti sembra di avere centinaia di aghi che ti pizzicano le guance; una lacrima ti scende fino al mento e il suo calore viene subito sostituito dal gelo. Fortunatamente hai il cappello pesante e i guanti antivento che usi quando vai a sciare, ma il freddo cerca costantemente una breccia tra i tuoi vestiti per entrarti dentro, fino alle ossa. Il naso è un blocco di ghiaccio e hai mani e piedi intorpidite, devi sbrigarti e allunghi il passo pregando qualsiasi divinità di raggiungere in fretta la casa.
    I fiocchi di neve ti cadono sugli occhiali e quando si sciolgono lasciano delle minuscole perle d’acqua che ti impediscono di mettere a fuoco nitidamente. Improvvisamente vedi delle stelle in mezzo agli alberi e capisci di essere vicino alla tua meta; la neve sul viale non viene spalata da giorni e ti addentri cercando di non rimanere troppo bloccato. Inevitabilmente ti bagni i pantaloni fin sopra il ginocchio e ti sembra quasi di sentire il ghigno del freddo che sa di aver vinto, ma sei talmente vicino alla casa che non ti interessa.

    Finalmente raggiungi le scale del portico, ti assicuri con la mano alla ringhiera per non rischiare di scivolare sui gradini ghiacciati e raggiungi la porta d’ingresso; sopra c’è una meravigliosa corona di natale fatta di alloro e caprifoglio.
    Allunghi la mano destra e suoni il campanello cercando di sorridere, per qualche minuto non succede nulla e premi una seconda volta il pulsante; in quel momento la porta si apre e sulla soglia vedi una dolcissima vecchietta con i capelli bianchi tenuti in uno chignon. La donna indossa una tuta di ciniglia, delle perle opache e un grembiule a quadri rosso e bianco con scritto “Let’s cook for the Lord” e tiene in mano un canovaccio con cui si sta asciugando le mani.
    «Ha bisogno di qualcosa giovanotto?» la voce della donna è incredibilmente calda e il suo sguardo ti rincuora.
    «Sì signora, la mia auto si è fermata a pochi chilometri da qui e la mia famiglia sta aspettando lì. Sarebbe così gentile da farmi usare il suo telefono? Il cellulare non prende da queste parti.»
    «Oh certo caro, entra in casa.» la donna ti fa entrare e chiude la porta alle tue spalle permettendo al calore della casa di abbracciarti. «Quelle diavolerie non funzionano qui. Puoi utilizzare il telefono della sala da pranzo, almeno stai vicino al camino.»
    Cammini lungo il corridoio, guardando colpevole le impronte d’acqua che lasci sul parquet ad ogni passo, un forte odore penetrante fuoriesce da una stanza che deve essere la cucina, come un muro di cannella che ti riporta a quando passavi il natale da tua nonna, e inspiri profondamente. La casa è incredibilmente grande e bella con un arredamento sobrio e di buon gusto, una cosa che tua moglie non capirà mai. Ti fermi un secondo a guardare l’enorme pendola che torreggia a fianco delle scale in mogano e la padrona di casa ti lascia lì qualche istante sorridendo, appena te ne accorgi ti volti e la raggiungi imbarazzato.
    «Mi scusi.» sussurri.
    «Oh, non ti preoccupare. Mio marito ha fatto quell’orologio. Me lo regalò per le nostre nozze.»

    Il carro attrezzi era partito e quel demone ti avrebbe fatto pagare uno stipendio solo la chiamata, il problema era che sarebbe arrivato dopo quasi quattro ore vista la bufera che imperversava.
    «Non ti preoccupare caro. Mio marito Frank andrà a recuperare la tua famiglia e aspetterete qui l’arrivo del carro attrezzi.»
    «Non possiamo approfittare così della sua gentilezza signora.»
    La donna non ti lascia nemmeno finire la frase, alza la mano sinistra e chiude gli occhi esattamente come faceva la tua maestra di matematica delle elementari quando dava una punizione.
    «Oggi è la vigilia di natale e non permetterò che dei bambini rimangano a freddo con questo tempaccio.» Con un sorriso illumina la stanza e riprende subito con un tono molto più dolce. «Ora vieni con me, non è il caso di rimanere con questi vestiti bagnati.»
    La donna esce dalla sala da pranzo e apre una porta di uno studio dove un signore sta montando un piccolo orologio; indossa dei buffi occhiali che gli rendono gli occhi giganteschi e appena ti vede un sorriso gli increspa le labbra. Si avvicina e ti porge la mano continuando a indossare i suoi strani occhiali.
    «Frank, togliti questi arnesi o ti prenderanno per pazzo.»
    «Oh cielo, che sbadato. Scusami figliolo, sono Frank, Frank Milton.»
    «Ma guarda che maleducata, non mi sono ancora presentata. Io sono Hellen.»
    «Io sono Mark Galloway.»
    La signora racconta tutto al marito mentre tu non puoi fare a meno di ammirare i centinaia di ingranaggi che ci sono in quella stanza. Improvvisamente Frank ride.
    «E tu credevi che vi avremmo lasciato fuori con questo tempaccio. Corro subito a prendere la tua famiglia Mark. Hellen, vedi di dare al giovanotto qualche vestito asciutto.»

    L’uomo esce e dopo pochi minuti senti il suono di un piccolo spalaneve.
    «Ci metterà pochissimo vedrai. Tra cinque minuti saremo in salotto a ridere di tutta questa faccenda.»
    Hellen ti scorta fino a una camera da letto e prende da un armadio dei pantaloni, della biancheria e una camicia e te li porge.
    «Ecco, direi che hai la stessa taglia di mio figlio. Puoi cambiarti in bagno, poi dammi i tuoi vestiti che li mettiamo subito davanti al caminetto.»
    Mentre ti togli gli abiti bagnati vedi dalla finestra il fuoristrada di Frank che esce dal viale della casa e sorridi pensando alla fortuna che hai avuto.

    La debole luce del mattino ormai illumina il cielo. Resti solo con la dolce Hellen, e per ripagare tutta la sua gentilezza decidi prontamente di darle una mano in cucina. Restia del tuo aiuto, alla fine si convince che insieme finirete i preparativi in tempo per godervi il pranzo tutti insieme, una volta che i tuoi familiari saranno arrivati con Frank. Passano quindici minuti, e quasi non te ne rendi conto. Senti il fuoristrada tornare lungo il vialetto, parcheggia, le portiere si aprono e i tuoi figli rimangono stupiti e felici alla vista di quella casa che, c'è da dire, assomiglia molto ad una di quelle viste nei film di Natale, carina e calorosa al solo sguardo. La tua famiglia, insieme a Frank, si appresta ad entrare in casa. Dopo aver aperto la porta, vi rilassate per un po' in salotto, vicino al camino, mentre Hellen ritocca gli ultimi preparativi per il pranzo.
    Arrivata ormai l'ora di pranzo, vi sedete tutti intorno al tavolo e consumate il meraviglioso pasto cucinato dalla gentile nonnina, parlate di argomenti vari e ridete insieme raccontando di storie natalizie, di miti e favole per far divertire i più piccoli.
    Ti guardi intorno, e osservi le luci, le decorazioni, l'albero. La vista si fa sempre più sfocata, il suono delle risate diventa ovattato. Senza dire niente, con il sorriso sulle labbra chiedi a Frank dove si trovi il bagno.
    «In fondo al corridoio, a sinistra. Ti senti bene Mark? Sei sbiancato»
    «Si, Frank, sto bene, nulla di cui preoccuparsi. Se volete scusarmi, adesso vado a sciacquarmi la faccia»
    Ti dirigi verso il bagno, strofini il viso con l'acqua gelida, tutto torna normale. Parli con te stesso, chiedendoti cosa sia successo, ma senza dare troppo peso alla cosa torni poco dopo in salotto.

    «Allora Mark, tutto bene?» Chiede premurosamente Hellen.
    «Oh si, niente di cui preoccuparsi, solo un piccolo capogiro»
    Continuate a raccontarvi delle vostre vite. I Milton chiedono di voi, da quanto tempo siete sposati, ma pur cercando di evitare l'argomento a tutti i costi sei costretto, poi, a parlare. Non accenni alla tua situazione, non vuoi ancora che i bambini lo sappiano, anche se prima o poi dovrai dirglielo che tra loro padre e la loro mamma non c’è più amore.
    «Voi invece?» chiedi. «La signora Hellen prima aveva accennato ad un figlio, come mai non è con voi?»
    L'aria di serenità intorno a te si è fatta più pesante, riesci a sentirlo realmente. Frank abbassa lo sguardo pentito, gli occhi di Hellen, invece, si fanno più lucidi.
    «Scusatemi, avrei dovuto farmi gli affari miei. Non volevo creare una sit-»
    «Tranquillo» rassicura Hellen. «Non puoi certo prevedere il futuro, mio caro. Be', nostro figlio Gregory è venuto a mancare anni fa. Il poveretto era di ritorno in auto dall'università, aveva scelto la facoltà di medicina. Ero sempre stata contraria con questa sua decisione, ma alla fine Gregory non mi diede retta... Buono come il pane, dolce come pochi, ma faceva tutto di testa sua. Mentre tornava si fermò lungo l'autostrada, nel punto in cui c'era stato un incidente. Era notte e non c'erano molte auto in giro, così decise di mettere alla prova i suoi studi cercando di aiutare gli eventuali feriti. Scese dalla macchina e...» Un singhiozzo interruppe Hellen.
    «Fu investito da un ubriaco alla guida» riprese prontamente Frank.
    «Oh Dio... Sono davvero dispiaciuto signori Milton, non volevo costringervi a parlarne»
    «Tranquillo Mark, ormai ne è passato di tempo, parlarne non può far altro che rafforzare i nostri animi. E poi noi sentiamo il nostro Gregory sempre qui al nostro fianco, come se non se ne fosse mai andato. Gli vorremo sempre bene»
    C’è qualche minuto di silenzio imbarazzante, mentre ti senti colpevole per aver rovinato quel momento di felicità creatosi all'interno di quel caldo salotto, scaldato dal tenero fuoco del caminetto.
    «Nella vita non c'è cosa più terribile che sopravvivere ad un figlio» esclamò la signora Hellen. «Mi auguro con tutto il bene che ho che una tragedia simile possa non ricapitare ad altri, perché posso garantirti che è un dolore straziante»
    «Lo credo, signora Hellen. Non posso immaginare come sia, ma so che non riuscirei a vivere senza i miei figli»
    «Be', dopotutto oggi è la vigilia di Natale, cosa sono questi animi tristi?» Si asciugò una piccola lacrima scesa sul suo volto. «Oh, che sbadata, ho lasciato i biscotti in forno. Spero non si siano rovinati, ci ho messo tanto amore nel prepararli»

    Ritornate all'atmosfera di serenità precedentemente instauratasi, ti guardi intorno e noti tua moglie che ti guarda con aria dispregiativa, quasi avessi combinato chissà quale guaio. I tuoi figli, invece, giocano tra di loro ridendo e scherzando, proprio come se non fosse successo nulla.
    La signora Hellen ritorna dalla cucina con un vassoio ripieno di biscotti al cioccolato. Il profumo pervade la stanza, fino ad espandersi in tutta la casa. Biscotti così dolci non ne avevi mai mangiati, e porgi i tuoi complimenti alla cuoca, seguito subito dopo anche da suo marito Frank. I tuoi figli si ingozzano letteralmente, anche se gli raccomandi di non esagerare, ma poco dopo un sorrisetto ti sfugge sul volto vedendoli tanto felici. Inizi a pensare che quei biscotti abbiano qualcosa di magico, perché anche tua moglie inizia a sorridere. Che dire, la magia del Natale.

    Terminato il pranzo, vi rilassate tutti accanto al focolare, guardando qualche film natalizio che passa ogni giorno in tv da anni e anni ormai, in questo periodo. Frank si rivela un uomo davvero simpatico, sempre con la battuta pronta. Che dire, è davvero una brava persona, si capisce dal primo momento in cui lo si vede. Hellen si mette in disparte, in un angolino, a cucire, mentre i tuoi figli ti si accasciano sulle gambe e sprofondano in un pesante e lieto sonno. Tua moglie invece è talmente presa dal film che non si cura di ciò che le succede intorno.
    «E così stavate andando dai tuoi genitori. Giusto Mark?»
    «Si, signor Frank. Purtroppo, come ben sa, la macchina si è fermata e non credo che riusciremo ad arrivare dai miei in tempo per cena. Da qui ci sono ancora diverse miglia da fare per arrivare alla loro città e… Oh, che sbadato, avrei dovuto pensarci prima. Mi permetterebbe di utilizzare nuovamente il suo telefono? Vorrei avvisarli del nostro ritardo»
    «Non c’è nemmeno bisogno di chiedere» rispose gentilmente Frank.
    Ti rechi in cucina, dove è posizionato il telefono, ma stranamente noti che non c’è linea. Riprovi più e più volte, ma senza esiti positivi.
    «Strano, non c’è linea nemmeno al telefono fisso»
    «Immaginavo, capita spesso da queste parti. Mi dispiace che tu non sia riuscito ad avvisare a casa, saranno sicuramente in pensiero per te»
    E di sicuro lo erano. In fondo, ti aspettavano per l’ora di pranzo e ormai si era fatto pomeriggio inoltrato. Ritornando a sederti noti di sfuggita l’orario.
    «Diamine, il carro attrezzi potrebbe essere arrivato e io sono ancora qui, che stupido»
    «Non c’è da allarmarsi, Mark. Sono sicuro che ti starà aspettando, non credo che non abbia notato la tua auto ferma in mezzo alla strada» ribatté con un tono rassicurante Hellen. «Sono sicura che mio marito sarà più che lieto di accompagnarti a dare un’occhiata»
    Uscite di casa, imbottiti fino ai piedi, mentre il vento soffia sui vostri visi e gela gli occhi, e proseguite verso il fuoristrada di Frank. Dopo qualche minuto arrivate sul luogo in cui la tua macchina si era fermata, ed eccolo lì, il carro attrezzi. L’autista vi vede arrivare da lontano e come gesto di saluto accende ad intermittenza i fanali della macchina. Apri lo sportello, mentre chiedi cortesemente a Frank di rimanere in macchina. È stato così gentile con te che di certo non vuoi farlo ammalare con un po’ di vento. Tu e l’autista del carro attrezzi decidete ciò che deve essere fatto, e alla fine arrivate alla conclusione che, per non disturbare ulteriormente la famiglia Milton, vi sareste posizionati in macchina mentre questa veniva trasportata fino alla città più vicina. Da lì poi, avreste pensato a cosa fare successivamente. Frank, ovviamente, si oppone alla tua decisione e si propone di accompagnarvi lui stesso, ma cortesemente rifiuti più volte, costringendolo a smettere di provare a darvi un ulteriore aiuto. Tornate insieme a casa per salutare la dolce Hellen, la vera salvatrice della vostra vigilia di Natale. Senza il suo aiuto adesso sareste ancora in macchina ad aspettare qualcuno che vi soccorra.

    I tuoi figli abbracciano calorosamente i due anziani, tua moglie accenna ad un leggero sorriso e si limita a spendere qualche buona parola nei loro confronti, ringraziandoli per la loro generosità. Tu invece, ti lasci andare in un profondo abbraccio ricco di gratitudine e, poco dopo, vi recate alla vostra vettura, intenti ad arrivare alla prima città più vicina. Mentre ti allontani nella tua macchina, trasportata dal carro attrezzi, osservi la casa dei Milton sparire in lontananza tra la fitta nube nevosa, e guardi le luci delle decorazioni divenire sempre più piccole, quasi come fossero piccole lucciole libere di notte. Dopo qualche ora di viaggio arrivate in città, che si rivela essere la stessa in cui abitano i tuoi genitori. «Che fortuna» pensi.
    Pagate il gentiluomo che si è messo a disposizione per aiutarvi, sorprendentemente decide di farvi uno sconto proprio perché è la vigilia di Natale. Non sarà chissà cosa, ma è pur sempre un altro favore che decide di farvi.

    Tu e la tua famiglia decidete di camminare fino alla casa dei tuoi genitori, siccome di taxi e mezzi pubblici non se ne vede nemmeno l’ombra. Dopo una mezz’ora di piacevole passeggiata arrivate finalmente all’isolato della tua famiglia, ed entusiasta bussi il campanello. Tua madre apre la porta, vi guarda per qualche secondo e sorride, gioiosa di vedervi arrivare.
    «Sono così felice di essere arrivato. Non puoi immaginare cosa ci è capitato, vi spiegheremo tutto non appena ci sistemeremo a tavola»
    Racconti ai tuoi genitori e il resto dei tuoi parenti tutta la storia. Dopo aver mangiato però, tuo padre ti prende in disparte dicendoti di doverti parlare di una cosa importante.
    «I signori Milton, hai detto? Un anziano di nome Frank e sua moglie Hellen?»
    «Si papà, perché?» chiedi leggermente turbato.
    «Non saranno per caso questi signori Milton?» ti domanda estraendo una foto dal cassetto del suo comodino.
    La osservi attentamente, per poi concludere che sono proprio loro.
    «Si, sono loro. Come mai me lo chiedi?»
    «Vedi figliolo, i signori Milton sono venuti a mancare pochi anni fa. Il loro figlio venne investito da un ubriaco mentre cercava di aiutare dei feriti in un incidente d’auto. Io passai casualmente di lì, quella notte, e mi accostai per dare una mano anche io. Vidi in lontananza una macchina che procedeva zigzagando lungo l’autostrada, e capii subito che tutto ciò non poteva portare a nulla di buono. La macchina era diretta proprio verso di noi, se non fosse stato per me Gregory sarebbe morto sul colpo. Il poveretto non ce l’ha fatta comunque, ma almeno in ospedale ha potuto salutare per l’ultima volta i suoi genitori. Frank e Hellen mi ringraziarono per aver dato loro questa possibilità, e dissero che un giorno avrebbero ripagato il mio gesto aiutando me o qualcuno a me caro in qualsiasi modo. I due passarono tutta la vita insieme, si sposarono davvero molto giovani e si amarono fino al giorno della loro morte. Il caso vuole che i due cessarono di esistere nello stesso momento, quasi come se avessero deciso loro quando andarsene da questo mondo. Io credo che i signori Milton abbiano voluto ripagare il mio gesto aiutando te»
    Rimani esterrefatto per qualche minuto, incredulo delle parole di tuo padre.


    Passati mesi dal Natale, ormai, decidi di recarti incuriosito nel posto in cui era situata la casa dei Milton. Non appena arrivato noti che non c’è nessuna abitazione, niente di simile ad una qualsiasi struttura. Pensi tra te e te che magari hai sbagliato luogo, che forse l’aria primaverile ti ha intontito al punto da non riconoscere più l’esatta posizione della casa degli anziani coniugi. Ti avvicini al punto in cui c’era l’entrata dell’abitazione, sostituita adesso da un tronco d’albero tagliato, e noti che sopra di esso vi è poggiato un bigliettino. Leggi la scrittura, in un primo momento incomprensibile, ma man mano sempre più leggibile:


    Da un semplice gesto di premurosità può nascerne un altro di amore e gentilezza. Tuo padre con il suo aiuto ci ha permesso di salutare per l’ultima volta nostro figlio, noi abbiamo semplicemente voluto permetterti di passare una piacevole vigilia di Natale insieme alla tua famiglia. Aprite i vostri cuori, Mark, sempre. Siate generosi con le persone, siate gentili, e i vostri sforzi verranno un giorno ripagati con altrettanto amore.”

    Edited by Old Valley - 23/12/2015, 21:15
  7. .
    Signori e signore, ho il piacere di dirvi che ho creato un nuovo gruppo facebook per gli amanti della lettura, dove verranno pubblicati capitoli interi di libri o storie di qualsiasi altro genere, e perché no, anche racconti consigliati dagli utenti. Molti di voi mi conosceranno e quindi dovreste già aver letto di quest'informazione da un po' di tempo, ma magari mi sbaglio e nessuno se ne frega di me, però fatemi vivere un sogno bello, eh. Il gruppo ovviamente è privato, chiuso, così da poter postare qualsiasi cosa senza il rischio di ritrovarci strane robe nel deretano. Abbiate pazienza, l'ho creato oggi e siamo solo tre povere persone, quindi mancano ancora immagini di copertina e profilo perché non sono capace di modificarle perché boh, ma in fondo chi se ne frega, no? No? Ah... e niente, arriveranno, tranquilli. Potrà richiedere di essere accettata al gruppo qualsiasi persona che ha una passione per la lettura, ma anche chi se ne frega altamente come me e a cui piacciono solo pochi libri, e che magari nella loro vita hanno letto più informazioni dalla lista programmi di Sky che pagine di un romanzo, ma non è un problema. Sul gruppo, come detto, verranno pubblicati interi capitoli di libri, dopo essere stati scelti dagli amministratori o dopo essere stati consigliati dai membri del gruppo. Ovviamente pubblicheremo storie che potranno interessare la maggior parte di voi, perché non credo che se iniziassi a pubblicare le pagine del libro del Mondo di Patty piacerebbe a tutti, eh. E no, non lo leggo, oh. Comunque, potreste anche chiedervi "Eh, ma perché venire sul tuo gruppo quando c'è questo forum", o magari "Eh, ma il libro posso comprarlo". Vaffan**lo... <3
    Scherzi a parte (e non il programma), vi aspetto numerosi, ma anche non numerosi, ma magari anche nessuno. La pagina "Ti racconto una storia" sarà lieta di accettarvi. No, non vi preoccupate, in senso retorico, non vi amputeremo gli arti. :D
    www.facebook.com/groups/904246989611623/
  8. .
    Va benissimo, ma per il momento aspetterei ancora un po'. Preferirei creare il gruppo quando sono sicuro che ci sia un altro o almeno altri due partecipanti, così da organizzarci al meglio c:
  9. .
    Hahaha, grazie mille u.u
  10. .
    C'era una volta un falegname di nome Borathor, un uomo grande e grosso con una folta barba nera sul suo viso, ma dal generoso e dolce animo. Borathor aveva una famiglia di cui prendersi cura, composta da sua moglie e dalle sue piccole bambine e così decise di trasferirsi fuori le mura della città di Ghalel, dove la vita era molto meno cara. Il falegname decise di spostarsi nella vicina foresta Grigia che, a differenza di quanto si possa pensare dal nome era tutt'altro che cupa o piena di malvagità. Borathor costruì con le sue stesse mani una magnifica casa in cui vivere con i suoi cari, completa di capanno degli attrezzi posto sul retro dell'abitazione dove avrebbe potuto eseguire gli ordini che gli venivano richiesti da viandanti, o, quando si recava in città per cercare lavoro, dal popolo di Ghalel. Il giovane uomo amava il suo lavoro, e fortunatamente col tempo la sua situazione economica migliorò, fino all'inizio dell'inverno.

    Il rigido freddo della regione di Sovereign era famoso e temuto in tutto il reame Nordico del Regno di Mariethyl. Le carovane di mercanti erano molto meno frequenti per le vie della regione, le popolazioni si rinchiudevano in casa al caldo e passavano davvero poco tempo all'esterno, tra le strade delle città e, ovviamente, il lavoro del povero Borathor venne sempre meno. Un giorno il freddo era diventato insopportabile, un freddo pungente che penetrava dritto nelle ossa e gelava il sangue, e il giovane falegname fu costretto a sacrificare molti dei suoi lavori custoditi nel capanno e ad utilizzarli come legna da ardere per il camino. I giorni passavano, ma il freddo non cessava la sua avanzata, né tantomeno c'erano segni di innalzamento delle temperature. La povera famiglia era rimasta estraniata dagli eventi cittadini e non avrebbero avuto modo di entrare all'interno delle mura di Ghalel, la neve era troppo alta e il clima troppo rigido per permettere qualsiasi spostamento, e per di più, come se non bastasse, i cancelli della città erano rimasti bloccati dal ghiaccio che si era formato su di essi.

    Alla povera famiglia restava ben poco cibo per sopravvivere, al massimo avrebbero potuto tirare avanti per un altro giorno o due. D'improvviso, verso il tardo pomeriggio sentirono bussare alla loro porta: era un vecchio viandante dalla lunga chioma grigia, un grosso cappuccio a punta nascondeva il viso di un uomo vissuto, incorniciato a sua volta da una folta barba lunga. Lo straniero reggeva tra le mani un grande bastone di legno sulla quale estremità era incastonata una preziosa gemma di colore rosso fuoco. Il vecchio chiese umilmente aiuto alla famigliola, domandò se egli potesse riposare da loro per qualche giorno, in attesa del calare delle temperature. Il cuore tenero di Borathor parlò per sé, non fece nemmeno finire la frase al viandante che subito lo accolse a braccia aperte nella sua umile dimora, chiedendogli perdono per il poco cibo che aveva da offrirgli, cibo che da lì a poco sarebbe finito.

    Il vecchio, mosso dalla compassione, estrasse dalla sua sacca una pergamena, la srotolò e lesse una parola in una lingua a Borathor sconosciuta. Un enorme banchetto si materializzò sulla tavola della famiglia e, rimasti increduli da quella magia, si fecero raccontare dall'uomo chi fosse e cosa lo avesse portato in quella regione. Passate due ore a parlare della storia del vecchio e dopo essersi saziati, si recarono ognuno nelle proprie camere per riposare. Il mattino seguente Borathor ringraziò di cuore lo stregone, dicendogli che se non fosse stato per lui sarebbero rimasti senza cibo per chissà quanto tempo. Lo stregone, che non amava ricevere ringraziamenti o elogi, agitò la mano in aria esclamando "Off, haha, sciocchezze, mio caro, sciocchezze". La storia si ripeté per diversi giorni a seguire, e la moglie del falegname iniziò ad insospettirsi.

    Ella, dentro di sé, pensava che tutti questi favori nei loro confronti da parte del vecchio dovessero poi essere ripagati in futuro. Decise di esternare la sua preoccupazione col marito, ma ad egli non importò più di tanto. La sua famiglia a quell'ora chissà in che condizioni si sarebbe trovata senza l'aiuto ricevuto, e a lui non importava che il bene dei suoi cari. Una notte la moglie del falegname si svegliò di scatto dopo un brutto incubo: sudava, tremava, e l'ansia per quello che il vecchio avrebbe poi chiesto in cambio si faceva sempre più angosciante. Si diresse nel capanno degli attrezzi e prese l'ascia taglialegna del marito, intenta a porre fine alla vita dello stregone. Ritornata in casa, si diresse di soppiatto nella camera dell'ospite, aprendo piano la porta e facendo attenzione a non farla cigolare più del dovuto. Giunta ai piedi del letto, si posizionò di lato al corpo ignaro della vittima e con un secco colpo staccò la testa allo stregone. La testa di questi rotolò sul freddo pavimento di legno della stanza, risvegliandosi. Lo stregone vide il suo capo mozzato dal resto del corpo ed emanò un urlo immondo. Borathor e le due bambine si recarono nella stanza degli ospiti, ritrovandosi davanti una scena orribile: sua moglie aveva appena decapitato il loro ospite e una pozza di sangue aveva ricoperto letto e pavimento nella stanza.

    Poco prima di esalare l'ultimo respiro, lo stregone lanciò una maledizione contro la donna che l'avrebbe perseguitata per il resto della sua vita terrena e si sarebbe prolungata anche dopo la morte di ella. Pochi mesi dopo, la moglie di Borathor scomparve nel nulla ed il falegname, gli abitanti della città di Ghalel e di tutta la regione non furono mai in grado di trovarla. Si dice che molti l'abbiano vista, o almeno abbiano visto il suo spirito, vagare senza meta tra le vie della foresta Grigia piangendo e trasportando nelle sue mani un'ascia sporca di sangue.

    Edited by Old Valley - 4/10/2015, 20:41
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    Grazie :3
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    Eeh, commuoviamoci per i malati mentali D:
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    Ho già in mente un'idea, devo solo svilupparla per bene, devo cercare di trovare un modo per dare la giusta tensione che voglio trasmettervi. Spero che riesca a pubblicarla al più presto, ma non ti prometto niente :c
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    Sapete, spesso mi capita di pensare al fatto che tutto quello che ci circonda potrebbe benissimo non esistere. Si conoscono molti disturbi mentali, al giorno d'oggi, ma per me c'è ancora molto da esplorare sulla mente umana. Insomma, ci sono malattie come schizofrenia, Catoptrofobia, la sindrome di Capgras, la Psicopatia, la Prosopagnosia, Jumping Frenchmen of Maine, c'è la sindrome di Cotard, di de Clérambult, di Ekbom, chi più ne ha e più ne metta... Ma a parer mio, non credo che tutte le malattie mentali si riducano solo a quelle conosciute (prima che lo chiediate o che scriviate qualcosa, si, tutti i disturbi sopra citati li sono andati a cercare su google per inserire qualche nome in più e per mettere qualche disturbo meno conosciuto, ma ho avuto il buon senso di leggere cosa comportassero). Chi può dirlo, magari in futuro nascerà una persona che col passare del tempo svilupperà una nuova forma di disturbo mentale. Ci sono molte malattie "strane", se così possiamo definirle, per esempio la sindrome di Capgras ti induce a credere che una persona a te cara sia stata sostituita da un clone. E invece, chi può dire che non ci sia una malattia che ti fa credere di vivere in un mondo tutto tuo? Magari ci sarà anche, ma se proprio noi, in questo momento, fossimo frutto della nostra mente. Se ognuno di voi, ad esempio, esistesse solo perché io voglio credere che sia così, se quello che sto scrivendo qui non è reale ma è quello che io sto credendo di fare. E se in realtà fossi da tutt'altra parte? Se fossi in un ospedale psichiatrico, e invece credo di stare nella mia bella casa a scrivere questa teoria per condividerla con voi? In fondo, da quel che so, quando una persona è pazza, usando un termine un po' brusco, non sa di esserlo. Voi invece che ne pensate? Parlo in generale ovviamente, potete fare osservazioni, scrivere pareri e via dicendo. Siete liberi anche di pensare che sono un deficiente che è venuto a scrivere un mucchio di stupidaggini su un sito internet, la cosa mi andrebbe bene.
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    *Tic-tac... Tic-tac*
    Solo nella tua camera da letto, disteso con la testa sul cuscino, sguardo pensieroso rivolto al soffitto. Pensi alla tua vita, al fatto che sia monotona. Ogni giorno esci di casa, ti dirigi a scuola, torni, mangi, ti rilassi, studi, di nuovo a rilassarti, e poi a letto. Ogni singolo giorno della tua inutile, miserabile vita. Ma c'è qualcosa che ti infastidisce, qualcosa che ha spezzato il ritmo quotidiano della tua vita. Sei strano da un po' di tempo, sei diventato introverso, non parli più con nessuno, non vedi i tuoi amici da giorni ormai.

    *Tic-tac... Tic-tac*
    "Cosa ti succede? Che problema hai? Bulli? Compiti? Cosa, io non ti capisco più. Eri un ragazzo speciale, sempre sorridente, sprizzavi felicità da tutti i pori, e guardati adesso, conti le ore, i minuti, i secondi. Cosa è successo al mio piccolo ometto? Che ti hanno fatto?"

    *Tic-tac... Tic-tac*
    "C'è qualcosa che non mi convince in quello che mi hai detto la scorsa settimana. Non credo che fosse per amore, no, c'è qualcosa di più. Aiutami a capire, ti prego. Voglio aiutarti..."

    *Tic-tac... Tic-tac*
    "Sai, i tuoi amici non sono nemmeno venuti a cercarti. Come mai? Forse è per questo che stai così, è successo qualcosa? Scommetto che avete litigato. Cos'è successo di preciso? Non ne vuoi parlare, vero?
    Okay, ti preparo qualcosa da mangiare, torno subito."

    *Tic-tac... Tic-tac*
    Sei rimasto di nuovo da solo, come sempre. Ripensi a quello che hai fatto, ai tuoi amici, al perché non vengono a trovarti. Ripensi a quando il dottore disse che soffrivi di schizofrenia. Un accenno di sorriso solca il tuo volto. Sei felice per quello che hai fatto, vero? Pazzo, sei solo un pazzo.

    *Tic-tac... Tic-tac"
    Tua madre starà preparando qualcosa di speciale, ancora non è tornata. Perché sei ancora felice? Non ti senti in colpa per ciò che hai fatto? Non pensi a quelle povere famiglie che non potranno più rivedere i propri figli? Haha, come darti torto, sei malato, cosa potrebbe mai interessarti di tutto questo. Non ricordi nemmeno dove hai lasciato i corpi, vero? Non li hai degnati nemmeno di una sepoltura. Beh, prima o poi tutto verrà a galla. In fondo, io sono te, giusto? Un giorno spero che la smetterai di parlare con te stesso in questo modo. Ma per ora, aspetta il ritorno di tua madre. Ricordi dove hai nascosto il coltello, vero? Quella stupida troia non mi è mai piaciuta. Un ultima cosa, smettila di imitare un orologio, ti fa sembrare più strano di quanto già sia.

    Edited by Old Valley - 2/3/2019, 15:39
15 replies since 1/8/2015
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